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Prezzi all’ingrosso in aumento, dall’agroalimentare all’edilizia

Posted by Massimo Miceli on
Prezzi all’ingrosso in aumento, dall’agroalimentare all’edilizia

Identificare le cause per il caro vita odierno è un’operazione complessa. Di fatto, il 2022 si conferma come un anno di forte inflazione, dovuta a una combinazione di fattori, tra i quali i più recenti eventi geopolitici. I prezzi dell’agroalimentare, dei materiali da costruzione e dell’energia stanno toccando soglie decisamente elevate, che pesano sulle tasche delle famiglie e delle imprese. E per quanto riguarda l’agroalimentare, il settore dei cereali, in particolare, quello di frumento, mais, soia e oli vegetali, ha subito un forte rincaro a partire dallo scoppio della guerra tra Ucraina e Russia, con conseguenze sui settori dell’hospitality e ristorazione, già gravati dal caro energia.

Rincari per latte spot, carta e materiali edili

Il mercato dei cereali e dell’energia influenza anche quello del latte, che proviene da un periodo di grande difficoltà a causa del Covid-19. Gli allevatori sono costretti a diminuire il numero di mucche da produzione, e di conseguenza, la quantità di latte sul mercato, da qui il rincaro di latte spot e formaggi. Aumenti anche nel settore della carta e dei materiali per l’edilizia, che forti di una rapida ripresa post Covid-19 non hanno potuto soddisfare con la propria offerta l’abbondante domanda di beni. I prezzi sono lievitati a causa della scarsità di materie prime, e alcuni sostengono, spinti da un ulteriore speculazione dei soggetti intermediari. 

“Per le imprese diventa indispensabile stare al passo con i prezzi”

“La mancanza di materie prime ha fatto lievitare le importazioni dal Far East, Cina, Malesia, Indonesia, a causa dei costi di nolo e forti speculazioni – dichiara Alberto Zanotti, vicepresidente della Commissione Prezzi per le materie prime per saponeria, raffineria e stearineria -. Gli effetti sono devastanti per le nostre industrie. È diventato molto difficile lavorare. Alcune aziende, anche marchi importanti stanno segnando il passo e sono in fortissima difficoltà”.  Davanti a tempi tanto incerti per le imprese diventa quindi indispensabile stare al passo con i prezzi.

I numeri dalla CCIAA di Milano Monza Brianza Lodi

Secondo le variazioni dei prezzi all’ingrosso monitorate dalla CCIAA di Milano Monza Brianza Lodi, per il mais nazionale ad aprile 2022 la quota è pari a 382 euro a tonnellata contro i 292 euro di febbraio 2022. Vertiginoso aumento anche per gli oli vegetali: se da settembre a dicembre 2021 si era verificato un aumento di 30 euro/t, da dicembre 2021 ad aprile 2022 l’aumento è stato di 460 euro/t.
Il latte spot invece in un anno è passato dal prezzo alla tonnellata di 315 euro ad aprile 2021 a 525 euro/t oggi. Grande rincaro annuale anche per il Cartone in fogli, che subisce un aumento del 68% dal 2021, e per la Carta per fotocopiatrici, che segue con un +23% nello stesso periodo. E ancora, per i materiali da costruzione, un aumento annuale del 50% per il polietilene reticolato espanso, un’isolante acustico, mentre i rottami di metallo e acciaio balzano al 75% in più in un anno.

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Contratti collettivi, cresce leggermente la retribuzione oraria media

Posted by Massimo Miceli on
Contratti collettivi, cresce leggermente la retribuzione oraria media

Come di consueto, l’Istat fotografa lo stato dell’arte dei contratti collettivi in atto nel nostro Paese. La situazione non è esattamente rosea, anche se ci sono dei segnali di ottimismo. Questi i dati aggiornati al primo trimestre di quest’anno. Alla fine di marzo 2022, i 39 contratti collettivi nazionali in vigore per la parte economica riguardano il 44,6% dei dipendenti – circa 5,5 milioni di individui– e corrispondono al 45,7% del monte retributivo complessivo. In sintesi, come spiega una nota dell’Ufficio di Statistica, l’aumento della spinta inflazionistica nel 2022 “porterebbe a una perdita di potere d’acquisto valutabile in quasi cinque punti percentuali”.

