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Intelligenza artificiale: nuove regole europee imposte al mercato

Posted by Massimo Miceli on
Intelligenza artificiale: nuove regole europee imposte al mercato

Con l’approvazione dell’IA Act, la normativa sull’Intelligenza artificiale, l’Europa è la prima a dettare una serie di obblighi a fornitori e sviluppatori di sistemi della nuova tecnologia in base ai diversi livelli di rischio identificati.

Tra i divieti delle pratiche di AI che comportano un rischio inaccettabile per i diritti fondamentali, sono inclusi i sistemi di categorizzazione biometrica che utilizzano caratteristiche sensibili, il riconoscimento delle emozioni sul posto di lavoro e nelle scuole, il social scoring, le tecniche manipolative, e le pratiche di polizia predittiva.
In alcune situazioni specifiche espressamente previste dalla legge le forze dell’ordine potranno fare ricorso ai sistemi di identificazione biometrica, altrimenti vietati. L’identificazione in tempo reale potrà essere usata solo se saranno rispettate garanzie rigorose.

Sostegno all’innovazione e sanzioni

La legge europea promuove regulatory sandboxes e real-world-testing, istituite dalle autorità nazionali per sviluppare e addestrare i sistemi di Intelligenza artificiale innovativa prima dell’immissione sul mercato.

A seconda della violazione e delle dimensioni dell’azienda, saranno comminate multe che possono andare da un minimo di 7,5 milioni di euro o l’1,5% del fatturato, fino a 35 milioni di euro, o il 7% del fatturato globale. 

L’impatto sul lavoro

Secondo i risultati della ricerca dell’Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano, in Italia il mercato dell’AI nel 2023 ha segnato +52% raggiungendo il valore di 760 milioni di euro. Da qui a 10 anni le nuove capacità delle macchine potrebbero svolgere il lavoro di 3,8 milioni di persone. E 6 grandi imprese italiane su 10 hanno già avviato qualche progetto di AI. 

“Nel valutare il reale impatto sul lavoro bisogna tenere in considerazione le previsioni demografiche – commenta Giovanni Miragliotta, Direttore dell’Osservatorio -. In questa prospettiva, la possibile automazione di 3,8 milioni di posti di lavoro equivalenti appare quasi una necessità per ribilanciare un enorme problema”.

Cosa ne sanno gli italiani?

Gran parte degli investimenti nel nostro Paese riguarda soluzioni di analisi e interpretazione testi per ricerca semantica, classificazione, sintesi e spiegazione di documenti o agenti conversazionali tradizionali, mentre sono ancora limitati al 5% i progetti di AI generativa.

Il 77% degli italiani (+4% sul 2022) guarda con timore all’AI, soprattutto in relazione ai possibili impatti sul mondo del lavoro. Tuttavia, solo il 17% è fermamente contrario al suo ingresso nelle attività professionali. Nel 2023 quasi tutti gli italiani (98%) hanno sentito parlare di AI, e più di uno su quattro (29%) ne ha una conoscenza medio-alta.
Inoltre, un italiano su quattro dichiara di aver interagito almeno una volta con il ChatGPT.

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Lavoro, record di nuovi occupati: +471 mila rispetto al periodo pre-Covid

Posted by Massimo Miceli on
Lavoro, record di nuovi occupati: +471 mila rispetto al periodo pre-Covid

Il mercato del lavoro italiano sta vivendo un periodo estremamente positivo, caratterizzato da record storici di occupazione, un aumento dei contratti a tempo indeterminato e un incremento significativo del personale altamente qualificato.

Nel 2023, il numero di occupati in Italia ha raggiunto un picco di 23,6 milioni di persone, con un aumento di 471 mila rispetto al periodo pre-Covid. Questo incremento, riferisce un’analisi della CGIA di Mestre, è stato particolarmente evidente nel Mezzogiorno, che ha registrato un aumento percentuale del +3,5%, con 213 mila nuovi occupati. Le previsioni indicano che il totale degli occupati è destinato a crescere ulteriormente, avvicinandosi ai 24 milioni entro il 2025.

