Category Archives

57 Articles

Informazioni utili

Crollano le criptovalute e aumentano gli attacchi smart

Posted by Massimo Miceli on
Crollano le criptovalute e aumentano gli attacchi smart

Nel secondo trimestre 2022, a causa dell’aumento della durata media e della percentuale di attacchi smart, gli attacchi DDoS (Distributed Denial of Service) hanno raggiunto un nuovo livello. Rispetto all’anno precedente, la durata media di un attacco DDoS è aumentata di 100 volte. Allo stesso modo, la percentuale di attacchi smart ha quasi superato il record degli ultimi quattro anni, arrivando a rappresentare quasi la metà del totale. Il report trimestrale DDoS pubblicato da Kaspersky prevede anche un aumento dell’attività DDoS complessiva, soprattutto in seguito al recente crollo delle criptovalute. Secondo il sistema Kaspersky DDoS Intelligence, quest’anno la dinamica del numero di attacchi DDoS all’interno del trimestre non ha rispecchiato lo schema tipico. Un dato coerente appunto con la crisi delle criptovalute, che di solito stimolano il mercato degli attacchi DDoS.

Dalla quantità alla qualità

Un attacco DDoS è progettato per interferire con il normale funzionamento di un sito web o bloccarlo completamente. Durante un attacco, che di solito prende di mira istituzioni governative, società finanziarie o di vendita al dettaglio, media o altre organizzazioni, chi lo subisce rischia di perdere clienti a causa dell’indisponibilità del proprio sito web, e ne risente anche la reputazione. Rispetto ai dati del secondo trimestre 2021, le soluzioni Kaspersky hanno rilevato un numero di utenti colpiti da attacchi DDoS di circa 2,5 volte superiore. Nel secondo trimestre 2022, a differenza dell’inizio dell’anno, in cui si è registrata una forte crescita di attacchi dovuti all’attività degli hacktivist, i dati assoluti sono diminuiti. Questo però non significa che il mercato DDoS si sia indebolito, anzi, la qualità degli attacchi è cambiata: ora sono più lunghi e complicati.

Attacchi smart da record

Nel secondo trimestre 2022, un attacco su due rilevato dai prodotti Kaspersky è stato di tipo smart, il che significa che gli organizzatori hanno condotto una preparazione piuttosto sofisticata. La percentuale di attacchi smart ha raggiunto un nuovo record in questo trimestre, quasi il 50%.
Il valore più alto in assoluto era stato raggiunto quattro anni fa, quando il mercato DDoS era in crisi, quindi un dato inaspettato ora, in un anno ‘intenso’ in termini di attività DDoS.

La sessione DDoS media ha avuto una durata 100 volte superiore

La durata media di un attacco nel secondo trimestre 2022 è stata di 3.000 minuti, ovvero due giorni.
Si tratta di una durata 100 volte superiore a quella del secondo trimestre del 2021, quando un attacco durava in media solo 30 minuti. Rispetto al primo trimestre del 2022, che a causa dell’attività degli hacktivist era caratterizzato da una durata senza precedenti delle sessioni DDoS, anche il secondo trimestre mostra un aumento pari a tre volte. Alcuni degli attacchi dello scorso trimestre sono durati giorni o addirittura settimane. Il record è stato stabilito da un attacco con una durata di 41.441 minuti, ovvero poco meno di 29 giorni.

Informazioni utili

Spiagge: gli italiani sono attenti alla pulizia

Posted by Massimo Miceli on
Spiagge: gli italiani sono attenti alla pulizia

Il sentimento più diffuso di fronte al degrado delle spiagge italiane è il fastidio, provato da circa 25 milioni di persone. L’esperienza della sporcizia sui litorali è infatti comune tra la popolazione: sono 27,4 milioni gli italiani che l’hanno vissuta, e solo il 12% non l’ha mai provata. Sono però 19 milioni (62%) gli italiani responsabili, che si prendono cura del luogo in cui si trovano, rimuovendo se necessario gli oggetti abbandonati da altri. E se qualcuno non sembra invece essere particolarmente colpito dalla presenza di rifiuti in spiaggia, la reazione è la medesima: fare la propria parte. I responsabili sono per lo più giovani, con meno di 24 anni, vivono in prevalenza nelle grandi città del sud, sono lettori e appassionati di sport e vita all’aperto.

