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Editoria italiana, all’estero cresce dell’8,7%

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Editoria italiana, all’estero cresce dell’8,7%

L’editoria italiana guarda sempre più ai lettori stranieri. Dal 2001 a oggi la vendita dei diritti è aumentata di circa cinque volte, e gli acquisti sono quasi raddoppiati. Nel 2019 poi sono stati ceduti 8.569 diritti, con un +8,7% rispetto al 2018. E crescono, anche se a ritmo meno sostenuto, i diritti acquistati, arrivati a 9.648, +3,1% rispetto al 2018. Dai dati 2019 dell’Osservatorio dell’Associazione Italiana Editori (AIE) sull’import-export dei diritti, emerge inoltre che il percorso di internazionalizzazione hanno un’importanza sempre più rilevante le coedizioni realizzate dagli editori italiani con gli stranieri: nel 2019 sono state 2.987, +42,6% rispetto al 2018.

Il 49,5% degli acquisti di diritti è coperta dai piccoli e medi editori

Stabile, rispetto al 2018, la ripartizione per generi più venuti. Bambini e ragazzi e narrativa italiana, insieme, coprono il 64,3% di tutti i diritti venduti ma, mentre la percentuale dei primi è in lieve calo, dal 39% al 38%, la narrativa italiana cresce, dal 25,4% al 26,3%. A seguire la saggistica al 20,6%, gli illustrati al 10,5% e la manualistica al 4,6%. I dati fanno vedere che le piccole case editrici continuano ad acquistare più diritti di quanti ne vendano. Ma se gli acquisti crescono del 2,9%, l’export cresce a tassi molto più sostenuti, +16,5%. Quasi la metà degli acquisti di diritti, il 49,5%, è coperta dai piccoli e medi editori mentre i diritti venduti rappresentano il 23,8% del totale, riporta Ansa.

Crescono le vendite in Asia

L’Europa rappresenta sempre il principale mercato di vendita delle opere, con il 64,2% del totale, ma continuano a farsi spazio anche altre aree geografiche. In particolare l’Asia, con il 14,3% (+26,3% rispetto al 2018). In calo le vendite in Nord America (-36,7%), Sud America (-8,3%) e Medio Oriente (-14,6%).

Il Paese europeo dove si è venduto di più nel 2018 è la Spagna con il 20,3% del totale. Crescono fortemente anche le vendite di diritti nei Paesi dell’Europa centrale e balcanica (16,2%), Polonia (13,1%) e Ungheria (4,7%). Dopo la partecipazione dell’Italia come Paese ospite d’onore alla XX edizione della Non/Fiction International Book Fair di Mosca, un dato significativo è rappresentato dalla Russia, con il 7% di diritti venduti, +169,2% rispetto al 2018, quando i diritti coprivano il 3% del totale.

“L’internazionalizzazione è un processo che investe in pieno tutta l’editoria”

“Questa indagine conferma che l’internazionalizzazione è un processo che investe in pieno tutta l’editoria, grandi gruppi come medi e piccoli editori. Alle fiere internazionali cresce sempre di più la presenza dei piccoli editori che vivacizzano il mercato e, con uno sforzo economico importante, portano all’estero la complessità dell’offerta culturale italiana – commenta il vicepresidente di AIE e presidente del Gruppo dei Piccoli editori Diego Guida -. In questo senso va anche la scelta di dedicare questa edizione di Più libri più liberi al tema dei Confini dell’Europa, con un forte taglio internazionale”.

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Con la Blockchain le Pmi difendono il Made in Italy: progetto pilota nel tessile

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Con la Blockchain le Pmi difendono il Made in Italy: progetto pilota nel tessile

Un progetto per la difesa del Made in Italy sui mercati internazionali, che contribuisce alla lotta alla contraffazione e al contempo garantisce il supporto alla competitività delle nostre imprese manifatturiere. Sfruttando il potenziale abilitante del digitale, il progetto pilota dal titolo La Blockchain per la tracciabilità del Made in Italy, utilizza infatti la tecnologia della Blockchain al fine di promuovere l’eccellenza dei nostri prodotti sui mercati. Il progetto, presentato al dicastero, vede in prima fila il Ministero dello Sviluppo Economico, con il supporto di Ibm e la collaborazione di associazioni e aziende della filiera del tessile italiano.

