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Sostenibilità: l’ombra del greenwashing fa scappare gli investitori

Posted by Massimo Miceli on
Sostenibilità: l’ombra del greenwashing fa scappare gli investitori

Secondo il rapporto Global Investor Survey stilato da PwC addirittura il 94% degli investitori non si fida dei Bilanci di sostenibilità. 
Nati negli ultimi ‘20 anni per far conoscere l’impegno delle aziende su temi quali ambiente, impegno sociale e governance aziendale, i bilanci di sostenibilità cadono sempre più sotto la scure del sospetto: quello di essere in realtà operazioni di greenwashing. Ovvero, che si tratti di un ecologismo di facciata ma che nasconda il reale impatto negativo delle proprie attività.

Il 76% degli investitori vorrebbe quindi una migliore rendicontazione dei costi reali sostenuti dalle aziende per rispettare gli impegni di sostenibilità, prima di valutare un investimento.

Fuga dagli investimenti sostenibili

Il sospetto di essere sostanzialmente in cattiva fede non nuoce solo alla reputazione dell’organizzazione, ma ha impatti diretti sul mondo finanziario. Non a caso, segnala il New York Times, in Usa il 2023 è stato l’anno peggiore per gli investimenti nei fondi sostenibili (-13 miliardi di dollari), e le chiusure (16) dei fondi EG sostenibili hanno superato le aperture (7). Stesso trend nel mercato europeo, secondo il report Esma Trv Risk Monitor pubblicato a gennaio. Un bel problema per le imprese, che vedono quello che dovrebbe essere uno strumento importante per comunicare i propri valori e iniziative trasformarsi in un boomerang.

In pratica, chi compra dall’azienda azioni, fondi o prodotti, parte dall’idea che non sia stata trasparente, abbia ingigantito il proprio impegno, o addirittura abbia mentito.

Non ha carattere finanziario

La redazione del Bilancio di sostenibilità è stata introdotta nel 2001 dall’Unione Europea su base volontaria. 
Anche se si chiama ‘bilancio’, quello di sostenibilità non ha carattere finanziario, ma contiene le attività, i risultati e i valori su cui l’impresa (o un ente) agisce e si riconosce e che hanno un impatto positivo in tre dimensioni: economica, ambientale e sociale (ESG).

Il tutto quasi sempre in un’ottica di medio e lungo periodo e in modo integrato, perché i tre fattori ESG, anche se rendicontati in modo separato, si intrecciano l’uno con l’altro.
L’obiettivo del report è proprio quello di comunicare dettagliatamente i propri valori e il proprio impegno nell’ampio ambito della CSR (Corporate Social Responsability) a tutti gli interessati, che possono andare dai fornitori agli azionisti, dai cittadini agli investitori, dai clienti ai media.

Cosa accade se i bilanci vengono giudicati falsi?

Succede che gli investitori fuggono dall’investimento e i consumatori non comprano i prodotti e i servizi dell’azienda. Entrambe, eventualità da scongiurare.
In aiuto degli imprenditori viene un decalogo stilato da ARB S.B.P.A., società benefit per azioni impegnata nella creazione di progetti ad alto valore scientifico, seguendo il quale si può minimizzare il rischio di essere accusati di greenwashing. Ovviamente, riporta Adnkronos, se alla base non si sta effettivamente facendo greenwashing.

E tenendo bene a mente le linee guida e gli standard di rendicontazione, soprattutto i più diffusi, quelli predisposti da Global Reporting Initiative (GRI).

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Sicurezza informatica, perchè la formazione riveste un ruolo cruciale?  

Posted by Massimo Miceli on
Sicurezza informatica, perchè la formazione riveste un ruolo cruciale?  

L’errore umano è una delle principali cause di incidenti informatici. Questo dato allarmante emerge da un recente studio commissionato da Kaspersky, che ha rivelato quasi due terzi di tutti gli incidenti informatici verificatisi negli ultimi due anni sono dovuti a “sbagli” compiuti dagli addetti. La mancanza di competenze specifiche si configura come la radice del problema, con il 50% dei professionisti globali della cybersicurezza che ammette di aver commesso errori all’inizio della propria carriera a causa di lacune teoriche o pratiche. Tale percentuale aumenta al 60% per coloro con un’esperienza inferiore ai cinque anni.

