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Record italiano per il cuneo fiscale, nel 2018 al 47,9%

Posted by Massimo Miceli on
Record italiano per il cuneo fiscale, nel 2018 al 47,9%

L’anno scorso il cuneo fiscale in Italia ha raggiunto il 47,9%, il livello più alto registrato nel ventunesimo secolo. Una percentuale che fa crescere ulteriormente il gap del nostro Paese con il resto del mondo. Secondo i dati dell’Ocse, elaborati dall’Adnkronos, nel 2018 il peso delle tasse sugli stipendi globali, in media, era pari al 36,1%. Rispetto all’Italia, la differenza era di 11,8 punti percentuali, in aumento dell’1,3% sul 2008, e dell’1,7% dall’inizio del secolo (2000). Il cuneo fiscale Made in Italy ha raggiunto il suo livello minimo nel 2005, quando si è attestato al 45,9%. Cinque anni prima era al 47,1%, ma in pochi anni è sceso di 1,2 punti percentuali. Poi il peso delle tasse sugli stipendi è tornato a crescere in modo costante, arrivando a 2 punti percentuali sopra il minimo storico nel 2018.

Gli imprenditori lamentano il peso di un fisco insostenibile

La necessità di ridurre il peso dei tributi che grava sugli stipendi, pagato da dipendenti e datori di lavoro, torna di frequente al centro del confronto tra il mondo produttivo e la politica. Se gli imprenditori lamentano il peso di un fisco insostenibile, governi, maggioranza e opposizioni condividono formalmente le posizioni degli industriali, ma nella sostanza non compiono atti concreti.

I dati del centro studi di Confindustria mostrano che ci sarebbe un gran bisogno di intervenire per alleggerire il carico fiscale che grava sulle imprese: per uno stipendio di 780 euro netti (la stessa cifra fissata come tetto per il reddito di cittadinanza) l’azienda deve pagare 1.360 euro lordi. Quindi il lavoratore percepisce solo il 57,4% della somma versata dal datore di lavoro. Il restante 42,6% va in Irpef, addizionali regionali e comunicali comprese, e contributi.

Ogni 100 euro percepiti da un dipendente il datore di lavoro ne versa 207

La situazione peggiora, con l’aumentare dello stipendio. Un assegno netto di 2.000 euro “costa” all’impresa 4.449 euro. In questo caso il lavoratore percepisce il 44,9% della cifra complessiva versata dal datore di lavoro, mentre il restante 55,1% è tutto cuneo fiscale. Le elaborazioni del Csc mostrano che per ogni 100 euro che percepisce un dipendente, il datore di lavoro ne versa 207. E i 107 euro di differenza sono così suddivisi: 61 euro di contributi versati dal datore di lavoro, 14 euro di contributi versati dal lavoratore, 32 euro di tasse sul reddito.

Germania, Belgio e Italia sul podio

La lista dei paesi mostra che l’Italia si colloca al terzo posto della hit relativa al cuneo fiscale, ovvero dopo il Belgio, dove il cuneo fiscale è al 52,7%, e la Germania, al primo posto con il 49,5%. Subito dopo l’Italia si posizionano la Francia e l’Austria, entrambe al 47,6%. Dall’altra parte della classifica si posiziona il Cile, con il 7% di cuneo fiscale, la Nuova Zelanda, con il 18,4% e il Messico, con il 19,7%.

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Adottare un cane fa bene agli anziani, e alla sanità pubblica

Posted by Massimo Miceli on
Adottare un cane fa bene agli anziani, e alla sanità pubblica

Un animale da compagnia aiuta a vivere in salute e più a lungo: oltre un anziano su due ne possiede almeno uno, e il trend è in continua crescita. Per quasi 7 over 65 su 10, inoltre, la compagnia di un animale influenza molto il benessere fisico e mentale, perché avere un cane, lo sanno tutti, “costringe” a uscire di casa, quindi, a un maggiore movimento. E se oltre l’89% dei padroni senior porta fuori il proprio cane senza delegare il compito a qualcun altro, il 78,7% lo fa ogni giorno. Non sorprende quindi che per la maggior parte degli anziani la presenza di un cane incida positivamente anche sulla loro salute psichica. La conferma arriva dal rapporto Senior Italia FederAnziani sudal titolo Over 65 e animali da compagnia.