Un primo modello sperimentale con una visione a lungo termine

Si tratta di un primo modello sperimentale, che risponde a precisi bisogni e che può crescere con un approccio progressivo e una visione a lungo termine, oltre a risultare di facile replicabilità anche in altri contesti industriali.

“La piccola e media impresa ha oggi il forte bisogno di un sostegno sistemico per poter migliorare la trasparenza e la tutela dei propri marchi”, ha commentato il ministro per lo Sviluppo Economico Stefano Patuanelli -. La tecnologia Blockchain offre enormi potenzialità – ha sottolineato il ministro – in particolare per la filiera del tessile e della moda, senza gravare sui costi sostenuti dalle imprese”.

“Competere nei mercati globali assicurando la massima trasparenza e tracciabilità”

“Oggi presentiamo i risultati di una prima sperimentazione del Mise che utilizza la Blockchain e le tecnologie basate sui registri distribuiti – continua il ministro Patuanelli -. Stiamo lavorando a livello europeo nell’ambito della European Blockchain Partnership al fine di esportare il modello italiano di protezione delle filiere produttive attraverso le tecnologie emergenti. Pensiamo che in questo ambito il nostro Paese possa giocare un ruolo di leader a livello comunitario”. Dal canto suo, riporta a Ansa, il presidente e amministratore delegato di Ibm Italia, Enrico Cereda, ha spiegato che “l’apertura alla competizione dei mercati globali pone il brand Made in Italy nella condizione di dover assicurare la massima trasparenza e tracciabilità.

Garantire e differenziare i prodotti in termini di qualità e sostenibilità

“L’uso della Blockchain – ha sottolineato Cereda – è l’innovazione che può consentire alle nostre imprese di garantire i propri prodotti, differenziandoli in termini di qualità e sostenibilità”. Questo, inoltre, “permetterà ai consumatori di scegliere con la massima consapevolezza”, ha aggiunto l’AD Ibm.

Con Ibm la fase di sperimentazione ha prodotto “un primo prototipo basato su piattaforma Blockchain, messa a disposizione delle aziende partecipanti via Cloud – si legge all’interno del comunicato stampa ufficiale del Mise -. Come caso di riferimento è stato scelto quello di un’azienda che emette al suo fornitore un ordine per un lotto di lino, verifica che la fibra sia certificata come biologica e ne realizza delle camicie per un particolare brand”.

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Intelligenza artificiale e Blockchain, una ricerca italiana ne svela gli impatti sui modelli di business

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Intelligenza artificiale e Blockchain, una ricerca italiana ne svela gli impatti sui modelli di business

Una recente ricerca scientifica, alla base dello Strategy Innovation Forum (SIF) presso il Dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari Venezia,  mette in luce quelli che sono i principali impatti di Intelligenza artificiale e Blockchain sui modelli di business. In base allo studio, il 23% delle fonti sostiene che l’Intelligenza artificiale avrà un impatto notevole a livello di risorse, ad esempio riducendo l’errore umano, gli infortuni sul lavoro e aumentando la produttività: molti compiti fisici verranno sostituiti dai robot e dalle macchine intelligenti, creando i cosiddetti lavori “aumentati”. Anche la Blockchain impatterà le risorse in maniera importante (13% delle fonti analizzate), permettendo di tracciare la proprietà degli asset in tempo reale, aumentando la trasparenza delle transizioni e l’affidabilità delle informazioni scambiate tra due o più parti.

L’impatto dell’Ia avrà un forte riverbero anche sui processi interni, e si tradurrà prevalentemente nell’ottimizzazione dei sistemi produttivi, ad esempio, aumentando l’efficienza nell’assegnazione dei compiti ai macchinari grazie alla previsione dei parametri di produzione. L’impatto della Blockchain sui processi interni è riconosciuto dal 21% delle fonti analizzate; il principale vantaggio risiede nell’automazione dei processi di scambio dei dati, riducendo i costi di transazione e aumentando la sicurezza nel trattamento di dati sensibili e della privacy.

