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Milano si conferma la smart city d’Italia

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Milano si conferma la smart city d’Italia

Milano, con Roma, si conferma la prima smart city d’Italia. In questo comparto, sotto la Madonnina sono attive ben 45mila imprese che occupano 378mila addetti, secondo una recente elaborazione della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi. Sono le grandi città a trainare la crescita dei settori “smart” d’Italia, a Milano le imprese salgono del +1,7% in un anno, a Roma del + 1,7%, a Napoli di +1,9%, con un risultato nazionale di stabilità e quindi di una sempre maggiore attrazione e concentrazione dei grandi centri. Un settore guidato nel Paese da Milano e Roma con circa 100 miliardi ognuna di business su circa 500 miliardi in Italia e 400 mila addetti a Milano e 300 mila a Roma nelle circa 50 mila imprese dei due motori d’Italia.

I numeri dei settori smart in Lombardia…

I settori tradizionalmente smart sono hi-tech, autoveicoli, trasporti e logistica, energia-acqua-rifiuti, costruzioni, commercio online, design. Milano, Monza e Lodi insieme contano oltre 50 mila imprese nei settori smart e oltre 400 mila addetti. In Lombardia si concentrano 103mila imprese smart sulle 572mila in Italia, guidate da Milano (45 mila), Brescia e Bergamo con circa 11mila, Monza e Varese con circa 7mila. Gli addetti sono 603mila, più di uno su quattro dei 2,3 milioni in Italia. Sono 378mila a Milano, circa 47mila a Brescia e Bergamo, circa 36mila a Monza (+0,7%) e 24mila a Varese. A Lodi ci sono circa 2mila imprese nei settori smart e 8mila addetti.

… e quelli a livello nazionale

In Italia ci sono 572mila imprese e 2,3 milioni di addetti. Dopo Roma (52mila, +1,7%) e Milano (45mila, +1,7%), ci sono per imprese Napoli (28mila, +1,9%) e Torino (21mila), Bari, Brescia, Caserta, Salerno, Bologna, Bergamo, con oltre 10mila. Per addetti, prima Milano con 378mila, poi Roma con 297mila, Torino al terzo posto con 138mila, poi Napoli con 76mila, Bologna con 55mila. Superano i 40mila: Bergamo, Brescia, Bari, Firenze.

Il supporto alle imprese lombarde

“La nostra economia ha una forte vocazione all’innovazione, come mostrano i dati sui settori smart. La crescita di questi settori 4.0 è alla base di una maggiore competitività internazionale del nostro territorio” ha dichiarato Massimo Dal Checco, consigliere della Camera di commercio e amministratore unico di Innovhub Stazioni Sperimentali per l’Industria, in occasione di e_mob – Festival della mobilità elettrica . “Come partner europeo nella rete EEN, Enterprise Europe Network, puntiamo promuovere nei suoi vari aspetti ricerca e innovazione, anche con incontri dedicati ai settori ambientali. Cresce infatti il rapporto tra ambiente e tecnologia, a partire dalle imprese. Tra l’altro ci affianchiamo ogni giorno alle aziende con un supporto diretto e personalizzato, per far crescere

ricerca e innovazione”.

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Per i millennials avere figli non è indispensabile

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Per i millennials avere figli non è indispensabile

Riuscire a costruire una relazione duratura è un obiettivo importante per quasi 8 giovani su 10 ma solo 3 su 10 considerano i figli indispensabili. Per il 9,7% dei millennials non rientra proprio nei progetti di vita. Non sorprende che siano le ragazze ad attribuire più importanza a questo aspetto. Per il 48,8% di loro infatti è ancora “molto” importante, a fronte del 30,3% dei ragazzi. Lo ha scoperto Eurispes tramite la ricerca Soprattutto Io. Coppie millennials tra stereotipi, nuovi valori e libertà, che tenta di comprendere quanto gli stereotipi del passato siano tuttora presenti nell’educazione dei 18/30enni di oggi.