L’84% dei lavoratori dipendenti ha un contratto a tempo indeterminato

L’84% dei lavoratori dipendenti ha un contratto a tempo indeterminato, evidenziando una maggiore stabilità nel mercato del lavoro. Rispetto al periodo pre-pandemico, il numero di lavoratori con contratto a tempo indeterminato è aumentato del 5%, con un incremento di 742 mila unità.

Cresce la domanda di personale qualificato

Inoltre, c’è stata una crescente domanda di personale altamente qualificato, con un aumento del 5,8% (+464 mila persone) nel 2023. Questo gruppo rappresenta il 96,5% dei nuovi posti di lavoro creati nell’ultimo anno, indicando una tendenza verso ruoli sempre più specializzati.

Le principali criticità

Nonostante questi risultati positivi, persistono alcune criticità nel mercato del lavoro italiano. Il tasso di occupazione rimane basso, con l’Italia fanalino di coda tra i paesi dell’Area dell’Euro. Inoltre, i lavoratori autonomi hanno registrato un calo rispetto al 2019, sebbene ci sia stato un lieve aumento nell’ultimo anno.

Anche i livelli retributivi rimangono inferiori rispetto ad altri paesi dell’Unione Europea, a causa di una bassa produttività del lavoro e di un tasso di NEET elevato. Tuttavia, ci sono segnali positivi di ripresa, soprattutto al Sud, dove alcune regioni hanno registrato significativi incrementi occupazionali.

Conclusioni

In generale, il mercato del lavoro italiano mostra segni di miglioramento, ma è necessario affrontare le sfide rimanenti per garantire una crescita sostenibile e inclusiva. Le buone notizie riguardano in particolare modo le regioni del Mezzogiorno, che hanno registrato incrementi occupazionali significativi, con la Puglia in testa con un aumento del 6,3% rispetto al 2019.

D’altro canto, alcune province della Sardegna, della Sicilia e delle Marche hanno registrato invece una contrazione occupazionale.

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Sostenibilità e cybersicurezza, le due facce della stessa medaglia

Posted by Massimo Miceli on
Sostenibilità e cybersicurezza, le due facce della stessa medaglia

La Fondazione per la Sostenibilità Digitale, insieme a Gyala, ha sviluppato una  ricerca dal titolo ‘Sostenibilità e Cyber Security’, che ha evidenziato le interconnessioni tra questi due temi cruciali.

In un’epoca in cui il digitale si intreccia con ogni aspetto della vita, diventa fondamentale comprendere come ogni azione online possa avere ripercussioni in un mondo offline i cui contorni sono sempre meno netti. “Questa realtà incrementa esponenzialmente quella che viene definita superficie d’attacco dei sistemi informatici, rendendo la cybersecurity una componente essenziale di ogni strategia di digitalizzazione – commenta Stefano Epifani, presidente della Fondazione per la Sostenibilità Digitale -. Allo stesso tempo, ci troviamo di fronte all’ineludibile necessità di agire, nella gestione di tali sistemi e grazie a tali sistemi, in modo sostenibile: una necessità che coinvolge ogni livello della società, dalle aziende ai governi fino ai singoli cittadini”.

In che modo si intrecciano due temi cruciali della modernità

La ricerca analizza come la sicurezza online possa convergere con gli obiettivi di sostenibilità, abbracciandone gli aspetti ambientali, economiche e sociali in due dimensioni. Da una parte, facendo della sicurezza informatica un elemento atto a garantire la sostenibilità, ad esempio, di infrastrutture critiche, reti di distribuzione, servizi al cittadino) dall’altra, guardando a essa come qualcosa da gestire secondo criteri di sostenibilità. Si pensi, ad esempio, alla potenziale invasività degli strumenti di monitoraggio dei comportamenti degli utenti, o alle modalità di conservazione dei dati sensibili.