I settori maggiormente coinvolti dall’Ia…

La ricerca, tutta italiana, mette in luce anche quali siano i settori industriali maggiormente coinvolti dalla trasformazione tecnologica di Ia e Blockchain. In primis, nel settore manifatturiero (secondo il 16% delle fonti analizzate) l’Intelligenza artificiale originerà nuovi sistemi di manifattura intelligente con nuove capacità cognitive e di apprendimento. Il secondo settore che subirà forti variazioni grazie all’Ia (15% delle fonti analizzate) è quello del retail, il quale rivoluzionerà l’engagement con il cliente, offrendogli prodotti e servizi più personalizzati. Infine, il settore sanitario (presente nel 13% delle fonti analizzate) si conforma come il migliore laboratorio sperimentale per l’implementazione dell’Intelligenza artificiale. Ad esempio, si tradurrà in sistemi per il monitoraggio dello stato di salute dei pazienti negli ospedali e nelle case private grazie a dispositivi intelligenti in grado di raccogliere dati biometrici dei pazienti stessi.

… e quelli dalla Blockchain

I settori industriali che verranno influenzati maggiormente dalla Blockchain saranno il settore finanziario e il settore sanitario. Nel settore finanziario (rilevante nel 28% delle fonti analizzate) la rivoluzione è direttamente collegata alla natura della tecnologia, che originariamente è connessa alla creazione delle criptovalute. Nelle funzioni finanziarie, le soluzioni di Blockchain riducono i costi e aumentano la fiducia dei servizi, incrementando la sicurezza IT e riducendo il rischio di frode e di riciclaggio del denaro. Nel settore sanitario (15% delle fonti analizzate), l’introduzione della Blockchain permette di facilitare l’efficienza amministrativa dei registi sanitari e di aumentare l’accesso dei ricercatori ai dati storici dei pazienti mantenendone la privacy.

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Milano si conferma la smart city d’Italia

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Milano si conferma la smart city d’Italia

Milano, con Roma, si conferma la prima smart city d’Italia. In questo comparto, sotto la Madonnina sono attive ben 45mila imprese che occupano 378mila addetti, secondo una recente elaborazione della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi. Sono le grandi città a trainare la crescita dei settori “smart” d’Italia, a Milano le imprese salgono del +1,7% in un anno, a Roma del + 1,7%, a Napoli di +1,9%, con un risultato nazionale di stabilità e quindi di una sempre maggiore attrazione e concentrazione dei grandi centri. Un settore guidato nel Paese da Milano e Roma con circa 100 miliardi ognuna di business su circa 500 miliardi in Italia e 400 mila addetti a Milano e 300 mila a Roma nelle circa 50 mila imprese dei due motori d’Italia.

I numeri dei settori smart in Lombardia…

I settori tradizionalmente smart sono hi-tech, autoveicoli, trasporti e logistica, energia-acqua-rifiuti, costruzioni, commercio online, design. Milano, Monza e Lodi insieme contano oltre 50 mila imprese nei settori smart e oltre 400 mila addetti. In Lombardia si concentrano 103mila imprese smart sulle 572mila in Italia, guidate da Milano (45 mila), Brescia e Bergamo con circa 11mila, Monza e Varese con circa 7mila. Gli addetti sono 603mila, più di uno su quattro dei 2,3 milioni in Italia. Sono 378mila a Milano, circa 47mila a Brescia e Bergamo, circa 36mila a Monza (+0,7%) e 24mila a Varese. A Lodi ci sono circa 2mila imprese nei settori smart e 8mila addetti.