Recepiti cinque contratti

Nel corso del primo trimestre 2022 sono stati recepiti cinque contratti. Si tratti di quelli riferiti a scuola privata religiosa, cemento, calce e gesso, edilizia, mobilità – attività ferroviarie e Rai. I contratti che, a fine marzo 2022, sono in attesa di rinnovo salgono a 34 e coinvolgono circa 6,8 milioni di dipendenti, il 55,4% del totale. Uno dei dati preoccupanti riguarda invece il tempo medio di rinnovo dei contratti, che si è dilatato e anche di molto. Come riporta la nota dell’Istat, il tempo medio di attesa di rinnovo per i lavoratori con contratto scaduto, tra marzo 2021 e marzo 2022, è aumentato da 22,6 a 30,8 mesi, mentre per fortuna diminuisce lievemente per il totale dei dipendenti (da 17,7 a 17,0 mesi).

Come cambiano le retribuzioni

L’andamento delle retribuzioni fa segnare qualche dato ottimistico, anche se la crescita resta contenuta. La retribuzione oraria media nel periodo gennaio-marzo 2022 è dello 0,6% più elevata rispetto allo stesso periodo del 2021. L’indice delle retribuzioni contrattuali orarie a marzo 2022 segna un aumento dello 0,1% rispetto al mese precedente e dello 0,7% rispetto a marzo 2021. In particolare, l’aumento tendenziale è stato dell’1,6% per i dipendenti dell’industria, dello 0,4% per quelli dei servizi privati ed è stato nullo per i lavoratori della pubblica amministrazione. I settori che presentano gli aumenti tendenziali più elevati sono quelli delle farmacie private (+3,9%), dell’edilizia (+3,3%), delle telecomunicazioni (+2,5%) e del legno, carta e stampa (+2,3%). L’incremento è invece nullo per il commercio, i servizi di informazione e comunicazione, il credito e assicurazioni e la pubblica amministrazione.

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Digital transformation e green revolution guidano le imprese nel 2022

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Digital transformation e green revolution guidano le imprese nel 2022

La digital transformation e la green revolution sono i trend che guidano il mondo dell’impresa veneta nel 2022. Sul primo fronte le aziende venete hanno iniziato a lavorare e a investire da molto tempo, mentre sulla sostenibilità sono partite più di recente, ma sarà questo il focus per i prossimi anni. È quanto emerge da uno studio condotto da Fòrema, ente di formazione di Assindustria VenetoCentro, su un campione di 172 aziende venete, piccole, medie e grandi. A causa della crisi nel reperimento delle materie prime molti settori industriali però stanno rallentando la produzione. Oltre a mercati resi incerti dalla guerra in corso, lo scenario si complica per la coda lunga della crisi pandemica e i primi segnali di inflazione.

Il 30% delle aziende prevede un aumento delle attività

Ma come cambierà l’azienda nei prossimi tre anni in termini di attività, funzioni e relazioni organizzative? Il 30% delle aziende intervistate, in maggioranza appartenente al settore industriale e metalmeccanico, prevede un aumento delle attività, e il 17% si aspetta un cambiamento radicale dell’azienda, contro il 16% che si aspetta una struttura organizzativa sostanzialmente simile a quella attuale. In termini assoluti prevale l’aspettativa di prossime modifiche a processi, attività e modelli di lavoro (15%), e solo il 2% dichiara di non essere in grado di fare previsioni. Le grandi aziende prospettano trasformazioni più radicali rispetto alle Pmi, sia in termini quantitativi (aumento di funzioni/attività o focalizzazione) sia qualitativi (nuovi processi e relazioni).