Vita di coppia, il vissuto familiare influisce sulla relazione

La vita di coppia è ancora una delle aspirazioni importanti della vita? I giovani italiani sono disposti a rinunciare alla carriera per curare figli? Qual è e come è cambiato l’atteggiamento rispetto a temi considerati tabù, come ad esempio il legame tra persone tra le quali esiste una notevole differenza di età o di condizione sociale ed economica? E il tradimento all’interno della coppia si può perdonare?  Secondo la ricerca, il vissuto familiare dei millennials influisce sulle scelte e la relazione di coppia. Infatti, per chi è cresciuto con entrambi i genitori avere una relazione duratura rientra “molto” tra i propri desideri nel 45,9% dei casi. I ragazzi cresciuti con genitori separati o divorziati invece rispondono prevalentemente “abbastanza” (41,5%), come per chi è cresciuto con un solo genitore (36,7%).

Non è opportuno rinunciare alla carriera per i figli

La vita di coppia risulta appagante anche senza figli per il 67,6% dei giovani. La presenza dei figli in una coppia non sembra essere particolarmente importante per i giovani e sono meno di un terzo (32,4%) i ragazzi che considerano la presenza dei figli indispensabile per una vita di coppia soddisfacente. La maggior parte dei ragazzi (65,8%), poi è “per niente” (33,8%) o “poco” (32%) d’accordo che una donna rinunci alla propria carriera per occuparsi dei figli. Il 34,2%, invece, ritiene che sia opportuno rinunciare. Lo status economico invece è importante per quasi un terzo del campione. Con i maschi più venali delle donne.

Giovani d’altri tempi ancora vittime di qualche tabù

E cosa succede se una donna ha avuto più di 20 partner? Per il 52,7% del campione è accettabile, ma la percentuale sale di 10 punti se ad aver avuto più di 20 partner è l’uomo. Insomma, i millennials in questo caso dimostrano di essere giovani d’altri tempi. La metà di loro, inoltre, ritiene che sia l’uomo a dover corteggiare. E per le coppie anagraficamente “squilibrate”, per 1 su 5 può avere successo solo se è l’uomo a essere più grande. Quando il partner tradisce, poi, quasi 3 giovani su 10 (32,3%) sicuramente interromperebbero la relazione.

Va meglio per i diritti civili: divorzio, aborto, unioni civili, adozione da parte degli omosessuali per i millennials sono conquiste sociali. Ma più per le donne che per gli uomini.

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Le donne trainano il mercato del lavoro in Lombardia

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Le donne trainano il mercato del lavoro in Lombardia

Se a fare la parte del leone per quanto riguarda l’occupazione femminile è la Lombardia, nel decennio tra il 2008 e il 2018 il numero di donne occupate nella regione è cresciuto del 5,9%, registrando 105 mila occupate in più. Nello stesso periodo l’occupazione maschile lombarda è cresciuta dello 0,9%, +22 mila unità.  Lo conferma l’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro, con il rapporto dal titolo La crescita del mercato del lavoro in Lombardia.

Se dunque la Lombardia nel 2018 ha superato di 127 mila unità gli occupati del 2008, il maggior contributo è da individuare proprio nella componente femminile.

I dati lombardi si avvicinano a quelli europei

Lo studio dimostra poi come la crisi finanziaria abbia determinato una flessione dell’occupazione delle donne solo fino al 2011, per poi ripartire negli anni seguenti. Al contrario, l’occupazione maschile è rimasta in flessione fino al 2015. Il tasso di inattività femminile in Lombardia è passato invece dal 39,9% del 2008 al 35,8% del 2018, inferiore alla media nazionale del 43,8%. Nel medesimo decennio non sono cresciute solo le donne occupate, ma anche le laureate (+53,1%), a fronte a una crescita ridotta dei laureati maschi, pari al 33,2%. Il dato lombardo sembra quindi avvicinare il dato nazionale a quello europeo, dove l’occupazione femminile è del 61.2%.