… e quelli a livello nazionale

In Italia ci sono 572mila imprese e 2,3 milioni di addetti. Dopo Roma (52mila, +1,7%) e Milano (45mila, +1,7%), ci sono per imprese Napoli (28mila, +1,9%) e Torino (21mila), Bari, Brescia, Caserta, Salerno, Bologna, Bergamo, con oltre 10mila. Per addetti, prima Milano con 378mila, poi Roma con 297mila, Torino al terzo posto con 138mila, poi Napoli con 76mila, Bologna con 55mila. Superano i 40mila: Bergamo, Brescia, Bari, Firenze.

Il supporto alle imprese lombarde

“La nostra economia ha una forte vocazione all’innovazione, come mostrano i dati sui settori smart. La crescita di questi settori 4.0 è alla base di una maggiore competitività internazionale del nostro territorio” ha dichiarato Massimo Dal Checco, consigliere della Camera di commercio e amministratore unico di Innovhub Stazioni Sperimentali per l’Industria, in occasione di e_mob – Festival della mobilità elettrica . “Come partner europeo nella rete EEN, Enterprise Europe Network, puntiamo promuovere nei suoi vari aspetti ricerca e innovazione, anche con incontri dedicati ai settori ambientali. Cresce infatti il rapporto tra ambiente e tecnologia, a partire dalle imprese. Tra l’altro ci affianchiamo ogni giorno alle aziende con un supporto diretto e personalizzato, per far crescere

ricerca e innovazione”.

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Per i millennials avere figli non è indispensabile

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Per i millennials avere figli non è indispensabile

Riuscire a costruire una relazione duratura è un obiettivo importante per quasi 8 giovani su 10 ma solo 3 su 10 considerano i figli indispensabili. Per il 9,7% dei millennials non rientra proprio nei progetti di vita. Non sorprende che siano le ragazze ad attribuire più importanza a questo aspetto. Per il 48,8% di loro infatti è ancora “molto” importante, a fronte del 30,3% dei ragazzi. Lo ha scoperto Eurispes tramite la ricerca Soprattutto Io. Coppie millennials tra stereotipi, nuovi valori e libertà, che tenta di comprendere quanto gli stereotipi del passato siano tuttora presenti nell’educazione dei 18/30enni di oggi.

Vita di coppia, il vissuto familiare influisce sulla relazione

La vita di coppia è ancora una delle aspirazioni importanti della vita? I giovani italiani sono disposti a rinunciare alla carriera per curare figli? Qual è e come è cambiato l’atteggiamento rispetto a temi considerati tabù, come ad esempio il legame tra persone tra le quali esiste una notevole differenza di età o di condizione sociale ed economica? E il tradimento all’interno della coppia si può perdonare?  Secondo la ricerca, il vissuto familiare dei millennials influisce sulle scelte e la relazione di coppia. Infatti, per chi è cresciuto con entrambi i genitori avere una relazione duratura rientra “molto” tra i propri desideri nel 45,9% dei casi. I ragazzi cresciuti con genitori separati o divorziati invece rispondono prevalentemente “abbastanza” (41,5%), come per chi è cresciuto con un solo genitore (36,7%).

Non è opportuno rinunciare alla carriera per i figli

La vita di coppia risulta appagante anche senza figli per il 67,6% dei giovani. La presenza dei figli in una coppia non sembra essere particolarmente importante per i giovani e sono meno di un terzo (32,4%) i ragazzi che considerano la presenza dei figli indispensabile per una vita di coppia soddisfacente. La maggior parte dei ragazzi (65,8%), poi è “per niente” (33,8%) o “poco” (32%) d’accordo che una donna rinunci alla propria carriera per occuparsi dei figli. Il 34,2%, invece, ritiene che sia opportuno rinunciare. Lo status economico invece è importante per quasi un terzo del campione. Con i maschi più venali delle donne.

Giovani d’altri tempi ancora vittime di qualche tabù

E cosa succede se una donna ha avuto più di 20 partner? Per il 52,7% del campione è accettabile, ma la percentuale sale di 10 punti se ad aver avuto più di 20 partner è l’uomo. Insomma, i millennials in questo caso dimostrano di essere giovani d’altri tempi. La metà di loro, inoltre, ritiene che sia l’uomo a dover corteggiare. E per le coppie anagraficamente “squilibrate”, per 1 su 5 può avere successo solo se è l’uomo a essere più grande. Quando il partner tradisce, poi, quasi 3 giovani su 10 (32,3%) sicuramente interromperebbero la relazione.