In cerca di figure capaci di riprogettare la gestione dei flussi di materiali

Per affrontare la situazione, le aziende puntano a nuove professionalità. In molti stanno assumendo nuovi Chief Technology Officer-IT manager, tecnici capaci di individuare le migliori tecnologie da applicare ai prodotti o ai servizi che l’azienda produce. Anche i Digital manufacturing manager sono profili su cui puntano le imprese, profili che nei processi produttivi sappiano usare le innovazioni.
Su tutte, però, emerge l’attenzione per figure capaci di riprogettare e pianificare la produzione e la gestione dei flussi di materiali in ingresso e in uscita sulle linee produttive. In questo periodo di crisi dei costi dei materiali sono infatti figure fondamentali per mantenere redditizio il ciclo produttivo.

Adeguare le competenze in ambito digitale

In tema di digitalizzazione, il 52% delle aziende dichiara di aver già realizzato interventi formativi per adeguare le competenze in ambito digitale. Solo il 25% dichiara azioni scarse o nulle in quest’ambito.
I processi di digitalizzazione hanno coinvolto la maggior parte delle aziende intervistate, anche se tali processi riguardano prevalentemente i settori progettazione e direzionale, e in minor parte i profili più operativi. Sul tema della sostenibilità, invece, meno della metà delle aziende (42%) dichiara di aver realizzato azioni specifiche per dotarsi di competenze per una maggiore sostenibilità d’impresa. Di queste, il 15% parla di azioni complete e concluse, e il restante 27% riferisce azioni incomplete. Il campione di aziende che invece dichiara di non aver ancora fatto nulla in tema di sostenibilità si attesta al 37%.

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Per Instagram in arrivo 7 novità per la chat

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Per Instagram in arrivo 7 novità per la chat

Lo ha annunciato Meta, che in una nota ufficiale della compagnia ha dichiarato che le novità in arrivo per la chat di Instagram saranno disponibili per tutti. Dalla posta silenziosa ai sondaggi nelle chat di gruppo fino alle condivisioni rapide di canzoni, le aggiunte verranno infatti progressivamente estese a tutto il mondo, e saranno valide sia per i sistemi iOS sia per quelli Android. Insomma, è ufficiale: ha inizio il roll out di un aggiornamento di Instagram, che introdurrà diverse novità nella sezione di messaggistica della nota app del Gruppo Meta. Si tratta di revisioni che puntano alla strategia a lungo termine di Meta, che desidera in futuro unificare l’app di messaggistica Messenger di Facebook, quella di Instagram e WhatsApp.

Chattare sarà più facile, rapido e comodo

La prima novità riguarda le risposte durante la navigazione. Quando si riceve un nuovo messaggio mentre si naviga nel feed sarà possibile rispondere senza andare nella casella di posta. Questa nuova funzionalità rende molto più facile e comodo chattare quando si è già all’interno dell’app. La seconda novità è la condivisione rapida. Toccando e tenendo premuto il pulsante di condivisione si potrà ricondividere facilmente i post. Mentre la terza, verrà introdotta per scoprire chi è online. Nella parte superiore della casella di posta si potrà infatti vedere chi è libero di chattare in quel momento.

Un’integrazione con Apple Music, Amazon Music e Spotify

La quarta novità darà la possibilità agli utenti di Instagram di riprodurre, mettere in pausa e ripetere brani musicali. Grazie all’integrazione con Apple Music, Amazon Music e Spotify, si potrà condividere nei messaggi un’anteprima di 30 secondi di un brano e i gli amici potranno ascoltarlo direttamente dalla finestra della chat. Quinta novità, inviare messaggi “silenziosi”. Con questa funzionalità sarà possibile inviare messaggi senza avvisare gli amici a tarda notte, o quando gli interlocutori sono occupati, aggiungendo ‘@silent’ al messaggio, senza perciò preoccuparsi di inviare notifiche indesiderate.

Dal tema lo-fi ai sondaggi

La penultima novità per la messaggistica di Instagram, riporta Adnkronos, è il tema lo-fi per la chat. Si tratta di un nuovo tema della chat lo-fi (bassa fedeltà, contrazione del termine in lingua inglese low fidelity) per rendere le conversazioni più personali e creative. Infine, la settima e ultima novità annunciata da Meta riguarda la possibilità di creare un sondaggio. Questa è già una delle funzionalità di chat di gruppo più amate di Messenger per creare un sondaggio direttamente nella chat di gruppo, e verrà estesa anche al sistema di messaggistica di Instagram.