Dai “vorrei ma non posso” agli “indifferenti” 

È quanto emerge dal sondaggio di Sorgenia realizzato da Human Highway per misurare i sentimenti di 31 milioni di italiani che frequentano abitualmente le spiagge del Paese. Ci sono poi i vorrei ma non posso (18,7%), che provano rabbia di fronte ai litorali sporchi ma non agiscono perché non ritengono sia compito loro, non hanno gli strumenti adeguati o sono preoccupati per ragioni igieniche. Ci sono anche gli indifferenti (2,5 milioni), che pur notando la sporcizia non sentono il bisogno di intervenire, e i distratti (11,7%), che addirittura non vedono i rifiuti.

Ma quali sono i rifiuti più diffusi?

Al primo posto i mozziconi di sigaretta (notati dal 72,3% del campione), poi bottiglie, lattine e plastiche (50%), e new entry tra gli oggetti d’uso quotidiano, le mascherine (39,8%). Nella classifica degli oggetti indebitamente abbandonati sui litorali anche avanzi di alimenti, carte e giornali, escrementi di animali domestici e indumenti. Come prevenire il degrado? Il 40% degli italiani suggerisce un maggior numero di cestini e bidoni a margine dei lidi e una quota simile reclama la figura della ‘guardia marina’ per far rispettare le regole.

Le proposte per prevenire il degrado

Tra le altre proposte, riferisce Adnkronos, aumentare i cartelli informativi e dare ai bagnanti gli strumenti per portare via i propri rifiuti. Soprattutto, i più responsabili sono favorevoli a nuove forme di interventi condivisi, come flashmob da organizzare periodicamente sulle spiagge. Il 22,8% di loro vorrebbe istituire la ‘mezz’ora di pulizia’ e uno su sette consiglia di puntare sulla tecnologia, segnalando gli appuntamenti di plogging su canali social o promuovendo apposite app che indichino le spiagge più sporche e convochino i volontari a pulirle.

Informazioni utili

GenZ e shopping: perché è diversa da tutte le altre

Posted by Massimo Miceli on
GenZ e shopping: perché è diversa da tutte le altre

La Gen Z acquista ovunque convenga di più e nel momento che reputa migliore, senza necessariamente preferire un mezzo particolare per trovare ciò che desidera. Inoltre, vuole acquistare su diversi canali, desidera articoli di alta qualità e vuole essere sempre aggiornata sui nuovi trend culturali. Questa consapevolezza dei trend, riferisce Ansa, sta evidenziando alcuni fattori chiave, non ultimo il fatto che la Generazione Z sia più attenta alle questioni ambientali e al modo in cui avranno impatto sul futuro. Inoltre, secondo un recente articolo di Vogue, ci sono il 56% di possibilità in più che la Gen Z abbia acquistato articoli fashion in-store negli ultimi tre mesi, e il 38% che abbia acquistato online nello stesso intervallo di tempo. Ma secondo Manhattan Associates un aggettivo per descrivere la Gen Z potrebbe essere Generazione Omnichannel, perché è la prima generazione completamente omnicanale, che frequenta, in egual modo, le vie dello shopping e le piattaforme social.

Il gruppo più critico e attratto dal second hand

Allo stesso tempo, la Generazione Z è considerata il gruppo più critico, con una visione dell’acquisto e del consumo molto diversa rispetto a quelle precedenti. Sono gli ultimi a essere entrati nel mondo del lavoro, quelli che avranno grande potere d’acquisto nei prossimi decenni, e questo significa che i brand dovranno guadagnarsi la loro fiducia. Inoltre, la frequenza di acquisto di nuovi articoli da parte della Gen Z è stata radicalmente influenzata dal mercato dei prodotti di seconda mano e vintage, un tipo di mercato che ha il 28% di possibilità in più per questa generazione.