Va meglio per i diritti civili: divorzio, aborto, unioni civili, adozione da parte degli omosessuali per i millennials sono conquiste sociali. Ma più per le donne che per gli uomini.

Varie

Le donne trainano il mercato del lavoro in Lombardia

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Le donne trainano il mercato del lavoro in Lombardia

Se a fare la parte del leone per quanto riguarda l’occupazione femminile è la Lombardia, nel decennio tra il 2008 e il 2018 il numero di donne occupate nella regione è cresciuto del 5,9%, registrando 105 mila occupate in più. Nello stesso periodo l’occupazione maschile lombarda è cresciuta dello 0,9%, +22 mila unità.  Lo conferma l’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro, con il rapporto dal titolo La crescita del mercato del lavoro in Lombardia.

Se dunque la Lombardia nel 2018 ha superato di 127 mila unità gli occupati del 2008, il maggior contributo è da individuare proprio nella componente femminile.

I dati lombardi si avvicinano a quelli europei

Lo studio dimostra poi come la crisi finanziaria abbia determinato una flessione dell’occupazione delle donne solo fino al 2011, per poi ripartire negli anni seguenti. Al contrario, l’occupazione maschile è rimasta in flessione fino al 2015. Il tasso di inattività femminile in Lombardia è passato invece dal 39,9% del 2008 al 35,8% del 2018, inferiore alla media nazionale del 43,8%. Nel medesimo decennio non sono cresciute solo le donne occupate, ma anche le laureate (+53,1%), a fronte a una crescita ridotta dei laureati maschi, pari al 33,2%. Il dato lombardo sembra quindi avvicinare il dato nazionale a quello europeo, dove l’occupazione femminile è del 61.2%.

A livello nazionale è occupata solamente una donna su due

Gli studi fatti a livello nazionale però parlano chiaro. Nel nostro Paese è occupata solamente una donna su due. L’Istat segnala che attualmente è occupata il 49,8% delle donne, il massimo delle serie storiche, comunque di 10 punti inferiore al tasso maschile, e di 12 punti al di sotto rispetto alla media europea.

“Il problema dell’occupazione femminile in Italia è ancora molto lontano dall’essere risolto – spiega Carola Adami, AD della società di head hunting Adami & Associati – e il nodo principale continua a essere quello della conciliazione lavoro-famiglia, con le donne che ancora oggi, nella maggior parte dei casi, si devono fare carico dei figli e, spesso, anche dei genitori”.

“Sono ancora tante le donne che all’arrivo del primo figlio escono dal mondo del lavoro”

Indubbiamente la soluzione a questo problema sarebbe quella di aumentare i servizi, a partire dagli asili nido. “Nel nostro Paese sono ancora tantissime le donne che all’arrivo del primo figlio escono in modo definitivo dal mondo del lavoro”, aggiunge l’head hunter.

Nonostante questo, i numeri dell’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro sull’occupazione femminile in Lombardia fanno ben sperare.

“La stessa crisi che ha ridimensionato l’occupazione, ad esempio, ha poi spinto molte donne a ritornare nel mondo del lavoro per rimettere in sesto l’economia famigliare – sottolinea Adami – non si può negare, inoltre, che un maggior numero di donne laureate significhi che ci sono sempre più donne in grado di affrontare al meglio il mercato del lavoro, presentandosi con tutte le carte in regola per la selezione di personale qualificato”.

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Il piano della cucina: una scelta che dura… una vita

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Il piano della cucina: una scelta che dura… una vita

Le cucine delle case di oggi sono sempre di più sofisticate, scenografiche, oltre che pratiche e funzionali. Si tratta di ambienti che hanno saputo conquistare un posto d’onore all’interno delle abitazioni più moderne e di tendenza, tanto che si tende a prediligere un ambiente open che inglobi zona living e appunto, zona cucina. Ovvio che, con queste premesse, la cucina deve essere un elemento assolutamente glamour, da mostrare oltre che da utilizzare.