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Fake news, gli italiani sanno riconoscerle?

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Fake news, gli italiani sanno riconoscerle?

Gli italiani sanno riconoscere le fake news? E come si rapportano al vasto – e non sempre attendibile – mondo dell’informazione? Questo difficile rapporto tra verità e bufale è stato al centro di una recente ricerca Ipsos per IDMO (Italian Digital Media Observatory), l’hub nazionale contro la disinformazione coordinato dal centro di ricerca Data Lab dell’Università Luiss Guido Carli, che ha esplorato la fiducia e i comportamenti degli italiani nei confronti dell’informazione e delle fake news. Dall’indagine emerge come gli italiani non hanno dubbi sul significato stesso di “fake news”, ne sono a conoscenza e il 73% dichiara di essere in grado di riconoscerle (percentuale che aumenta a quasi l’80% tra i più giovani). La medesima fiducia, però, non è risposta nella capacità altrui: soltanto il 35% crede che le altre persone siano in grado di distinguere notizie vere da notizie false. In generale, tra i più giovani (18-30 anni) e i più scolarizzati le attività di controllo per analizzare l’attendibilità e affidabilità delle informazione online e, quindi, proteggersi dalla disinformazione sono maggiormente frequenti. 

I giovani credono di essere più preparati

La stragrande maggioranza degli italiani (7 su 10) si informa esclusivamente tramite fonti gratuite o solo 1 su 4 è disposto a pagare per accedere ad informazioni di cui si fida. Il termine “fake news” è ampiamente conosciuto e associato a diverse tipologie di notizie. Quelle considerate più diffuse e più pericolose dagli intervistati sono le notizie tendenziose, ovvero comunicate o interpretate in modo intenzionalmente modificato allo scopo di favorire particolari interessi. La maggioranza – più del 60% – sostiene che chi diffonde fake news sia consapevole del fatto che sono notizie false e che la principale motivazione sia economica (37%). Il restante 36% sostiene che chi diffonde fake news nella maggior parte dei casi pensa che la notizia sia vera e che la principale motivazione sia sociale (29%). Tra i più scolarizzati il quadro cambia: è il 57% a ritenere che chi diffonde una fake news non sia consapevole del fatto che la notizia sia falsa. L’indagine ha anche rilevato un ampio scostamento tra la percezione di essere personalmente in grado di distinguere fatti reali dalle fake news (73% crede di esserne in grado) e la considerazione di quanto le altre persone siano capaci di farlo (solo il 35% crede che siano in grado). Tra i più giovani e i più scolarizzati è più diffusa la fiducia nella propria capacità di distinguere fatti reali da fake news (quote sopra al 75%), mentre tra i più adulti è maggiormente diffusa la fiducia nella capacità delle altre persone in Italia (40%).

Come si scopre una bufala?

Quasi il 90% degli intervistati sostiene che la disinformazione sia diffusa in Italia e una quota simile si dichiara preoccupato per questo. Quest’ultimo dato risulta più basso tra i più giovani dove i preoccupati ammontano al 78%. Il 90% degli italiani dichiara di fare almeno un’attività di controllo davanti a un’informazione online. Le due più frequenti sono il controllo della credibilità dell’informazione e il controllo dell’informazione su diversi siti web e risultano eseguite da circa 1 cittadino su 2.
A seguire, il 44% controlla l’autenticità dell’indirizzo del sito web e il 31% controlla se regolarmente aggiornato. Altre attività vengono svolte da meno del 30% e non risultano essere particolarmente diffuse nel nostro Paese. Tra i più giovani e i più scolarizzati tutte le attività di controllo sono più frequenti: il 61% si accerta di autori e link, il 56% fa comparazioni con altri indirizzi web, il 38% bada che il sito sia aggiornato. Percentuali che crollano tra i più adulti e i meno scolarizzati.  