Pagare come, quando e con quale dispositivo o piattaforma si desidera

Secondo PayPal, il 22% della Generazione Omnichannel ha utilizzato soluzioni BNPL (Buy-Now, Pay-Later) per acquistare articoli più cari e di miglior qualità. Dall’inizio della pandemia, infatti, il 123% ha utilizzato il BNPL rispetto a prima, rappresentando così la quota più elevata rispetto a tutte le altre generazioni. Inoltre, la Gen Z ha continuato ad adottare soluzioni di pagamento mobile, app e wallet più velocemente di qualsiasi altro gruppo di consumatori. L’aspettativa di poter pagare come, quando e con quale dispositivo o piattaforma desiderano è qualcosa che ormai fa parte delle loro abitudini d’acquisto. Di conseguenza, le tecnologie tradizionali di pagamento e Point-of-Sale (PoS) devono essere aggiornate e poter offrire queste diverse soluzioni.

Come conquistare la Generazione Omnichannel?

Un’azienda che voglia avere successo di fronte a una costante evoluzione deve quindi essere abbastanza agile non solo da introdurre diverse opzioni di acquisto, ma deve anche riuscire a supportarle con le funzionalità necessarie per soddisfare le aspettative di nuovi gruppi. La Generazione Omnichannel è la nuova potenza culturale ed economica nel contesto del retail, e continuerà a dettare il cambiamento culturale, le abitudini di acquisto, e molto altro nei prossimi 20 anni.

Informazioni utili

Vacanze 2022: l’Italia tra le principali destinazioni

Posted by Massimo Miceli on
Vacanze 2022: l’Italia tra le principali destinazioni

Più di 28 milioni di italiani prevedono almeno una vacanza durante l’estate 2022, ma solo un terzo ha già prenotato. La meta più gettonata è l’Italia (85%), in particolare, Puglia (13%), Sicilia (10%) e Toscana (9%). Una percentuale più ridotta (12%) si orienterà verso destinazioni Europee, soprattutto Spagna, Grecia e Francia, e solo il 3% viaggerà verso Paesi extra-UE. Questi alcuni trend emersi dall’Osservatorio Turismo 2022 di Nomisma-UniCredit, che dal confronto tra l’estate 2021 e l’estate 2022 fa emergere una polarizzazione: da un lato, più di un quarto dei viaggiatori ha intenzione di aumentare frequenza dei viaggi (29%), durata (24%) e spesa per il pernottamento (24%), dall’altro, uno su 6 pensa che ridurrà il numero di viaggi, così come costi e durata. 

Relax, contatto con la natura e scoperta enogastronomica

Chi nel 2022 non partirà lo farà soprattutto a causa di una situazione economica non favorevole (49%), per risparmiare (12%), per timore di possibili contagi (11%), ma anche perché ha intenzione di sostituire il viaggio con gite ed escursioni di una giornata (9%). In ogni caso, gli italiani associano la vacanza soprattutto all’idea di relax (76%) o all’occasione per stare più a contatto con la natura (48%). In particolare, il 13% la considera un’opportunità per praticare sport e attività fisica e l’11% per vivere esperienze avventurose. La vacanza però è anche sinonimo di scoperta dell’enogastronomia (39%) e delle tradizioni locali (21%).

Gli operatori del turismo e il caro bollette

Come stanno vivendo gli operatori del settore l’attuale congiuntura politica, economica e sanitaria? Il 64% dichiara che questa situazione complica l’operatività delle strutture ricettive. I problemi maggiori sono provocati dall’incremento dei costi energetici (51%) e dall’inflazione (23%). In merito all’offerta, il 67% aumenterà i prezzi delle camere, il 44% quelli dei servizi, e il 28% ritiene inevitabile ridurre i mesi di apertura. Per il 54% la congiuntura attuale determinerà una minore capacità di spesa da parte dei viaggiatori, che comporterà la necessità di rivedere i prezzi di listino (34%). Il 33% pensa che si verificherà una diminuzione dei tempi di permanenza, e per il 32% assisteremo a una contrazione della domanda dall’est Europa, da altri Paesi stranieri (22%) e dall’Italia stessa (18%). 