I materiali più innovativi

Oltre ai mobili, ai ripiani e agli elettrodomestici, l’elemento caratterizzante di ogni cucina è il piano di lavoro. Attualmente sul mercato si trovano un’infinità di soluzioni adatte a soddisfare tutte le esigenze e ogni gusto. Materiali naturali come il legno, classici come come il marmo o il quarzo, più moderni e “facili” come i laminati permettono di completare e di regalare una spiccata personalità all’ambiente cucina. Certo è che un piano di lavoro dovrà “vivere” per molti anni, senza subire gli effetti di calore, maltrattamenti e del contatto con i cibi. Insomma, un piano che si rispetti deve essere non solo esteticamente bello, ma anche molto, molto resistente e pratico da pulire.

L’ultima novità per vestire la cucina

Tra i materiali più innovativi del momento, ne spicca uno prodotto da Veneta Cucine, la più integrata piattaforma italiana di produzione di mobili per cucina, di cui Pedrazzini Arreda è rivenditore ufficiale per Milano. L’azienda ha infatti dato vita a Caranto, la nuova linea di prodotto specializzata nella realizzazione di piani cucina tecnici. “Caranto è sinonimo di design ed elevate prestazioni professionali, e assicura, per le sue molteplici declinazioni, standard di assoluta qualità e bellezza e propone innumerevoli finiture per la produzione di top, banconi, alzatine, schienali, fianchi e piani di tavoli sia nell’ambito del quarzo che della ceramica, per soddisfare tutte le esigenze di personalizzazione del progetto cucina” fanno sapere dall’azienda.

Caranto Ker e Caranto Quartz

I piani Caranto si suddividono in Caranto Ker, in ceramica e Caranto Quartz, in quarzo. Quali sono le differenze fra i due? Caranto Ker è composto da argille ceramiche e colori minerali inalterabili nel tempo che non risentono dell’effetto del calore, della luce o dell’uso di alcun prodotto chimico per la pulizia e la disinfezione. E’ resistente alle alte temperature: contrariamente ad altri materiali simili non brucia con il fuoco né teme il calore. Caranto Quartz viene realizzato con prodotti lapidei di natura silicea, quindi sabbie silicee, quarzite, quarzi macinati aggregati con vetro, feldspato ed alcuni graniti. Sono piani caratterizzati da alta resistenza ai graffi, basso livello di assorbimento dell’acqua e alta resistenza agli agenti chimici. Gli alimenti non lasciano alcuna macchia sul piano. Le superfici lucide in quarzo sono non porose e altamente resistenti a liquidi e sostanze acide. Una validissima scelta in più per chi sceglie Veneta Cucine, che si aggiunge ai tanti vantaggi già previsti. Ad esempio, ogni cucina è personalizzabile in ogni suo dettaglio: oltre i materiali per il piano di lavoro, si possono scegliere anche i materiali per le ante e naturalmente gli elettrodomestici di qualsiasi marca e genere.

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Professionisti della birra cercasi, dai sommelier ai digital manager i profili più richiesti

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Professionisti della birra cercasi, dai sommelier ai digital manager i profili più richiesti

In due anni l’industria della birra ha creato 4.400 posti di lavoro in più, e ora prosegue nella ricerca di nuove figure professionali da assumere. Non solo mastri birrai o sommelier, ma anche Digital innovation manager e altri profili altamente specializzati. Secondo una ricerca di Althesys e Fondazione Birra Moretti tra i profili più strategici e ricercati di questa filiera figurano infatti anche il Tecnologo alimentare, l’Ingegnere chimico alimentare, il Responsabile laboratorio e controllo qualità, il Coordinatore di sostenibilità e l’Automation specialist. Oltre al Brand ambassador e il Beer specialist. Lo studio, dal titolo Le (insospettabili) professioni della birra, è stato realizzato al fine di contribuire alla crescita della cultura della birra in Italia.

