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L’86% degli italiani nonostante la pandemia cerca una nuova casa

Posted by Massimo Miceli on
L’86% degli italiani nonostante la pandemia cerca una nuova casa

Che si tratti di vendita o affitto la gran parte degli oltre 3.200 intervistati dalla survey di Idealista afferma di non aver cambiato orientamento rispetto ai propri criteri di scelta di un’abitazione. A causa della pandemia solo il 14% degli italiani rispondenti avrebbe cambiato le preferenze di ricerca per il 2021, mentre l’85,9% di loro non avrebbe cambiato idea negli ultimi 12 mesi e più. In termini percentuali si arriva fino all’87,3% per le persone interessate ad acquistare casa, contro l’81,5% di chi cerca una casa da affittare.

Le ricerche di case in vendita

Inoltre, il 44,1% del campione sono potenziali acquirenti di prima casa, mentre la metà degli utenti che cercano una casa da acquistare ne possiede già una di proprietà (49,2%).  Il profilo sociodemografico di chi affronta il processo di ricerca online risponde poi ai seguenti parametri: uomo tra i 45 e i 56 anni, vive in coppia con figli e ha un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Il processo di acquisto della casa è un processo che richiede tempo, più di un anno per il 34,3% degli intervistati, e l’interesse per l’acquisto è circoscritto principalmente al comune di residenza (53,3% del totale).

Il processo di affitto è più rapido di quello di compravendita

La tipologia abitativa più ricercata è il 3 locali (52,9% dei potenziali compratori), con un prezzo che oscilla tra i 100.000 e i 200.000 euro. In termini di fabbisogno finanziario, il gruppo più numeroso di potenziali acquirenti dichiara di aver bisogno di un mutuo tra il 50% e l’80% del valore della casa. Il processo di affitto invece è molto più rapido di quello di compravendita: il 18,8% sta cercando casa da meno di un mese, mentre il gruppo più numeroso (27,2%) dichiara avere iniziato il processo di ricerca da 1 a 3 mesi, e il 20,6% porta avanti il processo di ricerca da più di un anno.

Nella ricerca di affitto prevale la domanda al femminile

Le ricerche di case in affitto vedono prevalere la domanda al femminile, distribuita in modo piuttosto indifferenziato per più fasce di età. Si tratta per il 28% delle rispondenti di donne single, o che vivono in coppie senza figli, questi due gruppi insieme compongono oltre il 55% del campione, riporta Askanews.  Le utenti del portale hanno un contratto a tempo indeterminato e non posseggono una casa di proprietà. Cercano per lo più 3 locali, per un canone di spesa che va dai 450 ai 600 euro/mese. La percentuale di reddito destinata all’affitto di solito è compresa tra il 26% e il 35%.

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Dove posizionare in casa un condizionatore d’aria

Posted by Massimo Miceli on

Sicuramente il desiderio di tutti è quello di vivere in un ambiente sempre fresco e accogliente anche nei caldi mesi estivi. Nel nostro piccolo, possiamo facilitare il lavoro del nostro nuovo condizionatore d’aria consentendogli di essere più efficiente e al tempo stesso di consumare meno energia. Tutto ciò dipende esclusivamente dalla corretta collocazione del dispositivo all’interno di casa.

Quali ambienti di casa desideri rinfrescare?

Bisogna innanzitutto individuare quelle che sono le stanze che desideriamo raffreddare maggiormente rispetto le altre. Potremmo ad esempio avere necessità di rinfrescare le camere da letto o in alternativa la zona giorno, oppure direttamente tutta la casa.

Da questa scelta dipende a sua volta il modello di condizionatore d’aria che andremo a scegliere, in quanto per raffreddare un ambiente particolarmente grande è necessario il dispositivo che sia più potente.

Il corridoio è una posizione strategica

Nel caso in cui si desideri rinfrescare tutta la casa, bisogna considerare che una buona posizione potrebbe essere l’area della zona giorno. Qui il climatizzatore potrebbe essere posizionato in direzione del corridoio così da riuscire a rinfrescare anche tutte le altre stanze di casa.

Probabilmente questa non sarà la migliore soluzione per quel che riguarda l’estetica, ma è necessaria per ottenere una riduzione della temperatura in tutto l’appartamento. Ad ogni modo i nuovi modelli di condizionatori Mitsubishi sono il massimo anche dal punto di vista del design e dell’estetica.

Anche l’unità esterna necessita di essere posizionata laddove non viene colpita direttamente dai raggi del sole, altrimenti sarà costretta a lavorare di più per poter regolare la sua temperatura interna.

Infine, è importante ricordare che l’unità esterna non deve essere posizionata dove questa può essere raggiunta dalle foglie degli alberi ad esempio, oppure polvere e detriti. In questo caso infatti, la macchina sarebbe più soggetta a sporcizia e malfunzionamenti.