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La lingua inglese è un “motore mentale” per gli italiani

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La lingua inglese è un “motore mentale” per gli italiani

L’inglese è considerato dagli italiani uno strumento fondamentale non solo a livello professionale, ma anche per una maggiore apertura mentale verso altre culture e per stringere nuovi rapporti. Secondo i risultati della ricerca commissionata da Novakid, la scuola di inglese online, all’Istituto AstraRicerche, per oltre quattro italiani su dieci l’inglese è un “motore mentale” che ha spinto a stringere rapporti più stimolanti. In pratica, chi conosce l’inglese oggi probabilmente non sarebbe la stessa persona se non l’avesse studiato, non avrebbe avuto la stessa apertura verso le culture straniere, e probabilmente non avrebbe fatto le stesse esperienze in tema di viaggi. Grazie alla spinta ricevuta dalla conoscenza dell’inglese gli italiani si definiscono persone diverse. Una spinta ancora più importante per i giovani, per i quali la padronanza della lingua può cambiare le future opportunità sociali (87%) e lavorative (80%).

Fondamentale per i più giovani e per fare carriera

Secondo gli intervistati, una buona padronanza dell’inglese è essenziale soprattutto per i più giovani: il 59% dichiara sia importantissimo per i bambini nell’ambito di un percorso di apprendimento più fluido, per il 66% è essenziale per gli adolescenti, che un domani dovranno affacciarsi al mondo del lavoro, e il 62% lo ritiene fondamentale per i giovani alle prese con i primi passi della propria carriera.
Ma l’Inglese è ritenuto fondamentale (85%) non solo per i più giovani, ma anche per gli adulti e per i soggetti che hanno difficoltà lavorative. Il 67% degli intervistati è convinto che incida nell’occupazione e nel percorso di carriera, e il 28% pensa addirittura che faccia la differenza.
La percentuale più alta di chi lo ritiene fondamentale è composta principalmente da giovani dai 18-24 anni, e dal range più senior, dai 55-65 anni.

Una funzione sociale e culturale

Ma l’inglese non è considerato utile solo per la vita lavorativa: il 49% degli intervistati dichiara che la conoscenza di questa lingua è stata più che utile anche nella vita sociale e di relazione. In particolare, la conoscenza dell’inglese ha aiutato gli intervistati ad ‘aprirsi’ al mondo, alle culture straniere (56%), a viaggi ed esperienze (54%), e ai rapporti di amicizia (41%). È proprio questa funzione sociale e culturale dell’inglese che spinge molte persone a prediligere un metodo di apprendimento autonomo e personale, fatto di azioni quotidiane.

A mettere in crisi è soprattutto la pronuncia

Tanto che il 52% afferma di avere migliorato le proprie competenze grazie alla visione di contenuti multimediali in lingua, il 49% dà il merito a viaggi in paesi anglofoni, il 43% alla lettura di libri in inglese e il 40% all’ascolto di musica internazionale. Quanto agli aspetti della lingua che la popolazione italiana ritiene più difficili e ostici è la ‘conversazione’ l’elemento che più mette alla prova gli intervistati. Il 61% ritiene infatti difficile conseguire un buon livello di confidenza nel parlare, mentre il 59% ha difficoltà nell’ascolto e nella comprensione. A mettere in crisi gli italiani è soprattutto la pronuncia (difficile per il 69%), ma anche il vocabolario e la grammatica (rispettivamente 58% e 57%).

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Il mercato dei farmaci generici

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Il mercato dei farmaci generici

L’Osservatorio sul sistema dei farmaci generici realizzato da Nomisma per Egualia (già Assogenerici) ha esaminato le principali voci di bilancio di 335 società di capitali, divise in 81 imprese di farmaci generici e 254 di farmaci non generici.

“Osservando l’andamento del volume d’affari delle imprese di farmaci generici si nota una crescita strutturale tra il 2014 e il 2019: i ricavi sono aumentati del +8% ogni anno e del +47,9% complessivamente, attestandosi nel 2019 a oltre 4,3 miliardi di euro”, commenta Lucio Poma, coordinatore scientifico Nomisma. Inoltre, nel periodo 2014-2019 l’incremento occupazionale supera il 31% tra le imprese di farmaci generici, e a fine periodo il numero di dipendenti si attesta a oltre 8.600 unità, 400 in più rispetto all’anno precedente.