Il rischio aumenta senza le necessarie competenze

Un ulteriore studio condotto da Kaspersky mette in luce che, negli ultimi due anni, le organizzazioni aziendali hanno subito almeno un incidente informatico a causa della carenza di personale qualificato in materia di cybersicurezza. Nonostante la ricerca di personale più preparato possa essere una soluzione, il settore si trova di fronte a una grave carenza di professionisti, con una domanda di circa 4 milioni di addetti.

I giovani devono affrontare nuove sfide

Il gap di competenze è ulteriormente aggravato dal fatto che i neoassunti spesso hanno profonde lacune in materia di cybersicurezza. La scarsa preparazione causa non solo difficoltà iniziali, ma anche errori nello svolgimento del lavoro. Il settore deve quindi affrontare sfide significative: così si spiega anche il fatto per cui quasi la metà dei professionisti InfoSec impiega più di un anno per sentirsi a proprio agio nel proprio ruolo.

Misure preventive e reattive

Per affrontare il gap di conoscenze, Kaspersky raccomanda misure preventive e reattive. A livello didattico, i programmi di formazione dovrebbero essere più flessibili e aggiornati, nonché sviluppati in collaborazione con esperti del settore. Chiunque aspiri a entrare nel mondo della cybersicurezza può acquisire esperienza attraverso stage in dipartimenti di sicurezza informatica o ricerca e sviluppo.

Le aziende, d’altra parte, possono investire in programmi di aggiornamento del personale per rimanere competitivi in un contesto in continua evoluzione.

Un mondo in continuo cambiamento

In conclusione, il report di Kaspersky evidenzia l’importanza di un approccio completo all’onboarding e alla formazione continua degli esperti di cybersicurezza. Solo così è possibile garantire la sicurezza informatica in un mondo digitale in rapida evoluzione.

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Opinioni distorte: qual è il divario fra realtà e percezione?

Posted by Massimo Miceli on
Opinioni distorte: qual è il divario fra realtà e percezione?

Come interpretiamo i fenomeni del mondo? Siamo sufficientemente informati per farlo? Forse no. A dirlo è una recente indagine Ipsos condotta in 10 grandi Paesi, tra cui l’Italia, che mette in luce un ampio divario tra la percezione delle persone e la realtà oggettiva su questioni sociali ed economiche.

Ad esempio in tutti i Paesi, incluso il nostro, solo poche persone sanno esattamente quale sia il numero di immigrati. La maggior parte, invece, segnala una sovrastima significativa della quota di immigrati presenti nella società. Il divario medio tra percezione e realtà? 24% contro il 12%.

Cultura, religione, omicidi: differenze fra ciò che si crede e ciò che è

Le percezioni errate aumentano sensibilmente se si considera il numero di persone di un’altra religione che vivono nello stesso paese degli intervistati. In Italia, ad esempio, il 19% dei rispondenti al sondaggio stima che la popolazione musulmana sia del 19%, mentre la realtà è solo il 4,8%. Analogamente, in Turchia, si evidenzia una percezione distorta sulla presenza di cristiani.

Lo stesso principio vale anche per la criminalità. La maggioranza crede che il tasso di omicidi sia aumentato dal 2000, nonostante la realtà mostri una diminuzione generale, esclusi gli Stati Uniti. In Italia, il 55% ritiene che gli omicidi siano cresciuti nell’ultimo ventennio.

Sovrastima dell’ineguaglianza economica

La disuguaglianza economica è reale, ma sovrastimata. La quota di ricchezza detenuta dall’1% delle famiglie più abbienti è stimata al 36%, mentre i dati reali la collocano al 13%. Anche in Italia, si evidenzia una percezione distorta (36% vs. 14%).

Diffidenza verso gli scienziati e teoria del complotto

Le credenze irrazionali coinvolgono oltre un quarto del campione in media. In Italia, il 24% crede nei fantasmi, il 17% nella stregoneria e il 16% nella chiaroveggenza, livelli più bassi rispetto alla media dei dieci Paesi. Quasi la metà delle persone è sospettosa nei confronti degli scienziati. Nel contesto delle teorie del complotto mondiali, il 24% degli italiani crede in un progetto organizzato per sostituire la popolazione con immigrati. Il 27% ritiene che il governo ucraino sia infiltrato da gruppi neonazisti, e una quota minore (20%) pensa che le missioni spaziali sulla Luna siano una messinscena.