A livello nazionale è occupata solamente una donna su due

Gli studi fatti a livello nazionale però parlano chiaro. Nel nostro Paese è occupata solamente una donna su due. L’Istat segnala che attualmente è occupata il 49,8% delle donne, il massimo delle serie storiche, comunque di 10 punti inferiore al tasso maschile, e di 12 punti al di sotto rispetto alla media europea.

“Il problema dell’occupazione femminile in Italia è ancora molto lontano dall’essere risolto – spiega Carola Adami, AD della società di head hunting Adami & Associati – e il nodo principale continua a essere quello della conciliazione lavoro-famiglia, con le donne che ancora oggi, nella maggior parte dei casi, si devono fare carico dei figli e, spesso, anche dei genitori”.

“Sono ancora tante le donne che all’arrivo del primo figlio escono dal mondo del lavoro”

Indubbiamente la soluzione a questo problema sarebbe quella di aumentare i servizi, a partire dagli asili nido. “Nel nostro Paese sono ancora tantissime le donne che all’arrivo del primo figlio escono in modo definitivo dal mondo del lavoro”, aggiunge l’head hunter.

Nonostante questo, i numeri dell’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro sull’occupazione femminile in Lombardia fanno ben sperare.

“La stessa crisi che ha ridimensionato l’occupazione, ad esempio, ha poi spinto molte donne a ritornare nel mondo del lavoro per rimettere in sesto l’economia famigliare – sottolinea Adami – non si può negare, inoltre, che un maggior numero di donne laureate significhi che ci sono sempre più donne in grado di affrontare al meglio il mercato del lavoro, presentandosi con tutte le carte in regola per la selezione di personale qualificato”.

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Il piano della cucina: una scelta che dura… una vita

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Il piano della cucina: una scelta che dura… una vita

Le cucine delle case di oggi sono sempre di più sofisticate, scenografiche, oltre che pratiche e funzionali. Si tratta di ambienti che hanno saputo conquistare un posto d’onore all’interno delle abitazioni più moderne e di tendenza, tanto che si tende a prediligere un ambiente open che inglobi zona living e appunto, zona cucina. Ovvio che, con queste premesse, la cucina deve essere un elemento assolutamente glamour, da mostrare oltre che da utilizzare.

I materiali più innovativi

Oltre ai mobili, ai ripiani e agli elettrodomestici, l’elemento caratterizzante di ogni cucina è il piano di lavoro. Attualmente sul mercato si trovano un’infinità di soluzioni adatte a soddisfare tutte le esigenze e ogni gusto. Materiali naturali come il legno, classici come come il marmo o il quarzo, più moderni e “facili” come i laminati permettono di completare e di regalare una spiccata personalità all’ambiente cucina. Certo è che un piano di lavoro dovrà “vivere” per molti anni, senza subire gli effetti di calore, maltrattamenti e del contatto con i cibi. Insomma, un piano che si rispetti deve essere non solo esteticamente bello, ma anche molto, molto resistente e pratico da pulire.

L’ultima novità per vestire la cucina

Tra i materiali più innovativi del momento, ne spicca uno prodotto da Veneta Cucine, la più integrata piattaforma italiana di produzione di mobili per cucina, di cui Pedrazzini Arreda è rivenditore ufficiale per Milano. L’azienda ha infatti dato vita a Caranto, la nuova linea di prodotto specializzata nella realizzazione di piani cucina tecnici. “Caranto è sinonimo di design ed elevate prestazioni professionali, e assicura, per le sue molteplici declinazioni, standard di assoluta qualità e bellezza e propone innumerevoli finiture per la produzione di top, banconi, alzatine, schienali, fianchi e piani di tavoli sia nell’ambito del quarzo che della ceramica, per soddisfare tutte le esigenze di personalizzazione del progetto cucina” fanno sapere dall’azienda.