Redditività ed EBITDA meno performanti dei farmaci non generici 

Nonostante un volume di ricavi che cresce a un ritmo più sostenuto, le imprese di farmaci generici presentano una minor capacità di generare redditività rispetto alle società che si occupano di farmaci non generici. Il margine operativo lordo (EBITDA) registra una tendenza, rispetto ai ricavi, strutturalmente meno performante per le imprese di farmaci generici, oscillando nel periodo 2014-2019 tra il 10,6% del 2019 e l’11,3% del 2017. Le imprese che si occupano di farmaci non generici, invece, mostrano valori costantemente superiori, attestandosi al 15,1% nel 2019, segnalando una distanza di redditività che tende ad amplificarsi.

La farmaceutica territoriale

Nel 2020 la spesa farmaceutica territoriale totale, pubblica e privata, ammontava a 20,5 miliardi di euro, -2,6% rispetto al 2019, allineandosi a valori simili a quelli del 2018. L’analisi per tipologia di farmaci venduti mette in evidenza un dato interessante: fra il 2009 al 2020 le vendite di generici sono aumentate del 119% a volume e del 148% a valore. Parallelamente si è verificata una graduale diminuzione della presenza di farmaci coperti da brevetto, le cui confezioni sul mercato si sono ridotte di circa 328 milioni di unità (-65%), circa -5,6 miliardi di euro (-63%) a valore. Ciò ha determinato una riconfigurazione delle quote delle tipologie di farmaci sul mercato totale, e dal 2009 al 2020 il peso dei farmaci generici è passato dal 14% al 30% in volumi e dal 7% al 21% in valori.

La spesa per la farmaceutica ospedaliera

Al fianco della farmaceutica territoriale, il canale di vendita più importante dei farmaci generici è costituito dalla farmaceutica ospedaliera. I dati 2020 evidenziano come l’emergenza pandemica abbia ridotto i consumi ospedalieri a volume, passati da 1,5 miliardi di unità minime frazionabili di medicinali a 1,3 miliardi (-14,1%). Tuttavia, i risultati dell’ultimo anno non hanno alterato le quote sul mercato. “Continua, infatti, l’ascesa dei farmaci generici, che nonostante il decremento assoluto in termini di incidenza sul totale mantengono il proprio posizionamento, passando dal 29,8% del 2019 al 30% del 2020”, prosegue Poma. Inoltre, si conferma il trend favorevole che ha visto aumentare le vendite dell’11,5% nell’ultimo quadriennio, con un guadagno di quota del 6,6%.

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Chi sono i ragazzi della Gen Z? Da uno studio poche conferme e molte novità

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Chi sono i ragazzi della Gen Z? Da uno studio poche conferme e molte novità

I ragazzi della Generazione Z continuano a cambiare ancora prima di riuscire a comprenderli, e se gli ultimi due anni sono stati molto particolari questo ha influito parecchio sull’idea che ci si è fatti di loro. Di fatto, nella ‘narrazione’ corrente sui ragazzi nati dal 1995 al 2010 alcune cose vanno riviste.
È quanto emerge da un’indagine realizzata da Eumetra International condotta tramite 10.000 interviste effettuate in Italia, Francia, Germania, Uk e Spagna, che mette a confronto la Gen Z con le altre generazioni, approfondendone i valori e gli atteggiamenti di base.

I più ‘anziani’ li superano per rispetto della natura

Quando si parla di Gen Z si pensa ai paladini assoluti del rispetto della natura, votati all’indipendenza, portatori di un nuovo modo di pensare e relazionarsi al mondo del lavoro, più libero, magari basato sulla capacità di fare di necessità virtù. Ma adesso non è più del tutto così. Su alcuni aspetti sono stati superati dai più anziani, ad esempio, proprio sul rispetto della natura. Su altri i Gen Z si sono avvicinati a modelli più consueti, ad esempio, nella relazione con il denaro e nelle aspettative sul lavoro, non più necessariamente indipendente e in divenire, ma, se possibile, sicuro e remunerativo, e soprattutto, calzante con le loro esigenze. Il passaggio chiave è proprio questo: la Gen Z sembra possedere una maggiore centratura su di sé, forse proprio in conseguenza della pandemia.