Come cambierà il modo di viaggiare

Gli operatori sono consapevoli di dover adeguare la loro offerta, e per adattare le proposte ai nuovi bisogni dei viaggiatori entro i prossimi 2-3 anni il 16% prevede aree fitness e relax all’interno delle strutture, il 25% postazioni per lo smart working e il 17% firmerà convenzioni con co-working esterni.  Qualcuno punterà sulla digitalizzazione: il 29% realizzerà app per il check-in e il check-out oppure per prenotare i servizi, mentre il 26% inserirà sistemi di domotica nelle camere.  Il 34% realizzerà servizi su misura del cliente, il 24% inserirà nel menu prodotti biologici e il 27% offrirà tour alla scoperta della tradizione enogastronomica locale.

Informazioni utili

A giugno previste 560mila assunzioni, ma difficoltà di reperimento al 39,2%

Posted by Massimo Miceli on
A giugno previste 560mila assunzioni, ma difficoltà di reperimento al 39,2%

Le imprese italiane a giugno sono pronte ad assumere: sono circa 560mila le opportunità di lavoro, soprattutto nei settori commercio, turismo e servizi alle persone. Al contempo, però, aumenta anche la difficoltà di reperimento, che si attesta al 39,2%, circa il 9% in più rispetto a giugno 2021. A delineare il quadro è il Bollettino del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal, che ha elaborato le previsioni occupazionali di giugno. In particolare, secondo il Bollettino in questo mese l’industria programma 131mila entrate, +32mila assunzioni rispetto maggio, e 328mila nel trimestre giugno-agosto, ma -32mila rispetto a quanto previsto un anno fa.

Si conferma il ricorso prevalente ai contratti a tempo determinato

Nel settore dei servizi sono circa 428mila i contratti di lavoro che si intendono attivare (+83mila rispetto a maggio) e oltre 1milione quelli previsti per il trimestre giugno-agosto. Si conferma il prevalente ricorso ai contratti a tempo determinato (oltre il 60% dei casi), mentre i contratti a tempo indeterminato raggiungono il 14,2%, di somministrazione il 9,6%, di apprendistato il 5% e le altre tipologie contrattuali l’11%. A guidare la domanda di lavoro sono i principali comparti dei servizi: la filiera turistica ha programmato per l’inizio del periodo estivo 157mila assunzioni (+50,1% su maggio), i servizi alle persone 74mila (+10,2%), e il commercio 70mila (+34,6%).

Variazioni congiunturali positive, ma negative rispetto al 2021

Previsioni positive anche per i servizi dei media e comunicazione (+77,5%) e assicurativi e finanziari (+51,5%). Per quanto riguarda i settori manifatturieri, i flussi di assunzione più elevati sono previsti da industrie meccaniche ed elettroniche (21mila), industrie metallurgiche e dei prodotti in metallo (17mila) e industrie alimentari (13mila), con variazioni positive rispetto al mese scorso, ma negative rispetto ai livelli segnalati un anno fa. Dinamica simile anche per le costruzioni, con 46mila assunzioni programmate: +39,3% su maggio, ma -19,7% rispetto al 2021. In crescita anche la quota di assunzioni per cui le imprese dichiarano difficoltà di reperimento. Il mismatch si conferma più elevato tra gli operai specializzati (53,1%), le professioni tecniche (48,3%), e tra i dirigenti e le professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione (46,9%).

Le figure più difficili da reperire

Tra i profili più difficili da reperire, gli specialisti in scienze della vita (76,1%), in scienze matematiche, informatiche e scientifiche (55,2%), i tecnici della gestione dei processi produttivi di beni e servizi (64,2%), informatici, telematici e delle telecomunicazioni (58,9%), della salute (57,1%) e tecnici in campo ingegneristico (56,0%). Tra gli operai specializzati, difficile reperire soprattutto fonditori e saldatori (67,0%), fabbri ferrai e costruttori di utensili (63,1%), operai addetti alle rifiniture delle costruzioni (62,9%) e meccanici artigianali, montatori, riparatori e manutentori di macchine fisse e mobili (62,1%). A livello territoriale si conferma il ranking da Nord a Sud: per le imprese del Nord-Est sono difficili da reperire il 44,5% delle figure ricercate, seguite dal Nord-Ovest (41,2%), Centro (37,7%) e Sud-Isole (33,8%).