Lo studio si basa sulle opinioni di oltre 100 professionisti del settore, da esperti in sicurezza informatica a docenti universitari, passando per ricercatori e responsabili dell’innovazione.

Gli ambiti di maggiore impatto

Sono tre gli ambiti di maggiore importanza, ognuno dei quali incide significativamente su più di metà degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile definiti da Agenda 2030.
Il primo riguarda l’’rmonizzazione tra la dimensione digitale dei sistemi (IT) e quella fisica, definita OT, da ‘operational technology’.

In altri termini, sempre più spesso sistemi informatici governano apparati fisici. È necessario quindi sviluppare processi di integrazione tra questi due mondi. Questa sinergia è considerata essenziale per la tutela dell’ambiente, la resilienza delle infrastrutture critiche e il loro valore economico, con un impatto notevole nel settore sanitario e in quello energetico. In particolare, per la gestione delle smart grid e delle fonti rinnovabili.

Anche proteggere i dati personali è un obbligo etico

Il secondo tema critico è la privacy. In un’ottica di sostenibilità, proteggere i dati personali diventa un obbligo etico, riferisce AGI, e una leva per promuovere pratiche rispettose dell’individuo.
La ricerca evidenzia una forte convergenza di opinioni sull’importanza di tutelare la privacy, soprattutto in specifici settori, come quello della sanità.

Si pone poi l’accento sulla Sovranità Digitale, ovvero come gli Stati gestiscono e regolano le tecnologie e i servizi digitali utilizzati a livello nazionale.
La cybersicurezza si configura come un elemento critico in questo contesto, sottolineando l’importanza di investire in soluzioni di cybersecurity libere da influenze esterne.

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Google: ok a eliminare tutti i dati personali raccolti nelle navigazioni “in Private”

Posted by Massimo Miceli on
Google: ok a eliminare tutti i dati personali raccolti nelle navigazioni “in Private”

Google ha accettato di distruggere o rendere anonimi miliardi di record di dati di navigazione web raccolti mentre gli utenti utilizzavano la navigazione in ‘Incognito’.
La decisione arriva in seguito a una proposta di accordo per una class action, presentata lunedì 1 aprile, che impone a Google anche di dettagliare il modo in cui raccoglie le informazioni con questa modalità di navigazione, oltre a limitare la raccolta di dati futura.

Se l’accordo verrà approvato da un giudice federale della California, potrebbe interessare 136 milioni di utenti. 
Valutato in 5 miliardi di dollari nell’archiviazione di lunedì, l’ammontare della proposta è stato calcolato determinando il valore dei dati che Google ha immagazzinato e sarà costretta a distruggere, oltre ai dati che le sarà impedito di raccogliere in futuro.

Qualsiasi dato che non venga cancellato dovrà essere reso anonimo

La causa del 2020, Brown contro Google, è stata avviata da titolari di account Google che accusavano l’azienda di tracciare illegalmente il loro comportamento attraverso la funzione di navigazione privata Incognito. 
Ora Google dovrà occuparsi dei dati raccolti in modalità di navigazione privata fino a dicembre 2023, e qualsiasi dato che non venga esplicitamente cancellato dovrà essere reso anonimo.

“Il presente accordo garantisce una reale responsabilità e trasparenza dal più grande collettore di dati al mondo – scrivono i querelanti – e segna un passo importante verso il miglioramento e il rispetto del nostro diritto alla privacy su Internet”.

“Una causa legale priva di fondamento”

José Castañeda, portavoce di Google, ha dichiarato che l’azienda è “lieta di risolvere questa causa legale, che abbiamo sempre ritenuto priva di fondamento”.
Sebbene i querelanti abbiano valutato la proposta di accordo in 5 miliardi di dollari, originariamente richiesti come danni, Castañeda ha affermato che “non riceveranno nulla”. L’accordo non prevede infatti danni per la classe, sebbene gli individui possano presentare richieste.

“Non associamo mai i dati agli utenti quando utilizzano la modalità Incognito –  ha aggiunto -. Siamo felici di cancellare vecchi dati tecnici che non sono mai stati associati a un individuo e che non sono mai stati utilizzati per alcuna forma di personalizzazione”.