In conclusione, l’indagine Ipsos mette in evidenza come la percezione distorta possa influenzare le opinioni e le convinzioni delle persone su questioni cruciali, sottolineando la necessità di una maggiore consapevolezza e informazione basata sui dati reali.

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La democrazia nel mondo tra segnali preoccupanti e fiducia nei principi

Posted by Massimo Miceli on
La democrazia nel mondo tra segnali preoccupanti e fiducia nei principi

Un’indagine condotta da Ipsos in sette Paesi, Croazia, Francia, Italia, Polonia, Regno Unito, Stati Uniti e Svezia, mostra come solo una minoranza dei cittadini sia soddisfatta per il modo in cui la democrazia funziona nel loro Paese. A eccezione della Svezia (58% di soddisfatti), in tutti i Paesi la quota di soddisfatti oscilla tra il 19% (Croazia) e il 34% (Polonia).
L’Italia registra un 24% di soddisfatti a fronte di un 51% di insoddisfatti.

Ancor più preoccupante è il dato sulla tendenza percepita dai cittadini. Solo una minoranza, dal 5% dei francesi al 23% dei polacchi, considera il funzionamento della democrazia migliorato negli ultimi cinque anni, mentre il peggioramento è percepito dal 61% dei britannici, il 70% degli americani e addirittura il 73% dei francesi.
Insomma, l’indagine evidenzia segnali preoccupanti sui livelli di soddisfazione, ma resiste un forte attaccamento ai principi fondamentali dei sistemi democratici.

Come avvolti in un clima di profonda disillusione

Il cattivo stato di salute delle democrazie occidentali è certificato da molti altri elementi su cui l’indagine Ipsos ha sondato l’opinione dei cittadini: la percezione della propria capacità di influenzare i processi decisionali, la rappresentatività delle istituzioni, la capacità del governo di raggiungere risultati nell’interesse di tutti.

Siamo come avvolti in un clima di profonda disillusione e sfiducia. Per quasi 3 italiani su 4 il sistema economico funziona a beneficio dei ricchi e i potenti, e per il 54% la politica non fa che rafforzare quest’ingiustizia, mettendo gli interessi di chi è già avvantaggiato sopra quelli della gente comune.

Un quadro tetro da cui emergono segnali di speranza

I principi democratici di fondo però ‘resistono’. In tutti i Paesi prevale l’idea che l’essenza della politica, e il compito dei leader politici, sia la ricerca del compromesso piuttosto che l’imposizione di una visione di parte.

Viene quindi chiaramente bocciata l’opzione ‘leaderistica’. Non è nel rafforzamento del potere dei capi di stato o governo la chiave per risolvere i problemi.
Nonostante la tendenza, registrata un po’ ovunque, a una crescita dell’astensionismo, la maggioranza degli intervistati in tutti i Paesi continua a essere convinta che andare a votare sia ancora utile.

La ‘tenuta’ democratica a livello locale

In quasi tutti i Paesi prevale la quota di cittadini soddisfatti per il funzionamento della democrazia quando si parla di comuni, città o comunità locali.
In Italia si raggiunge un sostanziale pareggio: 37% di soddisfatti contro 38% di insoddisfatti.
È quindi forse proprio dall’idea di una ‘democrazia di prossimità’ e inclusiva che occorre ripartire.
Un cambiamento radicale è necessario per migliorare il funzionamento dei sistemi politici, ma la richiesta non è di un maggior decisionismo verticale.

Secondo i cittadini, partecipazione, ascolto, coinvolgimento e rappresentanza sono i grandi assenti nel gioco democratico odierno.
Sono questi gli elementi da recuperare per rinsaldare i due pilastri fondamentali dei sistemi democratici, rappresentatività e capacità di produrre decisioni nell’interesse collettivo.

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Italia, quanto crescono gli investimenti digitali?

Posted by Massimo Miceli on
Italia, quanto crescono gli investimenti digitali?

Nonostante uno scenario geopolitico non esattamente semplice, in Italia si registra una costante crescita degli investimenti digitali. Tanto che le stime parlano di un aumento dell’1,9% nei budget ICT delle aziende entro il 2024. Tale tendenza, ormai costante negli ultimi 8 anni, supera le previsioni di crescita del PIL nazionale. 