Informazioni utili

Contratti collettivi, cresce leggermente la retribuzione oraria media

Posted by Massimo Miceli on
Contratti collettivi, cresce leggermente la retribuzione oraria media

Come di consueto, l’Istat fotografa lo stato dell’arte dei contratti collettivi in atto nel nostro Paese. La situazione non è esattamente rosea, anche se ci sono dei segnali di ottimismo. Questi i dati aggiornati al primo trimestre di quest’anno. Alla fine di marzo 2022, i 39 contratti collettivi nazionali in vigore per la parte economica riguardano il 44,6% dei dipendenti – circa 5,5 milioni di individui– e corrispondono al 45,7% del monte retributivo complessivo. In sintesi, come spiega una nota dell’Ufficio di Statistica, l’aumento della spinta inflazionistica nel 2022 “porterebbe a una perdita di potere d’acquisto valutabile in quasi cinque punti percentuali”.

Recepiti cinque contratti

Nel corso del primo trimestre 2022 sono stati recepiti cinque contratti. Si tratti di quelli riferiti a scuola privata religiosa, cemento, calce e gesso, edilizia, mobilità – attività ferroviarie e Rai. I contratti che, a fine marzo 2022, sono in attesa di rinnovo salgono a 34 e coinvolgono circa 6,8 milioni di dipendenti, il 55,4% del totale. Uno dei dati preoccupanti riguarda invece il tempo medio di rinnovo dei contratti, che si è dilatato e anche di molto. Come riporta la nota dell’Istat, il tempo medio di attesa di rinnovo per i lavoratori con contratto scaduto, tra marzo 2021 e marzo 2022, è aumentato da 22,6 a 30,8 mesi, mentre per fortuna diminuisce lievemente per il totale dei dipendenti (da 17,7 a 17,0 mesi).

Come cambiano le retribuzioni

L’andamento delle retribuzioni fa segnare qualche dato ottimistico, anche se la crescita resta contenuta. La retribuzione oraria media nel periodo gennaio-marzo 2022 è dello 0,6% più elevata rispetto allo stesso periodo del 2021. L’indice delle retribuzioni contrattuali orarie a marzo 2022 segna un aumento dello 0,1% rispetto al mese precedente e dello 0,7% rispetto a marzo 2021. In particolare, l’aumento tendenziale è stato dell’1,6% per i dipendenti dell’industria, dello 0,4% per quelli dei servizi privati ed è stato nullo per i lavoratori della pubblica amministrazione. I settori che presentano gli aumenti tendenziali più elevati sono quelli delle farmacie private (+3,9%), dell’edilizia (+3,3%), delle telecomunicazioni (+2,5%) e del legno, carta e stampa (+2,3%). L’incremento è invece nullo per il commercio, i servizi di informazione e comunicazione, il credito e assicurazioni e la pubblica amministrazione.

Informazioni utili

Fake news, gli italiani sanno riconoscerle?

Posted by Massimo Miceli on
Fake news, gli italiani sanno riconoscerle?

Gli italiani sanno riconoscere le fake news? E come si rapportano al vasto – e non sempre attendibile – mondo dell’informazione? Questo difficile rapporto tra verità e bufale è stato al centro di una recente ricerca Ipsos per IDMO (Italian Digital Media Observatory), l’hub nazionale contro la disinformazione coordinato dal centro di ricerca Data Lab dell’Università Luiss Guido Carli, che ha esplorato la fiducia e i comportamenti degli italiani nei confronti dell’informazione e delle fake news. Dall’indagine emerge come gli italiani non hanno dubbi sul significato stesso di “fake news”, ne sono a conoscenza e il 73% dichiara di essere in grado di riconoscerle (percentuale che aumenta a quasi l’80% tra i più giovani). La medesima fiducia, però, non è risposta nella capacità altrui: soltanto il 35% crede che le altre persone siano in grado di distinguere notizie vere da notizie false. In generale, tra i più giovani (18-30 anni) e i più scolarizzati le attività di controllo per analizzare l’attendibilità e affidabilità delle informazione online e, quindi, proteggersi dalla disinformazione sono maggiormente frequenti. 