Ma gli utenti possono ancora presentare richieste di risarcimento

Parte dell’accordo include modifiche al modo in cui Google divulga i limiti dei suoi servizi di navigazione privata, cambiamenti che l’azienda ha già iniziato a implementare su Chrome.

Google ha inoltre accettato per cinque anni, riporta Adnkronos, di permettere agli utenti di bloccare i cookie di terze parti per impostazione predefinita in modalità Incognito, impedendo così a Google di tracciare gli utenti su siti esterni mentre utilizzano la navigazione privata.
Gli utenti possono ancora presentare richieste di risarcimento danni presso il tribunale statale della California, secondo i termini dell’accordo. Finora, sono state presentate 50 richieste.

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Sostenibilità: l’ombra del greenwashing fa scappare gli investitori

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Sostenibilità: l’ombra del greenwashing fa scappare gli investitori

Secondo il rapporto Global Investor Survey stilato da PwC addirittura il 94% degli investitori non si fida dei Bilanci di sostenibilità. 
Nati negli ultimi ‘20 anni per far conoscere l’impegno delle aziende su temi quali ambiente, impegno sociale e governance aziendale, i bilanci di sostenibilità cadono sempre più sotto la scure del sospetto: quello di essere in realtà operazioni di greenwashing. Ovvero, che si tratti di un ecologismo di facciata ma che nasconda il reale impatto negativo delle proprie attività.

Il 76% degli investitori vorrebbe quindi una migliore rendicontazione dei costi reali sostenuti dalle aziende per rispettare gli impegni di sostenibilità, prima di valutare un investimento.

Fuga dagli investimenti sostenibili

Il sospetto di essere sostanzialmente in cattiva fede non nuoce solo alla reputazione dell’organizzazione, ma ha impatti diretti sul mondo finanziario. Non a caso, segnala il New York Times, in Usa il 2023 è stato l’anno peggiore per gli investimenti nei fondi sostenibili (-13 miliardi di dollari), e le chiusure (16) dei fondi EG sostenibili hanno superato le aperture (7). Stesso trend nel mercato europeo, secondo il report Esma Trv Risk Monitor pubblicato a gennaio. Un bel problema per le imprese, che vedono quello che dovrebbe essere uno strumento importante per comunicare i propri valori e iniziative trasformarsi in un boomerang.

In pratica, chi compra dall’azienda azioni, fondi o prodotti, parte dall’idea che non sia stata trasparente, abbia ingigantito il proprio impegno, o addirittura abbia mentito.

Non ha carattere finanziario

La redazione del Bilancio di sostenibilità è stata introdotta nel 2001 dall’Unione Europea su base volontaria. 
Anche se si chiama ‘bilancio’, quello di sostenibilità non ha carattere finanziario, ma contiene le attività, i risultati e i valori su cui l’impresa (o un ente) agisce e si riconosce e che hanno un impatto positivo in tre dimensioni: economica, ambientale e sociale (ESG).

Il tutto quasi sempre in un’ottica di medio e lungo periodo e in modo integrato, perché i tre fattori ESG, anche se rendicontati in modo separato, si intrecciano l’uno con l’altro.
L’obiettivo del report è proprio quello di comunicare dettagliatamente i propri valori e il proprio impegno nell’ampio ambito della CSR (Corporate Social Responsability) a tutti gli interessati, che possono andare dai fornitori agli azionisti, dai cittadini agli investitori, dai clienti ai media.

Cosa accade se i bilanci vengono giudicati falsi?

Succede che gli investitori fuggono dall’investimento e i consumatori non comprano i prodotti e i servizi dell’azienda. Entrambe, eventualità da scongiurare.
In aiuto degli imprenditori viene un decalogo stilato da ARB S.B.P.A., società benefit per azioni impegnata nella creazione di progetti ad alto valore scientifico, seguendo il quale si può minimizzare il rischio di essere accusati di greenwashing. Ovviamente, riporta Adnkronos, se alla base non si sta effettivamente facendo greenwashing.