Caranto Ker e Caranto Quartz

I piani Caranto si suddividono in Caranto Ker, in ceramica e Caranto Quartz, in quarzo. Quali sono le differenze fra i due? Caranto Ker è composto da argille ceramiche e colori minerali inalterabili nel tempo che non risentono dell’effetto del calore, della luce o dell’uso di alcun prodotto chimico per la pulizia e la disinfezione. E’ resistente alle alte temperature: contrariamente ad altri materiali simili non brucia con il fuoco né teme il calore. Caranto Quartz viene realizzato con prodotti lapidei di natura silicea, quindi sabbie silicee, quarzite, quarzi macinati aggregati con vetro, feldspato ed alcuni graniti. Sono piani caratterizzati da alta resistenza ai graffi, basso livello di assorbimento dell’acqua e alta resistenza agli agenti chimici. Gli alimenti non lasciano alcuna macchia sul piano. Le superfici lucide in quarzo sono non porose e altamente resistenti a liquidi e sostanze acide. Una validissima scelta in più per chi sceglie Veneta Cucine, che si aggiunge ai tanti vantaggi già previsti. Ad esempio, ogni cucina è personalizzabile in ogni suo dettaglio: oltre i materiali per il piano di lavoro, si possono scegliere anche i materiali per le ante e naturalmente gli elettrodomestici di qualsiasi marca e genere.

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Professionisti della birra cercasi, dai sommelier ai digital manager i profili più richiesti

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Professionisti della birra cercasi, dai sommelier ai digital manager i profili più richiesti

In due anni l’industria della birra ha creato 4.400 posti di lavoro in più, e ora prosegue nella ricerca di nuove figure professionali da assumere. Non solo mastri birrai o sommelier, ma anche Digital innovation manager e altri profili altamente specializzati. Secondo una ricerca di Althesys e Fondazione Birra Moretti tra i profili più strategici e ricercati di questa filiera figurano infatti anche il Tecnologo alimentare, l’Ingegnere chimico alimentare, il Responsabile laboratorio e controllo qualità, il Coordinatore di sostenibilità e l’Automation specialist. Oltre al Brand ambassador e il Beer specialist. Lo studio, dal titolo Le (insospettabili) professioni della birra, è stato realizzato al fine di contribuire alla crescita della cultura della birra in Italia.

Un settore che investe nei lavoratori

Se da quanto rilevato dai dati Istat dal 2015 al 2017 in Italia l’occupazione è cresciuta di circa il 2%, nello stesso arco di tempo gli occupati nell’industria della birra sono aumentati del 5%, ovvero di 4.400 unità. Più del doppio, quindi, rispetto all’andamento medio nazionale. In pratica ogni giorno sono almeno sei persone a trovare lavoro nel settore della birra. Inoltre, dei 3,49 miliardi di euro di valore aggiunto creato dal comparto il 71% (2,47 miliardi di euro) viene destinato alla remunerazione lorda dei lavoratori, sostenendo così l’economia familiare.

Insomma, quello legato alla produzione e vendita di questa bevanda è un ambito industriale che non mostra i segni della crisi.

I tre macro trend del prossimo futuro

Secondo gli attori della filiera, riporta Adnkronos, sono tre i macro trend attesi a 2-5 anni che avranno un impatto diretto sulla richiesta dei profili professionali: sostenibilità, creazione di nuovi gusti e digitalizzazione.

Il 41% degli intervistati dallo studio ha posto l’accento proprio sulla sostenibilità, intesa come attenzione al rispetto dell’ambiente (16%), l’ideazione di pack sostenibili (13%), l’implementazione di materie prime locali (7%), e la gestione dei rifiuti e degli scarti (5%).