Portare fuori il pet fa dimostrare 10 anni di meno

Da un’analisi della letteratura internazionale condotta dal Centro Studi Senior Italia emerge infatti che i possessori di cani hanno il 57% di probabilità in più di svolgere attività fisica rispetto a chi non ne ha. E svolgere un po’ di attività fisica aiuta a mantenersi in forma: gli anziani che possiedono un cane sono più in forma, tanto da dimostrare biologicamente 10 anni di meno. Secondo l’Osservatorio di Senior Italia FederAnziani, i proprietari over 65, poi, sono possessori responsabili, attenti alle cure veterinarie e all’accudimento costante del proprio amico a quattro zampe.

I benefici della passeggiata quotidiana

Secondo le stime dell’Osservatorio, inoltre, camminare in media un’ora e quaranta minuti al giorno avrebbe diverse implicazioni, tutte positive per la salute, anche pubblica. Si avrebbero, ad esempio, 432.000 diabetici con meno complicanze, il che porterebbe a risparmiare circa 1,2 miliardi di euro. Non è tutto: camminare ogni giorno per poco più di un’ora e mezza porterebbe a una riduzione del 7% dell’incidenza di patologie cardiovascolari, e un relativo risparmio per la sanità pubblica pari a circa 1,3 miliardi di euro.

2,7 miliardi di euro l’anno risparmiati dal Ssn

Ma avere un cane aiuta gli anziani anche ad avere maggiore stima di se stessi (+6%), più alti livelli di esercizio fisico svolto (+10,5%), e minor incidenza di disturbi da depressione (-5,73%) rispetto a coloro che non possiedono animali domestici. Il tutto per risparmi pari a circa 252 mila euro l’anno. In totale, calcola l’Osservatorio, la stima dei possibili risparmi per il Sistema sanitario nazionale si aggirerebbe intorno ai 2,7 miliardi di euro l’anno.

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L’Intelligenza Artificiale aumenta il rischio fake news

Posted by Massimo Miceli on
L’Intelligenza Artificiale aumenta il rischio fake news

L’Intelligenza artificiale diventa sempre più intelligente, e potrebbe imparare anche a mentire. Anzi, forse lo sta già facendo, aumentando il rischio di fake news. Una delle ultime conquiste dell’Intelligenza Artificiale riguarda infatti la scrittura di testi. Si tratta di GPT2, un algoritmo generatore di testo talmente evoluto nella scrittura da farci credere che il contenuto sia “vero”. Il sistema può scrivere veri e propri articoli di giornale talmente convincenti da indurci a pensare che si tratti di un lavoro elaborato da mente e mani umane. Tanto che in un articolo sul MIT Technology Review, l’esperto di AI e robotica Will Knight riferisce che “alimentato da miliardi di parole questo algoritmo potrebbe essere usato per ingannare le persone su una scala di massa”.

“I ricercatori hanno scelto di non rendere open source il codice”

GPT-2 è stato realizzato dai tecnologi di OpenAI, il centro di ricerca no profit sull’Intelligenza Artificiale con sede a San Francisco, in California. L’algoritmo è basato su un trasformatore linguistico con 1,5 miliardi di parametri, ed è stato addestrato su un set di dati di otto milioni di pagine web. Will Knight spiega che il programma può creare resoconti di notizie apparentemente realistici su qualsiasi argomento gli venga fornito. E aggiunge quanto sia “preoccupante” la sua capacità di “ingannarci” facendo sembrare vera una fake news. L’algoritmo, scrive Knight, è “così convincente che i ricercatori hanno scelto di non rendere open source il codice”, ovvero di non diffonderlo per la preoccupazione che il sistema possa finire nelle mani sbagliate ed essere usato “in maniera impropria”.

Produzione di massa di notizie false

La preoccupazione, continua Knight, è che questo sistema di Intelligenza Artificiale possa essere utilizzato per produrre in massa notizie false. Del resto, lo stesso Jack Clark, direttore delle politiche di OpenAI, ha spiegato sempre sul MIT Technology Review, che “se questa tecnologia diventa matura, e io lo ritengo possibile in uno o due anni, potrebbe essere usata per disinformazione o propaganda”.

Generare facilmente contenuti fuorvianti, falsi o offensivi

Il sistema è stato allenato tramite un archivio da 40 GB con circa 10 milioni di articolo, riporta Adnkronos.”Abbiamo iniziato a testarlo e abbiamo scoperto rapidamente che è possibile generare contenuti maliziosi abbastanza facilmente”, afferma Jack Clark. Il modello, spiegano all’OpenAI, “è come un camaleonte: si adatta allo stile e al contenuto del testo ricevuto come input”. Ciò consente di generare contenuti realistici e coerenti su un argomento a sua scelta. Potenzialmente, quindi, GPT-2 potrebbe essere usato per generare notizie fuorvianti, impersonare altri online, riporta Computerworld, automatizzare la produzione di contenuti offensivi o falsi da pubblicare sui social media, automatizzare la produzione di spam e contenuti di phishing.