I giovani credono di essere più preparati

La stragrande maggioranza degli italiani (7 su 10) si informa esclusivamente tramite fonti gratuite o solo 1 su 4 è disposto a pagare per accedere ad informazioni di cui si fida. Il termine “fake news” è ampiamente conosciuto e associato a diverse tipologie di notizie. Quelle considerate più diffuse e più pericolose dagli intervistati sono le notizie tendenziose, ovvero comunicate o interpretate in modo intenzionalmente modificato allo scopo di favorire particolari interessi. La maggioranza – più del 60% – sostiene che chi diffonde fake news sia consapevole del fatto che sono notizie false e che la principale motivazione sia economica (37%). Il restante 36% sostiene che chi diffonde fake news nella maggior parte dei casi pensa che la notizia sia vera e che la principale motivazione sia sociale (29%). Tra i più scolarizzati il quadro cambia: è il 57% a ritenere che chi diffonde una fake news non sia consapevole del fatto che la notizia sia falsa. L’indagine ha anche rilevato un ampio scostamento tra la percezione di essere personalmente in grado di distinguere fatti reali dalle fake news (73% crede di esserne in grado) e la considerazione di quanto le altre persone siano capaci di farlo (solo il 35% crede che siano in grado). Tra i più giovani e i più scolarizzati è più diffusa la fiducia nella propria capacità di distinguere fatti reali da fake news (quote sopra al 75%), mentre tra i più adulti è maggiormente diffusa la fiducia nella capacità delle altre persone in Italia (40%).

Come si scopre una bufala?

Quasi il 90% degli intervistati sostiene che la disinformazione sia diffusa in Italia e una quota simile si dichiara preoccupato per questo. Quest’ultimo dato risulta più basso tra i più giovani dove i preoccupati ammontano al 78%. Il 90% degli italiani dichiara di fare almeno un’attività di controllo davanti a un’informazione online. Le due più frequenti sono il controllo della credibilità dell’informazione e il controllo dell’informazione su diversi siti web e risultano eseguite da circa 1 cittadino su 2.
A seguire, il 44% controlla l’autenticità dell’indirizzo del sito web e il 31% controlla se regolarmente aggiornato. Altre attività vengono svolte da meno del 30% e non risultano essere particolarmente diffuse nel nostro Paese. Tra i più giovani e i più scolarizzati tutte le attività di controllo sono più frequenti: il 61% si accerta di autori e link, il 56% fa comparazioni con altri indirizzi web, il 38% bada che il sito sia aggiornato. Percentuali che crollano tra i più adulti e i meno scolarizzati.  

Informazioni utili

La lingua inglese è un “motore mentale” per gli italiani

Posted by Massimo Miceli on
La lingua inglese è un “motore mentale” per gli italiani

L’inglese è considerato dagli italiani uno strumento fondamentale non solo a livello professionale, ma anche per una maggiore apertura mentale verso altre culture e per stringere nuovi rapporti. Secondo i risultati della ricerca commissionata da Novakid, la scuola di inglese online, all’Istituto AstraRicerche, per oltre quattro italiani su dieci l’inglese è un “motore mentale” che ha spinto a stringere rapporti più stimolanti. In pratica, chi conosce l’inglese oggi probabilmente non sarebbe la stessa persona se non l’avesse studiato, non avrebbe avuto la stessa apertura verso le culture straniere, e probabilmente non avrebbe fatto le stesse esperienze in tema di viaggi. Grazie alla spinta ricevuta dalla conoscenza dell’inglese gli italiani si definiscono persone diverse. Una spinta ancora più importante per i giovani, per i quali la padronanza della lingua può cambiare le future opportunità sociali (87%) e lavorative (80%).

Fondamentale per i più giovani e per fare carriera

Secondo gli intervistati, una buona padronanza dell’inglese è essenziale soprattutto per i più giovani: il 59% dichiara sia importantissimo per i bambini nell’ambito di un percorso di apprendimento più fluido, per il 66% è essenziale per gli adolescenti, che un domani dovranno affacciarsi al mondo del lavoro, e il 62% lo ritiene fondamentale per i giovani alle prese con i primi passi della propria carriera.
Ma l’Inglese è ritenuto fondamentale (85%) non solo per i più giovani, ma anche per gli adulti e per i soggetti che hanno difficoltà lavorative. Il 67% degli intervistati è convinto che incida nell’occupazione e nel percorso di carriera, e il 28% pensa addirittura che faccia la differenza.
La percentuale più alta di chi lo ritiene fondamentale è composta principalmente da giovani dai 18-24 anni, e dal range più senior, dai 55-65 anni.