Sicurezza informatica, Business Intelligence e Big Data Management  i settori sui quali si investe di più

Le grandi imprese concentrano la loro spesa principalmente su sistemi di sicurezza informatica (57%), soluzioni di Business Intelligence e visualizzazione dati (45%), e Big Data Management e architettura dati (37%). Sorprendentemente, al quarto posto (31%) emergono gli investimenti in Artificial Intelligence, Cognitive Computing e Machine Learning, in netta crescita rispetto all’anno precedente. 

Secondo i manager intervistati, l’innovazione digitale ha contribuito a una crescita dell’organico grazie a maggiore attrattività e sviluppo (24% delle imprese), piuttosto che a una riduzione del personale per efficienza dei processi e automazione (14%). Tuttavia, il principale impatto risulta essere la crescita della qualificazione professionale, segnalata dal 50% delle aziende.

L’Open Innovation è un catalizzatore di trasformazione

In un mondo in continua evoluzione, l’Open Innovation si rivela un catalizzatore di trasformazione. Nel 2023, l’86% delle grandi aziende italiane adotta pratiche di innovazione aperta, mentre nelle PMI la percentuale si ferma a poco meno della metà, registrando una crescita più lenta.
I risultati provengono dalla ricerca condotta dagli Osservatori Startup Thinking e Digital Transformation Academy della School of Management del Politecnico di Milano, presentata nel convegno “Digital & Open Innovation 2024: nuove sfide per imprese e startup”.

I nuovi modelli organizzativi

Nel contesto italiano, emergono nuovi modelli organizzativi e ruoli con responsabilità diffuse sull’innovazione. Il 41% delle grandi aziende ha istituito una Direzione Innovazione, mentre il 51% ha definito figure di Innovation Champion.
Il 74% adotta azioni di Corporate Entrepreneurship per stimolare approcci imprenditoriali, con un focus sulla formazione digitale e imprenditoriale (55%) e stili di leadership orientati al change management (52%).

Le sfide per la trasformazione digitale includono la mancanza di competenze digitali (47% delle grandi imprese), la reticenza nell’adozione di soluzioni digitali (44%), e la difficoltà nell’attrarre professionisti con competenze STEM e digitali (34%). Nonostante una riduzione del 10% dell’organico negli ultimi 3 anni, si è verificata una crescita del 19% grazie alle soluzioni di Innovazione Digitale.
Riguardo all’Open Innovation, nel 2023, l’86% delle grandi aziende italiane adotta iniziative in questo ambito, con una crescita anche nelle PMI. L’approccio “Inbound” prevale, basato sull’assorbire opportunità esterne, mentre il 32% delle aziende con un budget dedicato lo ha autonomo e specifico.

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Furto in casa: per il 52,8% degli italiani è la preoccupazione principale

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Furto in casa: per il 52,8% degli italiani è la preoccupazione principale

Qual è il timore più diffuso tra gli italiani nel 2023? Il furto in casa. Il 52,8% della popolazione, infatti, identifica questa minaccia come la più temibile. Tale preoccupazione raggiunge il 58,6% tra coloro che risiedono in abitazioni singole o ville, e il 57,6% tra gli anziani. I dati emergono dal 2° Rapporto dell’Osservatorio sulla Sicurezza della Casa di Verisure Italia, intitolato “La casa che vorrei. Spazio sicuro e che rassicura,” realizzato in collaborazione con il Censis e il contributo del Servizio Analisi Criminale del Ministero degli Interni.

Reati in aumento nelle aree metropolitane

Nel 2022, si è registrato un aumento del 7,2% nei furti e rapine in abitazione, totalizzando 135.447 casi. Nonostante questa crescita, si è ancora lontani dai numeri pre-Covid e da quelli dell’inizio del decennio. Nel periodo 2013-2022, si è osservata una diminuzione del 46,9% di furti e rapine in casa.
Però va sottolineato che la situazione varia nelle diverse aree geografiche, con una concentrazione maggiore nelle grandi città metropolitane. Roma, Milano e Torino guidano le statistiche. In queste località si concentrano il 20% di tutti i furti in abitazione in Italia nel 2022.