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Cybercrime: nel mirino dati biometrici, mobile banking e pagamenti online

Posted by Massimo Miceli on
Cybercrime: nel mirino dati biometrici, mobile banking e pagamenti online

Nel corso del 2018 le istituzioni finanziarie hanno dovuto far fronte a molte minacce digitali, i cybercriminali hanno usato nuove tecniche di infiltrazione e la geografia degli attacchi si è estesa ulteriormente. Gli esperti di Kaspersky Lab hanno tracciato alcune previsioni per il settore finanziario nel 2019. Al centro dell’attenzione la formazione di nuovi gruppi criminali, i primi attacchi e furti con l’uso dei dati biometrici, la perpetrazione di attacchi alla supply chain, ai sistemi di pagamento online e lo sfruttamento del social engineering per prendere di mira i dipendenti del settore finanziario, e sottrarre dati sensibili.

Le previsioni per il 2019 per il settore finanziario

La frammentazione dei gruppi di cybercriminali Cobalt/Carbnal e Fin7 determinerà la nascita di nuovi gruppi con nuove geografie di attacco. L’arresto dei leader e dei singoli membri di Cobalt / Carbnal e Fin7 non ha fermato queste attività, e secondo Kaspersky Lab nel prossimo anno si assisterà alla creazione di nuove realtà composte dai loro ex membri. Questa tendenza porterà all’intensificazione degli attacchi e all’estensione delle aree geografiche dei target potenziali. Contemporaneamente, anche i gruppi locali espanderanno le loro attività, rafforzata in termini di qualità e scalabilità.

In arrivo i primi attacchi condotti con l’utilizzo di dati biometrici

Diverse istituzioni finanziarie stanno implementando l’uso di sistemi biometrici per l’identificazione e l’autenticazione dei loro utenti, e sono già avvenute diverse importanti perdite di dati di tipo biometrico. Queste circostanze pongono le basi per i primi attacchi POC (proof-of-concept) ai servizi finanziari, portati avanti proprio grazie all’uso di dati biometrici trafugati. Inoltre, emergono nuovi gruppi locali che mirano a organizzazioni finanziarie nella regione Indo-Pakistana, nel Sud-Est asiatico e nell’Europa centrale. Questo per l’inadeguatezza delle soluzioni di sicurezza e la rapida diffusione di dispositivi elettronici per i pagamenti.

Attacchi alla supply chain e campagne di social engineering avanzate

Continuano poi gli attacchi alla supply chain: nel mirino piccole imprese che forniscono i loro servizi a istituzioni finanziarie in tutto il mondo, come sistemi per il trasferimento di denaro, per le banche e le borse. Il crimine informatico tradizionale si concentrerà su target più facili e bypasserà le soluzioni antifrode. Gli attacchi ai PoS verranno sostituiti dagli attacchi ai sistemi di pagamento online.

I sistemi di cybersecurity delle organizzazioni finanziarie verranno bypassati utilizzando dispositivi fisici collegati alle reti interne, e verranno condotti attacchi al mobile banking per gli utenti business.

Inoltre, attenzione al social engineering: obiettivo i dipendenti interni incaricati dei trasferimenti di denaro. Queste tecniche non utilizzano alcun malware, ma possono portare a importanti perdite di denaro.

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Arriva un’app contro la solitudine

Posted by Massimo Miceli on
Arriva un’app contro la solitudine

Se i ritmi della vita moderna non facilitano la conoscenza fra gli abitanti di uno stesso quartiere, o addirittura le chiacchiere da pianerottolo, a venirci in soccorso c’è la tecnologia.

Nextdoor, da poco arrivata in Italia, è la prima app nata con l’obiettivo di coinvolgere chi vive nella stessa zona, ma anche gli stessi vicini di casa, nell’offrire supporto a chi soffre di solitudine nel quartiere con azioni semplici e utili. Con l’iniziativa La mia porta è aperta Nextdoor invita infatti gli utenti ad aprire le porte delle proprie case a chi si sente solo durante il periodo invernale, e in particolare durante il periodo natalizio. Magari invitando il proprio vicino a prendere un caffè.