L’evoluzione è digitale anche per la birra

Per un altro 32% un’altra tendenza importante per il prossimo futuro riguarda lo sviluppo di nuovi gusti e segmenti nel mercato. Come le birre speciali (14%), quelle artigianali (10%) e il segmento healthy (8%).

Completano il quadro di una filiera in fase di evoluzione strutturale le risposte di un 18% che guarda al futuro digitale, citando innovazione (10%), digitalizzazione (5%), ed e-commerce (3%) come elementi chiave della trasformazione del settore.

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Malattie e vacanze: gli italiani temono gli insetti dei Paesi tropicali

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Malattie e vacanze: gli italiani temono gli insetti dei Paesi tropicali

Italiani popolo di sognatori, naviganti e viaggiatori? Si, a condizione che non ci siano insetti potenziali portatori di malattie. Sette nostri connazionali su 10, infatti, hanno paura degli insetti dei Paesi più esotici.

Disturbi sì, malattie no

Così, mentre con l’estate si sognano e si programmano viaggi vicini e lontani, gli italiani si rivelano pronti ad affrontare i disturbi più comuni e tipici delle vacanze d’oltremare – gastroenteriti e intossicazioni alimentari in primis – ma non lo sono altrettanto quando si parla della minaccia di insetti. Secondo un’indagine  condotta da Doxa per Rentokil, gruppo leader in servizi di disinfestazione, 7 italiani su 10 sono preoccupati di ‘incontri ravvicinati’ con insetti durante le vacanze: il 32% degli intervistati ha dichiarato un livello di preoccupazione molto alto, un dato che si somma al 38% che si dice abbastanza preoccupato. Un dato che forse non sorprende è che le donne sono maggiormente sensibili e ansiose su questo aspetto (72%), ma ciò che stupisce è che anche gli uomini non sono affatto immuni dall’angoscia ‘da insetto’: il 67% infatti teme di imbattersi in insetti dalla specie sconosciuta.

I più timorosi? I più “grandi”

Per quanto riguarda le fasce d’età, le categorie 18-24 anni e 25-34 anni mostrano preoccupazione, ma in linea con la media nazionale, mentre le fasce più mature 45-54 anni e 55-70 anni sono leggermente sopra la media – mostrando un livello di preoccupazione che raggiunge rispettivamente il 73% e il 74%. Al contrario, gli italiani tra i 35 e i 44 anni sono i meno preoccupati (61%) rispetto alle altre fasce d’età.

Paure giustificate o infondate?

Molto dipende dalle destinazioni scelte. I rischi associati alla possibilità di morsi o punture di insetti è sempre presente, in particolare da parte di specie che sono vettori di malattie anche gravi come nel caso di alcuni tipi di zanzare o cimici che possono causare patologie come la Febbre Gialla, la Febbre Dengue e la Malattia di Chagas, oltre al più noto Virus Zika. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, si stimano fra i 50 e i 100 milioni di infezioni all’anno per la sola Febbre Dengue; fra questi, la maggior parte dei casi riscontrati ha sofferto di lievi malori, mentre circa il 5% ha sviluppato una malattia grave con febbre improvvisa. Pertanto, prima di mettersi in viaggio è importante conoscere le caratteristiche del Paese ospitante e rivolgersi al proprio medico per le eventuali vaccinazioni da eseguire.

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Record italiano per il cuneo fiscale, nel 2018 al 47,9%

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Record italiano per il cuneo fiscale, nel 2018 al 47,9%

L’anno scorso il cuneo fiscale in Italia ha raggiunto il 47,9%, il livello più alto registrato nel ventunesimo secolo. Una percentuale che fa crescere ulteriormente il gap del nostro Paese con il resto del mondo. Secondo i dati dell’Ocse, elaborati dall’Adnkronos, nel 2018 il peso delle tasse sugli stipendi globali, in media, era pari al 36,1%. Rispetto all’Italia, la differenza era di 11,8 punti percentuali, in aumento dell’1,3% sul 2008, e dell’1,7% dall’inizio del secolo (2000). Il cuneo fiscale Made in Italy ha raggiunto il suo livello minimo nel 2005, quando si è attestato al 45,9%. Cinque anni prima era al 47,1%, ma in pochi anni è sceso di 1,2 punti percentuali. Poi il peso delle tasse sugli stipendi è tornato a crescere in modo costante, arrivando a 2 punti percentuali sopra il minimo storico nel 2018.