Un settore che investe nei lavoratori

Se da quanto rilevato dai dati Istat dal 2015 al 2017 in Italia l’occupazione è cresciuta di circa il 2%, nello stesso arco di tempo gli occupati nell’industria della birra sono aumentati del 5%, ovvero di 4.400 unità. Più del doppio, quindi, rispetto all’andamento medio nazionale. In pratica ogni giorno sono almeno sei persone a trovare lavoro nel settore della birra. Inoltre, dei 3,49 miliardi di euro di valore aggiunto creato dal comparto il 71% (2,47 miliardi di euro) viene destinato alla remunerazione lorda dei lavoratori, sostenendo così l’economia familiare.

Insomma, quello legato alla produzione e vendita di questa bevanda è un ambito industriale che non mostra i segni della crisi.

I tre macro trend del prossimo futuro

Secondo gli attori della filiera, riporta Adnkronos, sono tre i macro trend attesi a 2-5 anni che avranno un impatto diretto sulla richiesta dei profili professionali: sostenibilità, creazione di nuovi gusti e digitalizzazione.

Il 41% degli intervistati dallo studio ha posto l’accento proprio sulla sostenibilità, intesa come attenzione al rispetto dell’ambiente (16%), l’ideazione di pack sostenibili (13%), l’implementazione di materie prime locali (7%), e la gestione dei rifiuti e degli scarti (5%).

L’evoluzione è digitale anche per la birra

Per un altro 32% un’altra tendenza importante per il prossimo futuro riguarda lo sviluppo di nuovi gusti e segmenti nel mercato. Come le birre speciali (14%), quelle artigianali (10%) e il segmento healthy (8%).

Completano il quadro di una filiera in fase di evoluzione strutturale le risposte di un 18% che guarda al futuro digitale, citando innovazione (10%), digitalizzazione (5%), ed e-commerce (3%) come elementi chiave della trasformazione del settore.

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Malattie e vacanze: gli italiani temono gli insetti dei Paesi tropicali

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Malattie e vacanze: gli italiani temono gli insetti dei Paesi tropicali

Italiani popolo di sognatori, naviganti e viaggiatori? Si, a condizione che non ci siano insetti potenziali portatori di malattie. Sette nostri connazionali su 10, infatti, hanno paura degli insetti dei Paesi più esotici.

Disturbi sì, malattie no

Così, mentre con l’estate si sognano e si programmano viaggi vicini e lontani, gli italiani si rivelano pronti ad affrontare i disturbi più comuni e tipici delle vacanze d’oltremare – gastroenteriti e intossicazioni alimentari in primis – ma non lo sono altrettanto quando si parla della minaccia di insetti. Secondo un’indagine  condotta da Doxa per Rentokil, gruppo leader in servizi di disinfestazione, 7 italiani su 10 sono preoccupati di ‘incontri ravvicinati’ con insetti durante le vacanze: il 32% degli intervistati ha dichiarato un livello di preoccupazione molto alto, un dato che si somma al 38% che si dice abbastanza preoccupato. Un dato che forse non sorprende è che le donne sono maggiormente sensibili e ansiose su questo aspetto (72%), ma ciò che stupisce è che anche gli uomini non sono affatto immuni dall’angoscia ‘da insetto’: il 67% infatti teme di imbattersi in insetti dalla specie sconosciuta.

I più timorosi? I più “grandi”

Per quanto riguarda le fasce d’età, le categorie 18-24 anni e 25-34 anni mostrano preoccupazione, ma in linea con la media nazionale, mentre le fasce più mature 45-54 anni e 55-70 anni sono leggermente sopra la media – mostrando un livello di preoccupazione che raggiunge rispettivamente il 73% e il 74%. Al contrario, gli italiani tra i 35 e i 44 anni sono i meno preoccupati (61%) rispetto alle altre fasce d’età.

Paure giustificate o infondate?