Indice regionale della sicurezza domestica: Lazio fanalino di coda

Il Censis ha elaborato il primo Indice della Sicurezza Domestica a livello regionale per Verisure Italia, posizionando le Marche al primo posto con un indice di 117,3 su 100. Il Friuli-Venezia Giulia e il Trentino-Alto Adige seguono con valori rispettivamente di 111,9 e 111,7.
Al contrario, il Lazio si colloca all’ultimo posto con un indice di sicurezza domestica di 73,8, seguito da Campania (82,4) e Puglia (89,8). La Lombardia si posiziona diciassettesima con 93,3 punti.

Investimenti in sicurezza

In questo contesto, non sorprende che sia diffusa la consapevolezza dell’utilità dei sistemi di sicurezza. Il 76,1% degli italiani è convinto che tali dispositivi scoraggino i ladri. Il 75,4% ritiene che possedere sistemi di sicurezza renda la vita più tranquilla e quindi migliore. La metà della popolazione (50,6%) è propensa a investire di più nei prossimi anni per garantire la sicurezza domestica.
La capacità di rilevare tentativi di furto prima che avvengano è il requisito più importante per il 94,4% degli italiani. Il fatto di poter disporre di sistemi facili da usare è cruciale per il 36,3% del campione. Inoltre, il 23,7% degli intervistati ritiene essenziale l’assistenza gratuita nelle varie fasi di vita del prodotto.

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Gli italiani e il risparmio energetico: cambiano abitudini e stili di vita

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Gli italiani e il risparmio energetico: cambiano abitudini e stili di vita

Secondo lo studio ‘Italiani, risparmio e buone pratiche’, promosso da Samsung e realizzato in collaborazione con Human Highway, il 69,5% degli italiani è estremamente attento a limitare i consumi, ed è disposto a modificare il proprio stile di vita.
Insomma, negli ultimi due anni gli italiani pongono sempre più attenzione agli sprechi, introducendo nuove routine e abitudini di consumo quotidiane. Tra le attitudini maggiormente modificate, il consumo di energia elettrica in casa (55,6%), lo spreco di cibo (52,2%), e il consumo di acqua (51,8%).
Cambiamenti che interessano tutte le fasce di età, ma che vedono i GenZ più sensibili allo spreco alimentare (62,8% vs 45,8% Senior), gli Adulti al consumo di gas (53,4%), e i Millennials all’uso dell’aria condizionata (45,9%).
Le motivazioni principali alla base del cambio di atteggiamento? Maggiore attenzione generale allo spreco (57,2%) e i rincari degli ultimi anni (55,3%).

Le condizioni economiche pesano più della preoccupazione per l’ambiente

La preoccupazione legata alle condizioni economiche pesa sempre più sullo stile di vita degli italiani, tanto da superare l’attenzione all’ambiente (42%). In questo senso, svolge un ruolo determinante anche il cambiamento climatico, che per il 23% rappresenta il fattore principale dietro alle nuove abitudini di consumo.
E se le donne (59,5%) più degli uomini (54,7%) dichiarano di aver modificato il proprio atteggiamento per una maggiore attenzione a spreco e rincari, dal punto di vista generazionale sono Adulti e Senior ad aver modificato i propri comportamenti più di GenZ e Millennials.

Le azioni antispreco quotidiane 

Se 2 intervistati su 3 dichiarano di riciclare il più possibile 1 su 3 preferisce l’utilizzo della bicicletta o una camminata rispetto all’auto, e il 7% non utilizza l’auto se da solo.
In casa, poi, 7 su 10 dichiarano di spegnere le luci (73,5%) e 1 su 2 utilizza gli elettrodomestici come lavatrice, asciugatrice e lavastoviglie solo negli orari in cui consumano meno (51,3%).
Anche in questo caso le donne si confermano più attente a spegnere le luci in casa (78,7% vs 68%) e utilizzare gli elettrodomestici negli orari in cui consumano meno (55,9% vs 46,4%), mentre dal punto di vista generazionale Adulti e Senior sono i più attivi.