Fare i conti con un futuro che nessuno prima di loro ha dovuto affrontare

Di certo questo periodo ha lasciato molti strascichi su di loro: rabbia in alcuni, voglia di recuperare il tempo perduto in altri e in tanti una sensazione di solitudine ineluttabile, prima obbligata e ora voluta, necessaria al loro equilibrio. Cicatrici che si sono mescolate ai cambiamenti fisiologici della crescita, soprattutto al dover iniziare a fare i conti con un futuro che forse nessuna delle generazioni precedenti ha dovuto affrontare in condizioni di simile incertezza. Trovare il legame tra ogni singola causa e il relativo effetto è esercizio complesso, tanto più che alcuni di questi ragazzi hanno ormai 25 anni, e il futuro hanno già iniziato a viverlo.

Guardiamoli per quello che sono: individui che si accingono all’età adulta in un contesto difficile

Dunque, guardiamoli per quello che sono: individui che si accingono all’età adulta, destinati a ricoprire un ruolo fondamentale in un contesto difficile. E quando sono obbligati a sperimentarsi con gli snodi della vita finiscono per assomigliarci più di quanto noi stessi crediamo.
Inoltre, che fossero lontani dal mondo delle marche è una conferma. Ma adesso hanno l’esigenza di orientarsi nelle scelte di consumo che sono tenuti a praticare: come riuscire a ingaggiarli in queste scelte?

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Influencer marketing, aumentano i post ‘trasparenti’

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Influencer marketing, aumentano i post ‘trasparenti’

Creator e influencer indirizzano sempre più le scelte di acquisto dei propri follower, spingendoli all’acquisto di prodotti e servizi. Per farlo devono però inserire gli hashtag della trasparenza, ovvero segnalando che il post è di carattere commerciale. Una pratica che si sta consolidando nel tempo, anche parallelamente all’incremento delle campagne adv.  Nell’ultimo anno, ad esempio, su Instagram i post trasparenti sono aumentati del +69%. È quanto emerge dall’analisi condotta dall’Osservatorio istituito da Buzzoole, tech company specializzata in tecnologie e servizi per l’Influencer Marketing, che ha analizzato tutti i post pubblicati in lingua italiana che utilizzano gli hashtag della trasparenza suddivisi per settore, oltre ai brand più attivi sui social.

Instagram si riconferma luogo preferito per le attività dei creator

Lo studio La trasparenza nell’Influencer Marketing ha interessato tutti i post (a esclusione delle Storie) pubblicati su Instagram, Youtube, Twitter e Facebook, contenenti gli hashtag della trasparenza più utilizzati: #ad, #adv, #sponsorizzato, #sponsored, #sponsoredby, #gifted, #giftedby, #supplied e #advertising. Dall’analisi emerge che nel 2021 sono stati pubblicati 426.233 contenuti trasparenti, per 214 milioni di interazioni.
Anche nel 2021 Instagram viene riconfermato come luogo preferito per le attività dei creator, con il 65,4% dei post e l’88,2% delle interazioni generate. Al secondo posto c’è Twitter (30,3% dei post), mentre per quanto riguarda  Facebook il dato è sottostimato (3,7%), in quanto per motivi di privacy la piattaforma non permette di effettuare rilevazioni puntuali.

Moda e cosmetica i settori più attenti alle regole

La moda (abbigliamento e calzature) si riconferma l’industria più attenta alle regole, con il 29,2% dei post trasparenti. Al secondo posto, la cosmetica (prodotti per la cura del corpo), con il 13,9%, e al terzo il food, che diventa protagonista con il 9,8% dei post, guadagnando 3,3 punti percentuali.
A seguire il mondo della tecnologia (elettronica di consumo), con il 9% dei post, l’intrattenimento (tv, gaming), con l’8,7% dei post, gli accessori (borse, orologi e gioielli), con l’8,6%, e il beverage, con il 4,4%.
Come nel 2020 anche nell’ultimo anno emerge il comparto health care, con un 3,1% di post trasparenti, incentrati soprattutto sull’igiene personale e i dispositivi di sicurezza per proteggersi dal contagio.