Gli imprenditori lamentano il peso di un fisco insostenibile

La necessità di ridurre il peso dei tributi che grava sugli stipendi, pagato da dipendenti e datori di lavoro, torna di frequente al centro del confronto tra il mondo produttivo e la politica. Se gli imprenditori lamentano il peso di un fisco insostenibile, governi, maggioranza e opposizioni condividono formalmente le posizioni degli industriali, ma nella sostanza non compiono atti concreti.

I dati del centro studi di Confindustria mostrano che ci sarebbe un gran bisogno di intervenire per alleggerire il carico fiscale che grava sulle imprese: per uno stipendio di 780 euro netti (la stessa cifra fissata come tetto per il reddito di cittadinanza) l’azienda deve pagare 1.360 euro lordi. Quindi il lavoratore percepisce solo il 57,4% della somma versata dal datore di lavoro. Il restante 42,6% va in Irpef, addizionali regionali e comunicali comprese, e contributi.

Ogni 100 euro percepiti da un dipendente il datore di lavoro ne versa 207

La situazione peggiora, con l’aumentare dello stipendio. Un assegno netto di 2.000 euro “costa” all’impresa 4.449 euro. In questo caso il lavoratore percepisce il 44,9% della cifra complessiva versata dal datore di lavoro, mentre il restante 55,1% è tutto cuneo fiscale. Le elaborazioni del Csc mostrano che per ogni 100 euro che percepisce un dipendente, il datore di lavoro ne versa 207. E i 107 euro di differenza sono così suddivisi: 61 euro di contributi versati dal datore di lavoro, 14 euro di contributi versati dal lavoratore, 32 euro di tasse sul reddito.

Germania, Belgio e Italia sul podio

La lista dei paesi mostra che l’Italia si colloca al terzo posto della hit relativa al cuneo fiscale, ovvero dopo il Belgio, dove il cuneo fiscale è al 52,7%, e la Germania, al primo posto con il 49,5%. Subito dopo l’Italia si posizionano la Francia e l’Austria, entrambe al 47,6%. Dall’altra parte della classifica si posiziona il Cile, con il 7% di cuneo fiscale, la Nuova Zelanda, con il 18,4% e il Messico, con il 19,7%.

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Adottare un cane fa bene agli anziani, e alla sanità pubblica

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Adottare un cane fa bene agli anziani, e alla sanità pubblica

Un animale da compagnia aiuta a vivere in salute e più a lungo: oltre un anziano su due ne possiede almeno uno, e il trend è in continua crescita. Per quasi 7 over 65 su 10, inoltre, la compagnia di un animale influenza molto il benessere fisico e mentale, perché avere un cane, lo sanno tutti, “costringe” a uscire di casa, quindi, a un maggiore movimento. E se oltre l’89% dei padroni senior porta fuori il proprio cane senza delegare il compito a qualcun altro, il 78,7% lo fa ogni giorno. Non sorprende quindi che per la maggior parte degli anziani la presenza di un cane incida positivamente anche sulla loro salute psichica. La conferma arriva dal rapporto Senior Italia FederAnziani sudal titolo Over 65 e animali da compagnia.