Molto dipende dalle destinazioni scelte. I rischi associati alla possibilità di morsi o punture di insetti è sempre presente, in particolare da parte di specie che sono vettori di malattie anche gravi come nel caso di alcuni tipi di zanzare o cimici che possono causare patologie come la Febbre Gialla, la Febbre Dengue e la Malattia di Chagas, oltre al più noto Virus Zika. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, si stimano fra i 50 e i 100 milioni di infezioni all’anno per la sola Febbre Dengue; fra questi, la maggior parte dei casi riscontrati ha sofferto di lievi malori, mentre circa il 5% ha sviluppato una malattia grave con febbre improvvisa. Pertanto, prima di mettersi in viaggio è importante conoscere le caratteristiche del Paese ospitante e rivolgersi al proprio medico per le eventuali vaccinazioni da eseguire.

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Record italiano per il cuneo fiscale, nel 2018 al 47,9%

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Record italiano per il cuneo fiscale, nel 2018 al 47,9%

L’anno scorso il cuneo fiscale in Italia ha raggiunto il 47,9%, il livello più alto registrato nel ventunesimo secolo. Una percentuale che fa crescere ulteriormente il gap del nostro Paese con il resto del mondo. Secondo i dati dell’Ocse, elaborati dall’Adnkronos, nel 2018 il peso delle tasse sugli stipendi globali, in media, era pari al 36,1%. Rispetto all’Italia, la differenza era di 11,8 punti percentuali, in aumento dell’1,3% sul 2008, e dell’1,7% dall’inizio del secolo (2000). Il cuneo fiscale Made in Italy ha raggiunto il suo livello minimo nel 2005, quando si è attestato al 45,9%. Cinque anni prima era al 47,1%, ma in pochi anni è sceso di 1,2 punti percentuali. Poi il peso delle tasse sugli stipendi è tornato a crescere in modo costante, arrivando a 2 punti percentuali sopra il minimo storico nel 2018.

Gli imprenditori lamentano il peso di un fisco insostenibile

La necessità di ridurre il peso dei tributi che grava sugli stipendi, pagato da dipendenti e datori di lavoro, torna di frequente al centro del confronto tra il mondo produttivo e la politica. Se gli imprenditori lamentano il peso di un fisco insostenibile, governi, maggioranza e opposizioni condividono formalmente le posizioni degli industriali, ma nella sostanza non compiono atti concreti.

I dati del centro studi di Confindustria mostrano che ci sarebbe un gran bisogno di intervenire per alleggerire il carico fiscale che grava sulle imprese: per uno stipendio di 780 euro netti (la stessa cifra fissata come tetto per il reddito di cittadinanza) l’azienda deve pagare 1.360 euro lordi. Quindi il lavoratore percepisce solo il 57,4% della somma versata dal datore di lavoro. Il restante 42,6% va in Irpef, addizionali regionali e comunicali comprese, e contributi.

Ogni 100 euro percepiti da un dipendente il datore di lavoro ne versa 207

La situazione peggiora, con l’aumentare dello stipendio. Un assegno netto di 2.000 euro “costa” all’impresa 4.449 euro. In questo caso il lavoratore percepisce il 44,9% della cifra complessiva versata dal datore di lavoro, mentre il restante 55,1% è tutto cuneo fiscale. Le elaborazioni del Csc mostrano che per ogni 100 euro che percepisce un dipendente, il datore di lavoro ne versa 207. E i 107 euro di differenza sono così suddivisi: 61 euro di contributi versati dal datore di lavoro, 14 euro di contributi versati dal lavoratore, 32 euro di tasse sul reddito.

Germania, Belgio e Italia sul podio

La lista dei paesi mostra che l’Italia si colloca al terzo posto della hit relativa al cuneo fiscale, ovvero dopo il Belgio, dove il cuneo fiscale è al 52,7%, e la Germania, al primo posto con il 49,5%. Subito dopo l’Italia si posizionano la Francia e l’Austria, entrambe al 47,6%. Dall’altra parte della classifica si posiziona il Cile, con il 7% di cuneo fiscale, la Nuova Zelanda, con il 18,4% e il Messico, con il 19,7%.