Il 60% degli utenti si sente solo

Un sondaggio svolto tra i membri italiani dell’app rivela infatti che il 60% si è sentito solo almeno una volta, e che il 42% si sente meno sociale, talvolta perfino triste, durante l’inverno. Al 57% dei membri piacerebbe trascorrere più tempo con i propri vicini durante l’inverno e il 73% vorrebbe aiutare, o già lo sta facendo, i vicini che si sentono soli. Il 62% dedicherebbe loro almeno 1 ora alla settimana, e un membro su due sarebbe felice di invitare a casa propria per pranzo o cena un vicino che è solo a Natale.

“Rendere la comunità locale un posto migliore in cui vivere”

L’iniziativa ha già ottenuto un grande successo: tantissimi membri hanno condiviso post palesando la propria disponibilità, e in poco più di una settimana sono state messe in campo centinaia di interazioni positive tra vicini di casa.

“Il numero di risposte positive che abbiamo ricevuto dai membri italiani che hanno accolto l’iniziativa di aprire la propria porta ad altri vicini è impressionante – spiega Amedeo Galano, Head of Community di Nextdoor per l’Italia -. Già dalle prime settimane dal lancio di Nextdoor, vicini di casa hanno cominciato a usare l’app quotidianamente per dare consigli e chiedere raccomandazioni. Siamo felici di vedere questo grande livello di partecipazione. Mi impressionano l’impegno e la dedizione nel partecipare a iniziative concrete per rendere la comunità locale un posto migliore in cui vivere”.

Come partecipare

“Spesso ci si preoccupa di disturbare gli altri e conseguentemente non si chiede aiuto, ma la verità è che si resta davvero sorpresi di sapere quante persone sono disposte a dare una mano condividendo un po’ del proprio tempo”, aggiunge Galano. Come partecipare? Chi vuole tendere una mano ai propri vicini, riferisce Adnkronos, può iscriversi a Nextdoor ed esprimere il desiderio di aiutare condividendo il post dell’iniziativa su Nextdoor. Oppure è possibile scaricare, stampare e appendere i poster dell’iniziativa nel condominio, al bar o nei negozi di quartiere. A volte basta davvero poco. Piccoli gesti, come salutare o scambiare qualche parola, o condividere il cibo, che probabilmente da soli non finiremmo, possono fare la differenza.

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Le auto elettriche e quelle ibride si vendono di più

Posted by Massimo Miceli on
Le auto elettriche e quelle ibride si vendono di più

Il settore automobilistico è in crisi? Non se è green. I dati del ministero dei Trasporti parlano chiaro: da gennaio a ottobre le immatricolazioni scendono del 3,21% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, ma nei primi 10 mesi dell’anno sono aumentate le vendite di mezzi con tecnologie di propulsione alternative. Le auto elettriche e ibride conquistano quindi quote di mercato, e se le prime rappresentano il 4,4% del totale delle vendite (+1,2% rispetto ai primi 10 mesi del 2017), le seconde lo 0,3% (+0,2%).

Secondo un’indagine Nomisma nell’ambito dell’Osservatorio Mobilità Smart & Sostenibile, poi, le auto green sono sempre più popolari. E a conoscere i veicoli ibridi o ibridi plug-in (auto, moto, scooter, monopattini, biciclette) ora è il 39% degli italiani, percentuale che va al 44% se si considerano pure i veicoli elettrici.

Incentivi e agevolazioni: una spinta a scegliere il motore green

Oltre all’attenzione all’ambiente e alla volontà di ridurre l’inquinamento, indicati come fattore trainante dal 25% degli italiani, quasi 4 utenti su 10 affermano di ricorrere al trasporto green per i vantaggi e le facilitazioni di cui possono usufruire. Come la possibilità di accedere liberamente al centro città o in zone a traffico limitato (17%), il diritto a parcheggi gratuiti (8%), l’esenzione del pagamento del bollo (7%), e i sistemi di incentivi per l’acquisto (5%).

Per quanto riguarda i margini di miglioramento del settore, il 79% di chi utilizza questi veicoli riconosce nella necessità di installare la wall box il principale ambito di miglioramento del settore, seguono i costi di acquisto e la presenza ancora non adeguata di punti di ricarica, entrambi indicati dal 74% degli italiani, riporta Adnkronos.