Smart home e smartphone aiutano a ridurre e controllare i consumi

In un’epoca dove la tecnologia può essere di aiuto i sistemi di smart home offrono una soluzione per avere maggiore controllo sui consumi.
Il 22,7% vorrebbe fare affidamento a un’app unica che aiuti a tracciare accensione e spegnimento di elettrodomestici e luci.
Un ottimo modo di risparmiare però è conoscere i consumi di ogni singolo elettrodomestico, e lo smartphone è considerato il dispositivo di maggiore aiuto nel risparmio energetico (30,9%).
Ma è il momento dell’acquisto di un elettrodomestico una delle fasi per le quali ci si prepara al meglio, e tra le caratteristiche considerate importanti al primo posto c’è l’affidabilità (87,9%), seguita da classe energetica (87,3%), prezzo (85,1%), funzioni eco e risparmio (79,3%).

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Settembre, le aziende cercano 531.000 lavoratori: ma la metà non si trova

Posted by Massimo Miceli on
Settembre, le aziende cercano 531.000 lavoratori: ma la metà non si trova

Nel mese di settembre, le imprese italiane sono alla ricerca di 531.000 lavoratori, che verranno assunti con contratti a tempo determinato superiori a un mese o a tempo indeterminato. Questo numero rappresenta un aumento di 7.000 unità (+1,3%) rispetto a quanto previsto un anno fa. Per l’intero trimestre che va da settembre a novembre 2023, le assunzioni programmate superano di poco 1,4 milioni, registrando un aumento dell’1,9% rispetto allo stesso periodo del 2022.

Il 48% delle assunzioni programmate è “difficile”

Le imprese stanno affrontando crescenti difficoltà nel trovare candidati adatti per queste posizioni, con il 48% delle assunzioni programmate che riscontrano problemi di reperimento. Questo dato è aumentato di 5 punti percentuali rispetto a dodici mesi fa, con percentuali ancora più elevate (tra il 60% e il 70%) per molte figure professionali, in particolare quelle tecniche e ingegneristiche, così come per gli operai specializzati. I dati emergono dal Bollettino del Sistema Informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere in collaborazione con Anpal.

Aumentano gli ingressi nelle imprese

Le grandi imprese (con oltre 250 dipendenti) e le piccole imprese (con 10-49 dipendenti) coprono completamente l’aumento complessivo delle assunzioni rispetto al 2022, rispettivamente con un aumento di +4,4 mila e +4,3 mila assunzioni nel mese e +11 mila e +12 mila nel trimestre. D’altra parte, le imprese di dimensioni più piccole (1-9 dipendenti) prevedono una diminuzione delle assunzioni a settembre (-3 mila).

Le ricerche nei vari settori merceologici

Nel settore manifatturiero, sono previste 99.000 assunzioni a settembre 2023, un dato simile all’anno precedente, e 275.000 assunzioni nel trimestre (-0,2%). In particolare, la meccatronica e la metallurgia hanno previsto rispettivamente 25.000 e 20.000 contratti a settembre e 69.500 e 55.000 nel trimestre. Le industrie alimentari e del settore moda seguono con previsioni di rispettivamente 13.000 e quasi 40.000 assunzioni.
Nel settore delle costruzioni, sono programmate 60.500 assunzioni a settembre 2023 e 196.000 nel periodo settembre-novembre, con un aumento di 3.500 nel mese e 15.000 nel trimestre. Per le imprese dei servizi, sono previsti 371.000 contratti di lavoro a settembre (+1,0% rispetto all’anno precedente) e quasi 989.000 nel trimestre (+1,3% rispetto allo stesso periodo del 2022). Le previsioni sono particolarmente positive per i servizi alle persone e il settore dei trasporti e della logistica. Tuttavia, le imprese commerciali e quelle del turismo hanno previsto meno assunzioni rispetto all’anno precedente.

I contratti a tempo determinato sono oltre il 50% 

I contratti a tempo determinato rappresentano la forma contrattuale più comune, con 284.000 unità, pari al 53,4% del totale. Seguono i contratti a tempo indeterminato, i contratti di somministrazione, gli altri contratti non alle dipendenze, i contratti di apprendistato, gli altri contratti alle dipendenze e i contratti di collaborazione.
Le imprese segnalano difficoltà di reperimento per oltre 252.000 assunzioni a settembre (il 48% del totale), con la mancanza di candidati come causa principale (31,7%), seguita dalla preparazione inadeguata (12%). Le figure professionali con il mismatch più elevato includono operai specializzati, conduttori di impianti fissi e mobili, e professioni tecniche.