Tenere conto di queste semplice indicazioni consentirà di usufruire al meglio del nuovo dispositivo e riuscire così a rinfrescare perfettamente agli ambienti desiderati.

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Portafoglio contro smartphone: chi vince e perché

Posted by Massimo Miceli on
Portafoglio contro smartphone: chi vince e perché

Fino a pochi anni fa il portafoglio era il “contenitore” di tutti gli aspetti più significativi della nostra vita. Documenti, carte di credito, patente, banconote trovavano tutti posto dentro il portafoglio, che in qualche modo rappresentava anche l’oggetto “simbolo” dell’età adulta. Ma è ancora così? Non esattamente. Oggi i compiti che tradizionalmente sono stati affidati e rinchiusi tra gli scomparti di portafogli più o meno corposi sono stati trasferiti allo smartphone, che di fatto ha sostituito le funzionalità di soldi, carte fisiche, addirittura dei documenti. Una rivoluzione così significativa che viene da domandarsi se oggi ha ancor senso uscire di casa con il portafoglio, dato che l’identità, i documenti e i sistemi di pagamento sono stati smaterializzati e possono essere conservati in forma digitale.

Per il momento siamo ancora… tradizionalisti

Una recente ricerca condotta da Human Highway su un campione di 1.000 individui, rappresentativi dei 41 milioni di italiani online, ha posto l’amletica domanda: “Se ieri ti fosse capitato di perdere uno di questi due oggetti, quale preferiresti aver perduto? Il portafoglio o il cellulare?”. Un po’ a sorpresa, il 59,1% degli intervistati dichiara che ieri avrebbe preferito perdere lo smartphone e dà quindi maggior valore al portafoglio. Ma come si spiega questa scelta?

Forse le incombenze burocratiche spaventano maggiormente

Chi ha condotto la ricerca precisa che questa risposta – meglio perdere lo smartphone rispetto al portafoglio – potrebbe essere influenzata da viversi fattori. Mentre pare non esserci un particolare legame con il valore economico dell’oggetto in sé, gli italiani sembrerebbero preoccupati soprattutto dalla conseguente gestione dell’incidente. Insomma, i nostri connazionali temono tutti i passaggi burocratici legati a denuncia, richieste, riconfigurazione, perdita di informazioni, disagi immediati etc. Tuttavia, la semplicità della domanda è efficace nel riassumere una componente importante della trasformazione digitale del nostro tempo. Se al momento il portafoglio vince ancora con una percentuale vicina al 60%, è facile immaginare che il prossimo futuro vedrà numeri orientati dall’altra parte.

Donne, giovani e colti i più attenti al proprio smartphone

Le persone che tengono in misura maggiore al cellulare rispetto alla media sono donne, giovani e individui con titolo di studio elevato. In particolare, la preferenza verso la perdita del portafoglio – e alla conservazione del cellulare – cresce con l’aumento dell’intensità di consumo dei servizi online. Il segmento pro-Smartphone è composto in maggior misura da residenti nelle regioni del Centro e del Sud, abitanti in centri medio-grandi e persone single o che vivono in famiglie numerose.

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Covid e risorse umane, capacità di adattamento essenziale per il 78% dei dirigenti

Posted by Massimo Miceli on
Covid e risorse umane, capacità di adattamento essenziale per il 78% dei dirigenti

Da quando è iniziata la pandemia di Covid-19 le aziende hanno dovuto rivedere profondamente il proprio metodo di lavoro, apportando cambiamenti improvvisi, e per certi versi, traumatici. La stessa crisi sanitaria, che ha portato le aziende a ripensare sé stesse in via emergenziale, ha offerto però alle aziende anche la possibilità di reinventare in modo radicale i propri modelli di lavoro per aumentare produttività e benessere. Ed è proprio sugli sforzi compiuti in tal senso dalle aziende che si concentra la ricerca Global Human Capital Trends 2021, The social enterprise in a world disrupted di Deloitte.

Le aziende si stanno muovendo per adottare strategie multi-scenario

Prima dello scorso marzo, evidenzia la ricerca, solamente il 6% dei dirigenti a livello internazionale (il 3% in Italia) prevedeva un impegno da parte della propria azienda nella pianificazione della risposta a eventi improbabili e di alto impatto. Oggi, e quindi dopo il diffondersi della crisi sanitaria, questa stessa fetta è cresciuta fino a raggiungere il 17% a livello internazionale, e il 19% in Italia. Di più: il 47% dei dirigenti a livello globale ha anche specificato che le rispettive realtà aziendali si stanno muovendo per adottare strategie multi-scenario, per ridurre al minimo la possibilità di farsi cogliere impreparati in futuro, nell’eventualità di ulteriori eventi eccezionali e non prevedibili.

Durante i momenti di crisi il futuro è determinato anche dalla capacità della forza lavoro

Ma quali sono gli elementi sui quali un’azienda dove puntare per affrontare in modo efficace, rapido e idoneo le criticità future?