Mobilità condivisa e mezzi elettrici

L’aumento dell’offerta di veicoli e servizi green, unito al cambiamento di necessità e priorità dei consumatori e agli indirizzi politici, sia a livello europeo sia nazionale e locale, rappresentano le determinanti per l’affermazione e la crescita della filiera della sostenibilità. Il numero di veicoli in condivisione è stimato in 47.700 unità (2017), di cui l’83% sono biciclette, il 16% automobili e l’1% scooter. Cresce anche  il numero dei mezzi elettrici, da circa 620 del 2015 a circa 2.200 del 2017, con una quota sulla flotta complessiva salita dall’11% al 27% in due anni. Il fenomeno del car sharing coinvolge oltre 1 milione di iscritti, e sono 12 le città dove è attivo un servizio di car sharing elettrico.

Il 44% di italiani utilizza modalità di trasporto pay-per-use

A fronte di un 44% di italiani che negli ultimi 12 mesi ha fatto uso di modalità di trasporto pay-per-use, l’86% degli italiani ancora però non ha utilizzato servizi di car/bike/scooter sharing, car pooling o altre forme di mobilità condivisa. Di questi, il 31% afferma di non essere effettivamente interessato a questi servizi, il 21% non trova un’offerta soddisfacente di veicoli o utenti con cui viaggiare insieme, e il 14% è ostacolato dalla scarsa dimestichezza con i sistemi prenotazione/noleggio.

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Imprese italiane promosse in sostenibilità: più virtuose di quelle Usa

Posted by Massimo Miceli on
Imprese italiane promosse in sostenibilità: più virtuose di quelle Usa

Italia batte Usa 1 a 0. Già, nel confronto con il colosso a stelle e strisce le nostre imprese possono vantare un piccolo (ma significativo) primato. Le aziende italiane sono infatti più virtuose di quelle statunitensi nell’impegno nei confronti della sostenibilità ambientale e sociale. Il dato emerge dalla BDO Board Survey 2018 condotta annualmente da BDO, network internazionale di revisione contabile e consulenza alle imprese. Secondo la ricerca, somministrata tra luglio e agosto 2018 a 140 direttori generali di consigli di amministrazione di società statunitensi quotate, il 74% dei leader d’impresa non riconosce l’importanza di informazioni relative alla sostenibilità per la comprensione del business di un’azienda e in supporto agli investitori perché realizzino investimenti informati e prendano adeguate decisioni di voto. Questo mentre in Italia ci si sta sempre più orientando verso  un’adesione obbligatoria e volontaria alla presentazione della dichiarazione di carattere non finanziario (Dnf).

States, valori a marcia indietro

Come riporta una nota di Adnkronos, la ricerca evidenzia che i rispondenti di parere negativo aumentano di ben 28 punti percentuali rispetto allo scorso anno, segnando un ritorno ai valori del 2016 (76%). Tale oscillazione può essere almeno in parte attribuita a una minore attenzione politica nei confronti delle tematiche di sostenibilità negli Usa, forse complice anche la decisione del Presidente Trump di fare marcia indietro rispetto agli accordi di Parigi sulla lotta al cambiamento climatico. In Italia, invece, si assiste a un andamento opposto. Il nostro Paese si conferma particolarmente sensibile e all’avanguardia circa le tematiche di sostenibilità grazie anche all’accelerazione imposta dalla Direttiva Barnier sul non financial reporting, recepita in Italia con il Decreto Legislativo 254/2016. Sono 205 infatti le “dichiarazioni di carattere non finanziario” già depositate a Consob, con un incremento di quasi il 60% dovuto all’obbligo di legge.

Le italiane virtuose

Cresce pertanto la presenza di aziende italiane negli indici di sostenibilità più conosciuti, come ad esempio il Dow Jones Sustainability Index (DJSI) che ha visto tre nuove imprese italiane entrare nel paniere 2018 rispetto alle sette dell’anno precedente. Spiega Carlo Luison, Partner Sustainable Innovation, BDO Italia: “La dichiarazione di carattere non finanziario si configura come uno strumento fondamentale per attrarre investitori istituzionali e asset manager, per i quali l’individuazione di metriche di misurazione della sostenibilità sta diventando imprescindibile. In virtù delle nuove norme e in linea con un trend che non smette di migliorare da anni, vediamo anche un significativo aumento di comitati endoconsiliari coinvolti nelle valutazioni strategiche in materia di sostenibilità e questioni ESG (environmental, social and governance). Le aziende del nostro Paese si dimostrano particolarmente all’avanguardia perché effettivamente dotate di elementi che rispondono sì ad obblighi di legge, ma che, dal punto di vista della sostenibilità, rappresentano un vantaggio competitivo rispetto al resto del mondo. Possiamo comunicarlo meglio e beneficiarne di più”.