E tenendo bene a mente le linee guida e gli standard di rendicontazione, soprattutto i più diffusi, quelli predisposti da Global Reporting Initiative (GRI).

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Mindset coaching: un mercato da 20 miliardi di dollari

Posted by Massimo Miceli on
Mindset coaching: un mercato da 20 miliardi di dollari

Non solo le aziende, ma anche le singole persone cercano il supporto di un life coach per migliorare la qualità della vita, sia in ambito personale sia professionale.
Una disciplina presente negli Stati Uniti già negli anni ’60, a partire dagli anni ’90 si è diffusa anche in Italia, e secondo PwC a fine 2022 il settore del coaching ha raggiunto nel mondo un valore di 20 miliardi di dollari.

Secondo il Global Coaching Study 2023 di ICF, International Coaching Federation, nel 2022 il numero dei coach ha superato in tutto il mondo quota 100mila, il 54% in più rispetto al 2019 (Europa occidentale +51%).
Ma quanto costa un life coach? In Europa la tariffa media per un’ora di coaching è 277 dollari, mentre il numero di coach attivi è 30.800.

Il ruolo del coach si evolve grazie a smartworking ed e-learning

Oggi i professionisti che eccellono sono capaci di destreggiarsi tra le piattaforme web e social, distinguendosi per competenza e versatilità.
L’era digitale richiede coach non solo costantemente aggiornati, ma anche specializzati in settori specifici, come miglioramento della vita personale, professionale, l’ottimizzazione delle dinamiche interne o focalizzati su target specifici, con un focus su aspetti diversi della crescita e del benessere.

In ambito aziendale, emerge sempre più l’importanza di migliorare lo spirito di gruppo e l’engagement. E l’uso di valutazioni psicometriche per rafforzare la comunicazione e la collaborazione all’interno dei team si sta dimostrando fondamentale.

Specializzazione e tecnologia i pilastri del coaching di successo 

Soprattutto nel settore sanitario si evidenzia un interesse crescente per i coach specializzati nella prevenzione o recupero da burnout di medici, infermieri e oss, utilizzando tecniche di mindfulness.

“In un’epoca digitale che continua a ridisegnare il panorama aziendale, la specializzazione e l’approfondimento tecnologico diventano i pilastri portanti del coaching di successo – commenta Alessandro Da Col, Mindset ed Executive Coach e co-fondatore, insieme ad Alessandro Pancia, dell’Accademia Crescita Personale Meritidiesserefelice -. Favorire una cultura aziendale che sa adattarsi e reagire è fondamentale in un mondo in rapido cambiamento. Il lavoro ormai si intreccia con l’identità personale, ma è cruciale mantenere un equilibrio: il coaching aiuta a differenziare e bilanciare gli aspetti lavorativi e personali, permettendo di realizzarsi pienamente”.

“Valorizzare il benessere integrale per costruire team coesi e produttivi” 

“Oltre al guadagno, le persone cercano di appartenere e fare la differenza nel loro ambiente di lavoro – aggiunge Alessandro Pancia -. Riconosciamo quindi la necessità per le aziende di evolversi, non solo con salari e benefit, ma sviluppando un ambiente che valorizzi ogni dipendente come parte di un obiettivo comune”.

In questo contesto, la coerenza aziendale, l’ascolto delle esigenze del personale e il rispetto diventano fondamentali per promuovere un’autentica comunità aziendale, riferisce Adnkronos.
“Il nostro obiettivo è potenziare l’empowerment – sottolinea Pancia -, consentendo ai dipendenti di esprimersi e crescere, e sentirsi parte di qualcosa che supera il mero aspetto economico”.