Cresce la quota di manodopera straniera 

L’uso della manodopera straniera è in aumento, passando da 95.000 ingressi dell’anno precedente (18,2% del totale delle assunzioni) a 108.000 ingressi attuali (20,4% del totale delle assunzioni), con un aumento di 13.000 contratti (+13,6%). I settori che fanno maggiormente affidamento sulla manodopera straniera includono i servizi operativi di supporto, il trasporto, la logistica, le industrie metallurgiche, i servizi di alloggio, ristorazione e turismo, e le industrie alimentari.
A livello territoriale, le imprese delle regioni del Nord Est segnalano le maggiori difficoltà di reperimento, con il 53,4% delle assunzioni che risultano difficili da trovare, superando notevolmente le regioni del Sud e delle Isole (43,5%) e del Centro (45,9%). 

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PNRR: le Pmi accelerano sulla digitalizzazione 

Posted by Massimo Miceli on
PNRR: le Pmi accelerano sulla digitalizzazione 

Il PNRR, organizzato in 6 missioni, prevede per l’Italia 191,5 miliardi di fondi per innovazione e digitalizzazione, transizione ecologica e inclusione sociale entro il 2026.
Fino a oggi l’Italia ha ricevuto dalla Ue quasi 67 miliardi di euro. E un’indagine condotta da Qonto, in collaborazione con OnePoll, ha indagato lo stato di digitalizzazione delle Pmi italiane, analizzando il comportamento nei confronti degli incentivi previsti dal Piano, il livello di competenze digitali, e gli investimenti nella formazione.Il 55% delle Pmi intervistate ha già fatto ricorso agli incentivi, un dato in crescita rispetto al 2022 (43%), mentre tra quelle che non hanno ancora fatto ricorso ai fondi, quasi il 70% ha intenzione di usufruirne nel corso del 2023. Per quanto riguarda gli impieghi dei fondi, l’82% utilizzerà gli incentivi per investire nella digitalizzazione e innovazione tecnologica dell’impresa.

Le micro imprese e il React-Eu

Dall’indagine emerge in particolare che ad avere già aderito agli incentivi continuano a essere soprattutto le Pmi più grand. Tra le aziende da 50 a 250 dipendenti il 59% ne ha già fatto ricorso, in crescita rispetto al 2022 (56%), mentre tra le micro-imprese fino a 10 dipendenti solo una su quattro (25%) si è già attivata per utilizzare i fondi.
Solo il 35% delle Pmi però ha utilizzato e vuole utilizzare i fondi come il React-Eu a sostegno di Pmi e professionisti contro il caro bollette, che per l’Italia presenta una disponibilità di 14,4 miliardi.
Interessante notare come la percentuale si alza tra le micro-imprese fino a 10 dipendenti (57%).

Il 66% ha necessità di profili con competenze specifiche

L’impegno verso la digitalizzazione implica la disponibilità di risorse formate e competenti, il 66% dichiara infatti di avere necessità di profili con expertise specifiche per la propria azienda, ma oltre un’impresa su due (56,5%) riscontra difficoltà nel reperire questi profili. Digitalizzazione e innovazione sono aspetti che vanno di pari passo, e la spinta verso l’innovazione tecnologica è confermata anche dal 43% degli intervistati, che dichiara di aver adottato o aver intenzione di adottare nel prossimo futuro tecnologie di Intelligenza Artificiale nella propria azienda.

Fintech e pagamenti digitali: il 62% ha almeno un conto digital

L’indagine Qonto rivela inoltre che oltre il 77% degli intervistati utilizza regolarmente almeno un’app per pagamenti, attività bancarie, investimenti, prestiti o altre attività finanziarie nella propria vita personale o professionale. Il 72% delle Pmi preferisce effettuare pagamenti con carte di credito e debito, il 22,5% si affida a pagamenti via app, e solo il 5,5% in contanti. Il 62% delle imprese poi ha almeno un conto digital: tra queste quasi il 46% sono aziende molto giovani (meno di tre anni di vita) o startup. Tra quelle che utilizzano solo soluzioni tradizionali, il 56% circa si dice pronta all’adozione di un conto digital.