Portare fuori il pet fa dimostrare 10 anni di meno

Da un’analisi della letteratura internazionale condotta dal Centro Studi Senior Italia emerge infatti che i possessori di cani hanno il 57% di probabilità in più di svolgere attività fisica rispetto a chi non ne ha. E svolgere un po’ di attività fisica aiuta a mantenersi in forma: gli anziani che possiedono un cane sono più in forma, tanto da dimostrare biologicamente 10 anni di meno. Secondo l’Osservatorio di Senior Italia FederAnziani, i proprietari over 65, poi, sono possessori responsabili, attenti alle cure veterinarie e all’accudimento costante del proprio amico a quattro zampe.

I benefici della passeggiata quotidiana

Secondo le stime dell’Osservatorio, inoltre, camminare in media un’ora e quaranta minuti al giorno avrebbe diverse implicazioni, tutte positive per la salute, anche pubblica. Si avrebbero, ad esempio, 432.000 diabetici con meno complicanze, il che porterebbe a risparmiare circa 1,2 miliardi di euro. Non è tutto: camminare ogni giorno per poco più di un’ora e mezza porterebbe a una riduzione del 7% dell’incidenza di patologie cardiovascolari, e un relativo risparmio per la sanità pubblica pari a circa 1,3 miliardi di euro.

2,7 miliardi di euro l’anno risparmiati dal Ssn

Ma avere un cane aiuta gli anziani anche ad avere maggiore stima di se stessi (+6%), più alti livelli di esercizio fisico svolto (+10,5%), e minor incidenza di disturbi da depressione (-5,73%) rispetto a coloro che non possiedono animali domestici. Il tutto per risparmi pari a circa 252 mila euro l’anno. In totale, calcola l’Osservatorio, la stima dei possibili risparmi per il Sistema sanitario nazionale si aggirerebbe intorno ai 2,7 miliardi di euro l’anno.

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Caffè, quando la macchina è un oggetto di design

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Caffè, quando la macchina è un oggetto di design

Sono sempre più belle, piccole, colorate, ergonomiche, collezionabili. Così “carine” da aggiudicarsi i più prestigiosi premi internazionali del design contemporaneo. Ecco a voi le macchine da caffè di nuova generazione, dalle linee perfette e dai costi assolutamente democratici. Grazie anche a queste caratteristiche, le ultime macchine da caffè per la casa hanno fatto innamorare gli italiani, tanto che in molti hanno riposto la tradizionale moka in soffitta e adottato un sistema a capsule.

Guarda che look

Ed è proprio ai più giovani (non solo di età, ma anche di gusti) e attenti alla moda che si rivolgono i produttori di queste deliziose macchine da caffè. Più che un elettrodomestico, un must, un pezzo d’arredo, un vero e proprio complemento (ma utile). In questo filone si inserisce anche Lavazza con Tiny, l’ultima macchina caffè Lavazza per l’espresso lanciata dall’azienda torinese. “E’ una macchina importante perchè si inserisce in quel segmento più importante in Italia che sta sotto i 70 euro che oggi rappresentano il 75% del totale delle macchine vendute in Italia. E’ una macchina particolare che si rivolge a un pubblico giovane e attento al design e alle dinamiche legate a settori come quello della moda” ha dichiarato in occasione della presentazione Pietro Mazzà, direttore marketing Lavazza.

Anima pop e tanti colori

Proprio perché le nuove macchine del caffè sono oggetti da esibire, ben vengano i colori e le linee divertenti. Così la “piccola” di casa Lavazza si veste di diversi colori, tutti allegri e positivi, insieme all’immancabile nero. Tiny Lavazza, con la sua estetica ricercata, utilizza le capsule Lavazza a Modo Mio. Sia la macchina, proposta con la vantaggiosa formula Zero Pensieri, sia tutte le scorte che si desiderano di capsule Lavazza a Modo mio sono disponibili anche su CialdaMia, il portale on line del caffè italiano in capsule di qualità. Bianca, rossa o nera Tiny si può avere direttamente attraverso CialdaMia, con 160 o 360 capsule a scelta. Il tutto a un prezzo “ristretto”.