Stando al 78% dei dirigenti italiani, e al 72% dei dirigenti a livello internazionale, la priorità risiede nella capacità dei dipendenti di adattarsi, riqualificarsi e assumere nuovi ruoli in risposta ai mutamenti esterni.

“Le questioni relative al capitale umano non sono più relegate unicamente alle risorse umane spiega Drew Keith, human capital leader Deloitte -. Durante i momenti di crisi come quello che stiamo vivendo il futuro delle aziende è determinato anche dalla capacità della forza lavoro, in particolare sono cruciali collaborazione, creatività, giudizio e flessibilità dei dipendenti”.

Intensificare l’impegno sulle attività di upskilling e reskilling

“Per prepararsi ad affrontare al meglio le criticità future molte aziende stanno intensificando l’impegno sul lato delle attività di upskilling e reskilling – continua Carola Adami, co-fondatrice della società italiana di head hunting Adami & Associati – mentre dal punto di vista dell’acquisizione di nuovi talenti è andata crescendo l’attenzione riservata alla capacità di adattamento dei candidati”.

Le aziende più oculate stanno infatti dando maggiore peso alla flessibilità dei dipendenti, e più precisamente alla loro capacità di leggere il contesto e di andare oltre il consueto, modificando le proprie abitudini.

“Insieme alla capacità di adattamento – sottolinea l’head hunter – un’altra soft skills che ha guadagnato importanza in questi mesi è la resilienza, intesa come capacità di non arrendersi e non farsi sopraffare dalle novità, ma anzi di trarre insegnamento da ogni nuova evenienza, anche e soprattutto dalle avversità”.

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Segnali positivi per l’ambiente nel 2021

Posted by Massimo Miceli on
Segnali positivi per l’ambiente nel 2021

Come conseguenza alla grande attenzione alla salute per l’emergenza sanitaria stiamo assistendo a una sorta di invasione delle mascherine monouso, oltre a un forte incremento nell’uso di detersivi e disinfettanti chimici. E l’ambiente? Sembra in secondo piano rispetto alle priorità dettate dalla pandemia. Ma a dispetto del luogo comune che vedrebbe tramontare i Fridays for future e le istanze per salvare il Pianeta, la UE ha firmato il Green Deal, l’accordo che prevede la riduzione delle emissioni dal 40% al 55% entro il 2030. Ed entro l’estate 2021 la Commissione rivedrà la legislazione su clima ed energia per renderla “adatta al 55%”. Il primo passo è proprio la proposta di modificare la legge europea sul clima verso l’obiettivo della neutralità climatica del continente entro il 2050.

I cittadini vogliono cambiare stile di vita in modo sostenibile

Se il 93% dei cittadini vuole cambiare stile di vita in modo sostenibile (fonte Euromedia Research) il 68% ha già intrapreso un percorso in questo senso (+12,4% rispetto al 2019),  scegliendo prodotti ecosostenibili a km zero o di marchi che garantiscono il rispetto dell’ambiente (30%). Oppure realizzando interventi in casa per una maggiore efficienza energetica (29%), scegliendo la mobilità sostenibile, dalla bici, ai mezzi elettrici o i trasporti pubblici (24%), installando pannelli fotovoltaici (9%), o scegliendo energia prodotta da fonti rinnovabili (7%), riferisce Ansa. Tuttavia, secondo il parere degli intervistati il maggior potere nel rallentare il riscaldamento globale è in mano a istituzioni e aziende.

La leva principale per le aziende rimane l’aspetto economico

Il 48% delle aziende è consapevole che i cambiamenti climatici influenzeranno significativamente la propria attività e il proprio settore nei prossimi 5 anni. Il 52% delle imprese ha messo in campo, durante l’emergenza, iniziative per una maggiore sostenibilità.

Il 92% di queste proseguirà anche post pandemia, con iniziative quali lo smart working, percentuale che indica come la leva economica sia un fattore determinante per cittadini e aziende nel perseguire buone abitudini a favore del Pianeta. Infatti la leva principale, nonostante il maggiore interesse per la sostenibilità, rimane l’aspetto economico. Le aziende chiedono infatti contributi a fondo perduto (33,5%), sgravi fiscali (22%), incentivi statali e un quadro normativo più chiaro (19%). 

Il ruolo chiave della tecnologia

Un aspetto che la pandemia ha reso evidente e sul quale ha portato una forte accelerazione è certamente l’adozione di tecnologie digitali, divenute in molti casi improvvisamente indispensabili per permettere la continuità relazionale e aziendale. Il 74% degli italiani è convinto del ruolo chiave di tecnologia e digitalizzazione a supporto della sostenibilità, così anche il 69% delle aziende (picco del 72% nel settore servizi). Il digitale poi è considerato ancora più importante per il monitoraggio delle attività in ottica di rispetto dell’ambiente (79%, che raggiunge l’81% nei servizi).