Una funzione sociale e culturale

Ma l’inglese non è considerato utile solo per la vita lavorativa: il 49% degli intervistati dichiara che la conoscenza di questa lingua è stata più che utile anche nella vita sociale e di relazione. In particolare, la conoscenza dell’inglese ha aiutato gli intervistati ad ‘aprirsi’ al mondo, alle culture straniere (56%), a viaggi ed esperienze (54%), e ai rapporti di amicizia (41%). È proprio questa funzione sociale e culturale dell’inglese che spinge molte persone a prediligere un metodo di apprendimento autonomo e personale, fatto di azioni quotidiane.

A mettere in crisi è soprattutto la pronuncia

Tanto che il 52% afferma di avere migliorato le proprie competenze grazie alla visione di contenuti multimediali in lingua, il 49% dà il merito a viaggi in paesi anglofoni, il 43% alla lettura di libri in inglese e il 40% all’ascolto di musica internazionale. Quanto agli aspetti della lingua che la popolazione italiana ritiene più difficili e ostici è la ‘conversazione’ l’elemento che più mette alla prova gli intervistati. Il 61% ritiene infatti difficile conseguire un buon livello di confidenza nel parlare, mentre il 59% ha difficoltà nell’ascolto e nella comprensione. A mettere in crisi gli italiani è soprattutto la pronuncia (difficile per il 69%), ma anche il vocabolario e la grammatica (rispettivamente 58% e 57%).

Informazioni utili

Caro bollette, le strategie degli italiani per spendere meno

Posted by Massimo Miceli on
Caro bollette, le strategie degli italiani per spendere meno

Non è certo un segreto che dall’inizio dell’anno ci sia stata una vera e propria stangata sui costi energetici. E i cittadini si sono visti recapitare bollette di luce e gas decisamente più pesanti rispetto a quelle dell’anno scorso. Per contrastare il caro bollette, i nostri connazionali hanno attivato una serie di strategie: dallo spegnere la luce al rinunciare alla colazione al bar fino a tagliare gli abbonamenti alle piattaforme streaming.

Quanto pesano luce e gas sui bilanci familiari? 

Una recente indagine condotta da Condexo, azienda che si occupa di gestioni condominiali, ha esplorato le opinioni della famiglie italiane che devono fare i conti con gli aumenti dei costi di elettricità e gas. Il nuovo anno per gli italiani si è aperto con una stangata: dal primo gennaio sono scattati gli aumenti che per il primo trimestre saranno del +55% per l’elettricità e +41,8% per il gas. Secondo la stima dell’Arera, l’Autorità di regolazione per Energia Reti e Ambiente, le nuove tariffe si tradurranno in una spesa per la famiglia-tipo di: +68% per la bolletta elettrica (circa 823 euro); +64% per la bolletta del gas (circa 1560 euro). Un caro bollette che peserà “molto” sull’economia familiare per il 75% degli intervistati da Condexo; “abbastanza” per il restante 25%. A pesare di più per il 60% dei 640 che hanno risposto al sondaggio il rincaro sull’elettricità. 