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Lavoro: a gennaio occupazione in calo, -34mila unità rispetto a dicembre 2023

Posted by Massimo Miceli on
Lavoro: a gennaio occupazione in calo, -34mila unità rispetto a dicembre 2023

Rispetto a dicembre 2023, a gennaio 2024 gli occupati e i disoccupati diminuiscono, ma aumentano gli inattivi. Secondo le rilevazioni diffuse dall’Istat, il tasso di occupazione scende al 61,8% (-0,1%).
In particolare, l’occupazione cala tra gli uomini, gli under 34, i dipendenti a termine, gli autonomi (pari a -34mila unità), mentre cresce tra le donne e chi ha almeno 50 anni.  

Ma confrontando il trimestre novembre 2023-gennaio 2024 con quello precedente (agosto-ottobre 2023), l’Istat registra un aumento del livello di occupazione pari allo 0,4%, per un totale di 90mila occupati.
La crescita dell’occupazione, osservata nel confronto trimestrale, si associa alla diminuzione delle persone in cerca di lavoro (-3,5%, pari a -67mila unità) e alla stabilità degli inattivi.

Ma in un anno +362mila occupati

A gennaio 2024 il numero di occupati supera quello di gennaio 2023 dell’1,6% (+362mila unità).
L’aumento coinvolge uomini, donne e tutte le classi d’età, a eccezione dei 35-49enni per effetto della dinamica demografica negativa. Il tasso di occupazione, che nel complesso è in aumento di 0,8%, sale anche in questa classe di età (+0,4%) perché la diminuzione del numero di occupati 35-49enni è meno marcata di quella della corrispondente popolazione complessiva.

Rispetto a gennaio 2023, calano sia il numero di persone in cerca di lavoro (-8,1%, -162mila unità) sia quello degli inattivi tra 15-64 anni (-1,3%, -157mila).

Il tasso di inattività sale al 33,3%

A gennaio 2024 la diminuzione del numero di persone in cerca di lavoro (-0,2%, -4mila unità) coinvolge gli uomini, i 15-24enni e i 35-49enni. Al contrario, la disoccupazione aumenta lievemente tra le donne e gli ultracinquantenni.

Il tasso di disoccupazione totale è stabile al 7,2%, quello giovanile sale al 21,8% (+0,2 punti).
La crescita del numero di inattivi (+0,5%, pari a +61mila unità, tra 15 e 64 anni) si osserva tra gli uomini e tra chi ha un’età compresa tra 15 e 49 anni. L’inattività diminuisce invece tra le donne e gli ultracinquantenni. Ma il tasso di inattività sale al 33,3% (+0,2 punti).

Inflazione: a febbraio si attesta +2,4%

L’Istat ha diffuso anche le stime preliminari sull’inflazione, da cui emerge che come nel mese precedente, anche a febbraio l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic), al lordo dei tabacchi, aumenta dello 0,1% su base mensile e dello 0,8% su base annua.

La stabilizzazione del ritmo di crescita dei prezzi al consumo si deve principalmente all’affievolirsi delle tensioni sui prezzi dei Beni alimentari, non lavorati e lavorati, i cui effetti compensano l’indebolimento delle spinte deflazionistiche provenienti dal settore dei beni energetici.
In particolare, riporta Adnkronos, si attenua la flessione su base tendenziale dei prezzi dei beni energetici, che a febbraio risale al -17,3% (gennaio -20,5%). Si riduce il tasso di crescita in ragione d’anno dei prezzi del ‘carrello della spesa’ (+3,7%), mentre l’inflazione di fondo si attesta al +2,4% (gennaio +2,7%).

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e-commerce e brand, come si informano gli italiani prima di acquistare online?

Posted by Massimo Miceli on
e-commerce e brand, come si informano gli italiani prima di acquistare online?

Negli ultimi anni, complice anche la pandemia, alcuni comportamenti d’acquisto non solo sono diventati “normali”, ma si sono proprio radicati fra le abitudini degli italiani. Il caso più eclatante è sicuramente lo shopping online: oggi la percentuale di italiani che effettua acquisti online ogni settimana si è stabilizzata al 47,1%, più o meno agli stessi valori dell’anno precedente. Lo rivela il report Digital 2024, pubblicato a febbraio da We Are Social in collaborazione con Meltwater.
In questo contesto, però, emergono nuove tendenze, come l’aumento degli acquisti di seconda mano e l’adozione dei servizi “buy now, pay later”. Cala invece lo shopping di beni alimentari e il ricorso ai servizi di comparazione prezzi.