Macchina da premio

Già vicina al mondo dell’arte – è stata coinvolta in un progetto di Maurizio Cattelan durante lo scorso Salone del mobile di Milano – Tiny si è anche aggiudicata il Red Dot Award, uno dei maggiori e più importanti premi del design mondiale. Insomma, il mercato delle capsule di caffè è bello e buono, ma soprattuto da primato. “Il single server è um mercato che continua a crescere importante per Lavazza. In Italia abbiamo una quota del 31% a valore, che è una quota importante è un mercato molto dinamico trainato dalle nuove generazioni che sono il target principale del porzionato e cresce in tutte le categorie. Cresce a doppia cifra da diversi anni, in Italia ha superato il milòione di macchine vendute all’anno e anche le capsule hanno superato il miliardo nella grande distribuzione. Un mercato molto dinamico che essendo trainato dalle nuove generazioni ha motivo di crescere nei prossimi anni” ha dichiarato pochi mesi fa Pietro Mazzà. E il futuro appare sereno e positivo. Sereno e positivo come bere una tazzina di ottimo espresso.

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Nel 2018 boom delle fake news online. Soprattutto cronaca, politica, scienza

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Nel 2018 boom delle fake news online. Soprattutto cronaca, politica, scienza

Nel 2018 il massimo livello di disinformazione su web in Italia è stato raggiunto con le elezioni politiche del 4 marzo, e la successiva formazione del nuovo governo. Nel corso dell’anno passato il volume di disinformazione online in media ha interessato l’8% di tutti i contenuti prodotti mensilmente su internet. E secondo quanto rileva il primo numero dell’Osservatorio sulla disinformazione online, pubblicato dall’Agcom, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nel 53% dei casi le fake news hanno riguardato soprattutto argomenti di cronaca e di politica, e per il 18% notizie di carattere scientifico.

Un Osservatorio sugli scenari nazionali e il sistema della disinformazione online

Obiettivo dell’Osservatorio è fornire agli stakeholder indicazioni sull’insorgenza e diffusione di contenuti fake rispetto a specifici argomenti, dunque sulle principali tematiche oggetto di disinformazione. In particolare, il primo numero ha esaminato gli scenari nazionali che hanno caratterizzato il sistema della disinformazione online nel 2018.

L’Osservatorio è incentrato sull’analisi statica e dinamica della produzione di disinformazione online, e presenta i risultati delle elaborazioni svolte su un database di milioni di documenti, generati da fonti di informazione e disinformazione. L’impostazione metodologica è quella già adottata per il recente Rapporto di Agcom “News vs. fake nel sistema dell’informazione”.

Criminalità, immigrazione e disoccupazione, i temi fake a livello europeo

Secondo l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, sia durante il periodo elettorale sia durante i mesi successivi, le vicende politiche e di governo, la cronaca nera, le teorie pseudoscientifiche e la salute sono state perciò tra i principali bersagli della disinformazione.

Tra i temi più ampiamente trattati dai siti di disinformazione nell’ultimo anno vi sono però anche quelli di rilevanza europea individuati da Eurobarometro, come criminalità, immigrazione e disoccupazione. In particolare, riporta Ansa, immigrazione e terrorismo hanno segnato la maggiore presenza di disinformazione sul totale dei contenuti online prodotti sui singoli argomenti, con quote rispettivamente pari al 15% e all’11%.

Occhi puntati sulle prossime elezioni europee del 26 maggio 2019

L’Osservatorio sulla disinformazione online si inserisce tra le attività promosse da Agcom per l’individuazione e il contrasto dei fenomeni di disinformazione frutto di strategie mirate. E ha già avviato la sperimentazione di un sistema di monitoraggio a partire dal periodo che precede le elezioni europee del 26 maggio 2019. Già nel secondo semestre del 2018, da quanto riferisce l’Agcom, si è registrato un incremento dell’attenzione da parte dei siti di disinformazione nei confronti della prossima campagna elettorale.