Stagionalità e interazioni

In concomitanza alle prime riaperture da parte del governo, riporta Ansa, c’è stato un aumento anche delle campagne sponsorizzate da parte dei brand. Un altro momento particolarmente attivo è stato quello a ridosso del Black Friday e quello delle feste di fine anno.
In particolare, il settore della moda ha registrato un picco durante il mese di settembre durante la Fashion Week.
I mesi estivi, invece, hanno rappresentato il periodo ideale da parte dei brand food per promuovere i prodotti attraverso il coinvolgimento degli influencer. Rispetto alle interazioni totali (like, commenti, condivisioni) la moda cattura il 33,3% delle interazioni complessive, mentre la bellezza il 13,7% e l’entertainment l’11,3%.

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Caro bollette, le strategie degli italiani per spendere meno

Posted by Massimo Miceli on
Caro bollette, le strategie degli italiani per spendere meno

Non è certo un segreto che dall’inizio dell’anno ci sia stata una vera e propria stangata sui costi energetici. E i cittadini si sono visti recapitare bollette di luce e gas decisamente più pesanti rispetto a quelle dell’anno scorso. Per contrastare il caro bollette, i nostri connazionali hanno attivato una serie di strategie: dallo spegnere la luce al rinunciare alla colazione al bar fino a tagliare gli abbonamenti alle piattaforme streaming.

Quanto pesano luce e gas sui bilanci familiari? 

Una recente indagine condotta da Condexo, azienda che si occupa di gestioni condominiali, ha esplorato le opinioni della famiglie italiane che devono fare i conti con gli aumenti dei costi di elettricità e gas. Il nuovo anno per gli italiani si è aperto con una stangata: dal primo gennaio sono scattati gli aumenti che per il primo trimestre saranno del +55% per l’elettricità e +41,8% per il gas. Secondo la stima dell’Arera, l’Autorità di regolazione per Energia Reti e Ambiente, le nuove tariffe si tradurranno in una spesa per la famiglia-tipo di: +68% per la bolletta elettrica (circa 823 euro); +64% per la bolletta del gas (circa 1560 euro). Un caro bollette che peserà “molto” sull’economia familiare per il 75% degli intervistati da Condexo; “abbastanza” per il restante 25%. A pesare di più per il 60% dei 640 che hanno risposto al sondaggio il rincaro sull’elettricità. 

Obiettivo risparmio

Spinto dal desiderio di riuscire a risparmiare qualcosa, il 50% degli italiani intervistati sceglie di tenere meno luci accese in casa; il 44% farà invece un uso minore degli elettrodomestici, per far fronte al caro bollette meno lavatrici e lavastoviglie. Tra i rimedi il 25% degli intervistati ha dichiarato che sostituirà le vecchie lampadine con quelle a basso consumo; il 6% pensa invece di sostituire i vecchi elettrodomestici; il 3% l’impianto di riscaldamento. Solo il 19% è disposto ad abbassare le temperature dei termosifoni sotto i 22° nonostante ad ogni grado in meno rispetto a questo livello corrisponda un risparmio compreso tra i 6% e il 10% sul consumo. Per il 44% meglio optare per la minor dispersione del calore in casa: infissi ben chiusi, ambienti isolati e porte serrate, niente panni sui termosifoni da sottoporre a manutenzione insieme alla caldaia. Rincari che si ripercuotono anche sulle abitudini. Per far fronte alle maggiori spese per luce e gas il 65% degli intervistati da Condexo rinuncerà a pranzi e cene fuori; il 36% alla colazione al bar dove i rincari hanno fatto schizzare in alto il prezzo del caffè: secondo i calcoli di Assoutenti in alcuni casi raggiunge il prezzo di 1,50 euro la tazzina, con un rincaro del 37,6%. Il 33% taglierà su eventi sportivi dal vivo, quindi partite viste allo stadio o nei palazzetti dello sport. Il 25% rinuncerà agli abbonamenti a piattaforme streaming, stessa percentuale per chi dirà no a gite fuoriporta e piccoli viaggi o eventi culturali come cinema, teatro e mostre. Infine, un 8% ha dichiarato che taglierà le sigarette.