Exploit per l’e-commerce legato alla moda

Nel settore dell’e-commerce, la moda registra un aumento del 25,7%, seguita dai beni di lusso con un +21,4%. Gli italiani aumentano gli acquisti online anche per oggetti di arredamento (+18%), prodotti per la casa (+16,3%) e elettronica (+11,4%).

I film e i servizi TV in streaming rimangono i contenuti digitali più acquistati, scelti dal 40,3% degli utenti internet tra i 16 e i 64 anni. La classifica vede la musica in streaming al secondo posto (17,3%) e le app mobile al terzo (9%). Tuttavia, gli e-book (8,5%) superano i mobile game (8,4%), forse grazie al successo di #booktok.

Brand e social, un rapporto sempre più stretto 

I motori di ricerca sono ancora oggi la fonte principale per scoprire nuovi brand, prodotti o servizi (40,8%). La pubblicità in TV è al secondo posto con il 36,6%, mentre i consigli di amici e familiari pesano per il 30,7%. Posizioni in avanti, nella classifica di autorevolezza, per la pubblicità sui social: passa infatti dalla settima alla quinta posizione (25,1%).

Come si fa la ricerca prima di acquistare?

Il 56,1% delle persone ricerca i brand online prima di acquistare, mentre il 55,8% ha visitato il sito di un marchio nell’ultimo mese, con un aumento del 2,4%. Cresce anche il numero di persone che clicca su contenuti social sponsorizzati (+6,8%, 14,1%), mentre diminuisce chi clicca su banner di siti web (-2,5%, 11,5%). I motori di ricerca mantengono la leadership anche per quanto riguarda la ricerca di informazioni sui brand (59,1%). Social network, siti di confronto prezzi e recensioni superano la soglia del 30%. 

La pubblicità digitale vale oltre 6 miliardi di dollari 

La spesa per la pubblicità digitale, inclusi search e social, cresce del 9,6%, superando i 6 miliardi di dollari. La spesa annuale per collaborazioni pubblicitarie con influencer raggiunge i 340 milioni di dollari, con un aumento del 13,3% rispetto all’anno precedente. Questa crescita porta la quota sulla spesa pubblicitaria digitale totale al 5,4%, con un aumento del 3,4% sull’anno precedente.

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Sicurezza informatica, perchè la formazione riveste un ruolo cruciale?  

Posted by Massimo Miceli on
Sicurezza informatica, perchè la formazione riveste un ruolo cruciale?  

L’errore umano è una delle principali cause di incidenti informatici. Questo dato allarmante emerge da un recente studio commissionato da Kaspersky, che ha rivelato quasi due terzi di tutti gli incidenti informatici verificatisi negli ultimi due anni sono dovuti a “sbagli” compiuti dagli addetti. La mancanza di competenze specifiche si configura come la radice del problema, con il 50% dei professionisti globali della cybersicurezza che ammette di aver commesso errori all’inizio della propria carriera a causa di lacune teoriche o pratiche. Tale percentuale aumenta al 60% per coloro con un’esperienza inferiore ai cinque anni.

Il rischio aumenta senza le necessarie competenze

Un ulteriore studio condotto da Kaspersky mette in luce che, negli ultimi due anni, le organizzazioni aziendali hanno subito almeno un incidente informatico a causa della carenza di personale qualificato in materia di cybersicurezza. Nonostante la ricerca di personale più preparato possa essere una soluzione, il settore si trova di fronte a una grave carenza di professionisti, con una domanda di circa 4 milioni di addetti.