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Quali sono i materiali migliori per una piscina prefabbricata?

Posted by Massimo Miceli on

Se stai pensando di installare una piscina prefabbricata nel tuo giardino, sicuramente hai già iniziato a valutare i diversi materiali disponibili sul mercato.

Ma quali sono i materiali migliori per una piscina prefabbricata? Per rispondere a questa domanda ti guideremo alla scoperta dei materiali più utilizzati per la costruzione di piscine prefabbricate e ti aiuteremo a scegliere quello più adatto alle tue esigenze.

Vetroresina

La vetroresina è un materiale composto da fibre di vetro e resine poliestere o epossidiche, che viene utilizzato per realizzare vasche di varie forme e dimensioni. La vetroresina è un materiale resistente e duraturo, ma presenta alcuni svantaggi.

In primo luogo, la vetroresina è un materiale relativamente costoso, soprattutto se si considera il costo della lavorazione. Ciò fa si che anche eventuali operazioni di riparazione siano alquanto costose.

Acciaio

L’acciaio è un materiale molto resistente e durevole, che viene utilizzato per costruire piscine prefabbricate di varie forme e dimensioni. Le piscine in acciaio sono anche molto facili da installare, grazie alla loro struttura modulare.

Tra l’altro, questo tipo di piscine sono molto versatili e possono essere personalizzate con una vasta gamma di accessori, come scalette, trampolini e getti idromassaggi.

A ciò si aggiunge il fatto che le piscine in acciaio sono anche relativamente economiche, soprattutto se confrontate con altre soluzioni.

Calcestruzzo

Il calcestruzzo è un materiale molto resistente e durevole, che viene utilizzato anche per costruire piscine prefabbricate di varie forme e dimensioni.

Le piscine in calcestruzzo sono versatili e possono essere personalizzate a piacimento per quel che riguarda forma e dimensioni.

Ad ogni modo, le piscine in calcestruzzo richiedono una preparazione del terreno molto accurata e sono anche molto costose, soprattutto se si considera il costo relativo a scavo e piastrellamento.

La soluzione migliore: l’acciaio

Dopo aver analizzato i diversi materiali disponibili per la costruzione di una piscina prefabbricata, possiamo affermare che la soluzione migliore sia l’acciaio.

Infatti, le piscine in acciaio richiedono uno scavo molto più piccolo e possono essere installate e pronte all’uso in sole 24 ore. Inoltre, le piscine in acciaio sono molto resistenti e durevoli, e richiedono una manutenzione minima.

In virtù di ciò, le piscine in acciaio sono anche economiche, soprattutto se confrontate con altre soluzioni come il calcestruzzo o la vetroresina.

Cosa devo considerare quando scelgo il rivestimento per la mia piscina in acciaio?

La scelta del rivestimento per la tua piscina in acciaio è una decisione importante, poiché il rivestimento non solo influisce sull’aspetto estetico della piscina, ma anche sulla sua durata e sulla facilità di manutenzione.

Ecco riassunti alcuni fattori da considerare quando scegli il rivestimento per la tua piscina in acciaio:

  1. Resistenza: il rivestimento deve essere resistente all’usura e alle intemperie, soprattutto se la tua zona è soggetta ad escursioni termiche di un certo tipo o a piogge frequenti.
  2. Estetica: il rivestimento deve essere accattivante e armonizzare con l’aspetto del tuo giardino.
  3. Comfort: il rivestimento deve essere piacevole sia alla vista che al tatto.
  4. Facilità di manutenzione: il rivestimento deve essere facile da pulire e da mantenere nel tempo, senza richiedere una manutenzione eccessiva o costosa.
  5. Costo: il costo della piscina può variare notevolmente a seconda del materiale utilizzato, quindi è importante scegliere un materiale che si adatti al tuo budget.

Abbiamo evidenziato le caratteristiche principali della vetroresina, del calcestruzzo e dell’acciaio relativamente alla costruzione di una piscina.

Ognuno di questi materiali ha i propri vantaggi e svantaggi, quindi è importante fare una scelta informata in base alle esigenze tecniche e di budget.

In sintesi, se stai cercando una soluzione affidabile, resistente e conveniente per la tua piscina prefabbricata, il consiglio è quello di optare per una piscina in acciaio.