Obiettivo risparmio

Spinto dal desiderio di riuscire a risparmiare qualcosa, il 50% degli italiani intervistati sceglie di tenere meno luci accese in casa; il 44% farà invece un uso minore degli elettrodomestici, per far fronte al caro bollette meno lavatrici e lavastoviglie. Tra i rimedi il 25% degli intervistati ha dichiarato che sostituirà le vecchie lampadine con quelle a basso consumo; il 6% pensa invece di sostituire i vecchi elettrodomestici; il 3% l’impianto di riscaldamento. Solo il 19% è disposto ad abbassare le temperature dei termosifoni sotto i 22° nonostante ad ogni grado in meno rispetto a questo livello corrisponda un risparmio compreso tra i 6% e il 10% sul consumo. Per il 44% meglio optare per la minor dispersione del calore in casa: infissi ben chiusi, ambienti isolati e porte serrate, niente panni sui termosifoni da sottoporre a manutenzione insieme alla caldaia. Rincari che si ripercuotono anche sulle abitudini. Per far fronte alle maggiori spese per luce e gas il 65% degli intervistati da Condexo rinuncerà a pranzi e cene fuori; il 36% alla colazione al bar dove i rincari hanno fatto schizzare in alto il prezzo del caffè: secondo i calcoli di Assoutenti in alcuni casi raggiunge il prezzo di 1,50 euro la tazzina, con un rincaro del 37,6%. Il 33% taglierà su eventi sportivi dal vivo, quindi partite viste allo stadio o nei palazzetti dello sport. Il 25% rinuncerà agli abbonamenti a piattaforme streaming, stessa percentuale per chi dirà no a gite fuoriporta e piccoli viaggi o eventi culturali come cinema, teatro e mostre. Infine, un 8% ha dichiarato che taglierà le sigarette.

Informazioni utili

Le professioni più richieste nel 2022 sono tech

Posted by Massimo Miceli on
Le professioni più richieste nel 2022 sono tech

Jobtech ha condotto un’analisi sulle cinque professioni più richieste nel 2022 tra gli annunci in somministrazione nel mondo del retail, logistica, call center, hospitality e Ho.Re.Ca. Le oscillazioni dell’attività economica registrate in questi due anni di pandemia hanno determinato problemi di scarsità di manodopera in diverse aree, e un turnover più o meno forzato che ha prodotto, per chi cerca lavoro oggi, numerose opportunità di inserimento. E dai responsabili della logistica fino ai contabili i profili richiesti diventano sempre più tech. Ma anche nel mondo retail: secondo Jobtech un fenomeno in enorme crescita sono i dark store, i punti vendita che si occupano esclusivamente dello shopping online. I dark store rappresentano un ambito pronto ad assumere migliaia di dipendenti in tutta Italia: è prevista infatti la creazione di micro centri di distribuzione di quartiere in cui lavoreranno solo rider, ‘picker’, persone deputate alla preparazione degli ordini, e ‘packer’ (magazzinieri) e store manager.

Responsabili della logistica con competenze digitali

Il responsabile della logistica in un’azienda diventerà un ‘responsabile della soddisfazione del cliente’. Quindi dovrà occuparsi dell’analisi e l’automazione nei centri di evasione ordini, pianificazioni di percorsi, conferma della disponibilità del cliente a ricevere la spedizione. Tutto ciò richiede personale formato, digitale ed esperto, riporta Italpress.

Spinta alle assunzioni di camerieri, barman, chef e pizzaioli

La pandemia ha stravolto anche il comparto Ho.Re.Ca, producendo un drastico turnover della forza lavoro. Ciò comporterà, per il 2022, una spinta alle assunzioni di camerieri, barman, chef e pizzaioli. Le opportunità non mancheranno soprattutto per professionisti con esperienza, a cui si devono però garantire tutele e diritti.
Ma una delle cause della Great Resignation è la richiesta un miglior bilanciamento tra vita e lavoro. I sostenitori della Yolo Economy (You Only Live Once, si vive una volta sola), potranno quindi contare sulle numerose opportunità da remoto offerte anche dal mondo dei call center.

Le opportunità del remote working

Quello della contabilità è un settore che si è rivelato particolarmente appetibile per chi cerca un lavoro nel 2021. Prima di tutto le donne e chi cerca opportunità di remote working. Nel 2022 ci saranno opportunità soprattutto per chi, oltre alle skill richieste dal settore, vanterà competenze nella sostenibilità. I contabili saranno sempre più strategici per l’approccio green di un’azienda.
“Il lavoro in somministrazione rappresenta spesso il punto di partenza, o di ripartenza, della forza lavoro – dichiara il fondatore di Jobtech -. Ed è una buona notizia che per loro il mercato offra numerose opportunità di inserimento. Colmare il mismatch tra domanda e offerta rappresenterà per il 2022 la vera sfida da affrontare per dare spinta allo sviluppo del Paese. In un momento storico di profondo cambiamento il lavoro del futuro dovrà essere ibrido, in parte remoto e in parte in presenza, digitale e sicuro”.