I giovani devono affrontare nuove sfide

Il gap di competenze è ulteriormente aggravato dal fatto che i neoassunti spesso hanno profonde lacune in materia di cybersicurezza. La scarsa preparazione causa non solo difficoltà iniziali, ma anche errori nello svolgimento del lavoro. Il settore deve quindi affrontare sfide significative: così si spiega anche il fatto per cui quasi la metà dei professionisti InfoSec impiega più di un anno per sentirsi a proprio agio nel proprio ruolo.

Misure preventive e reattive

Per affrontare il gap di conoscenze, Kaspersky raccomanda misure preventive e reattive. A livello didattico, i programmi di formazione dovrebbero essere più flessibili e aggiornati, nonché sviluppati in collaborazione con esperti del settore. Chiunque aspiri a entrare nel mondo della cybersicurezza può acquisire esperienza attraverso stage in dipartimenti di sicurezza informatica o ricerca e sviluppo.

Le aziende, d’altra parte, possono investire in programmi di aggiornamento del personale per rimanere competitivi in un contesto in continua evoluzione.

Un mondo in continuo cambiamento

In conclusione, il report di Kaspersky evidenzia l’importanza di un approccio completo all’onboarding e alla formazione continua degli esperti di cybersicurezza. Solo così è possibile garantire la sicurezza informatica in un mondo digitale in rapida evoluzione.

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Europa: quali sono i paesi con il miglior indice di vivibilità?  

Posted by Massimo Miceli on
Europa: quali sono i paesi con il miglior indice di vivibilità?  

Non è certo un segreto che in Europa il costo della vita sia alto. Ci sono però differenze significative fra i vari Paesi del Vecchio Continente e no, l’Italia non si posiziona bene. Lo rivela un recente studio condotto dalla banca online N26, che con il suo Indice di Vivibilità ha esaminato attentamente i dati relativi alle spese di affitto ed elettricità delle nazioni europee. L’obiettivo dello studio è individuare i Paesi che offrono una migliore qualità della vita, considerando non solo gli aumenti salariali ma anche la densità di popolazione e il livello generale di felicità dei residenti.

Nonostante il leggero calo dell’inflazione e dei costi energetici rispetto ai massimi storici degli ultimi anni, il caro affitti e il prezzo dell’energia elettrica persistono come motivo di preoccupazione in Italia e nel resto d’Europa.

Italia: in fondo alla classifica per qualità della vita

Secondo i dati dell’analisi, l’Italia si posiziona al penultimo posto, preceduta solamente dal Regno Unito. La situazione dei costi elevati di affitti ed energia elettrica ha un impatto significativo sugli stipendi mensili degli italiani, già tra i più bassi in Europa. Con oltre il 52% dello stipendio destinato all’affitto, la percentuale più elevata tra i Paesi considerati, l’Italia si trova di fronte a sfide notevoli per quanto riguarda una vivibilità sostenibile.

Le eccellenze europee: Danimarca, Svizzera e Belgio

Al contrario, la Danimarca si posiziona al vertice della classifica, ed è quindi considerata il miglior Paese in Europa in cui vivere. Seguono Svizzera e Belgio al secondo e terzo posto, con percentuali di salario destinate agli affitti rispettivamente del 21% e del 18%. Questi Paesi offrono una situazione più favorevole in termini di equilibrio tra reddito e costi abitativi, garantendo una migliore qualità della vita.

Male anche i Paesi Bassi

I Paesi Bassi si trovano al terzultimo posto nella classifica, con una percentuale di salario destinata all’affitto che si aggira attorno al 37%. Pur non essendo agli estremi della classifica, la situazione olandese indica comunque una sfida significativa per i residenti in termini di accessibilità economica alla casa.

Le sfide future

In conclusione, nonostante il calo dell’inflazione e dei costi energetici, il caro affitti e il costo dell’energia elettrica rappresentano una problematica urgente in molti Paesi europei. Affrontare queste sfide potrebbe richiedere strategie di politica economica mirate e un focus sul miglioramento delle condizioni abitative, al fine di garantire ai cittadini una migliore qualità della vita.