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Spiagge: gli italiani sono attenti alla pulizia

Posted by Massimo Miceli on
Spiagge: gli italiani sono attenti alla pulizia

Il sentimento più diffuso di fronte al degrado delle spiagge italiane è il fastidio, provato da circa 25 milioni di persone. L’esperienza della sporcizia sui litorali è infatti comune tra la popolazione: sono 27,4 milioni gli italiani che l’hanno vissuta, e solo il 12% non l’ha mai provata. Sono però 19 milioni (62%) gli italiani responsabili, che si prendono cura del luogo in cui si trovano, rimuovendo se necessario gli oggetti abbandonati da altri. E se qualcuno non sembra invece essere particolarmente colpito dalla presenza di rifiuti in spiaggia, la reazione è la medesima: fare la propria parte. I responsabili sono per lo più giovani, con meno di 24 anni, vivono in prevalenza nelle grandi città del sud, sono lettori e appassionati di sport e vita all’aperto.

Dai “vorrei ma non posso” agli “indifferenti” 

È quanto emerge dal sondaggio di Sorgenia realizzato da Human Highway per misurare i sentimenti di 31 milioni di italiani che frequentano abitualmente le spiagge del Paese. Ci sono poi i vorrei ma non posso (18,7%), che provano rabbia di fronte ai litorali sporchi ma non agiscono perché non ritengono sia compito loro, non hanno gli strumenti adeguati o sono preoccupati per ragioni igieniche. Ci sono anche gli indifferenti (2,5 milioni), che pur notando la sporcizia non sentono il bisogno di intervenire, e i distratti (11,7%), che addirittura non vedono i rifiuti.

Ma quali sono i rifiuti più diffusi?

Al primo posto i mozziconi di sigaretta (notati dal 72,3% del campione), poi bottiglie, lattine e plastiche (50%), e new entry tra gli oggetti d’uso quotidiano, le mascherine (39,8%). Nella classifica degli oggetti indebitamente abbandonati sui litorali anche avanzi di alimenti, carte e giornali, escrementi di animali domestici e indumenti. Come prevenire il degrado? Il 40% degli italiani suggerisce un maggior numero di cestini e bidoni a margine dei lidi e una quota simile reclama la figura della ‘guardia marina’ per far rispettare le regole.

Le proposte per prevenire il degrado

Tra le altre proposte, riferisce Adnkronos, aumentare i cartelli informativi e dare ai bagnanti gli strumenti per portare via i propri rifiuti. Soprattutto, i più responsabili sono favorevoli a nuove forme di interventi condivisi, come flashmob da organizzare periodicamente sulle spiagge. Il 22,8% di loro vorrebbe istituire la ‘mezz’ora di pulizia’ e uno su sette consiglia di puntare sulla tecnologia, segnalando gli appuntamenti di plogging su canali social o promuovendo apposite app che indichino le spiagge più sporche e convochino i volontari a pulirle.

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GenZ e shopping: perché è diversa da tutte le altre

Posted by Massimo Miceli on
GenZ e shopping: perché è diversa da tutte le altre

La Gen Z acquista ovunque convenga di più e nel momento che reputa migliore, senza necessariamente preferire un mezzo particolare per trovare ciò che desidera. Inoltre, vuole acquistare su diversi canali, desidera articoli di alta qualità e vuole essere sempre aggiornata sui nuovi trend culturali. Questa consapevolezza dei trend, riferisce Ansa, sta evidenziando alcuni fattori chiave, non ultimo il fatto che la Generazione Z sia più attenta alle questioni ambientali e al modo in cui avranno impatto sul futuro. Inoltre, secondo un recente articolo di Vogue, ci sono il 56% di possibilità in più che la Gen Z abbia acquistato articoli fashion in-store negli ultimi tre mesi, e il 38% che abbia acquistato online nello stesso intervallo di tempo. Ma secondo Manhattan Associates un aggettivo per descrivere la Gen Z potrebbe essere Generazione Omnichannel, perché è la prima generazione completamente omnicanale, che frequenta, in egual modo, le vie dello shopping e le piattaforme social.

Il gruppo più critico e attratto dal second hand

Allo stesso tempo, la Generazione Z è considerata il gruppo più critico, con una visione dell’acquisto e del consumo molto diversa rispetto a quelle precedenti. Sono gli ultimi a essere entrati nel mondo del lavoro, quelli che avranno grande potere d’acquisto nei prossimi decenni, e questo significa che i brand dovranno guadagnarsi la loro fiducia. Inoltre, la frequenza di acquisto di nuovi articoli da parte della Gen Z è stata radicalmente influenzata dal mercato dei prodotti di seconda mano e vintage, un tipo di mercato che ha il 28% di possibilità in più per questa generazione.

Pagare come, quando e con quale dispositivo o piattaforma si desidera

Secondo PayPal, il 22% della Generazione Omnichannel ha utilizzato soluzioni BNPL (Buy-Now, Pay-Later) per acquistare articoli più cari e di miglior qualità. Dall’inizio della pandemia, infatti, il 123% ha utilizzato il BNPL rispetto a prima, rappresentando così la quota più elevata rispetto a tutte le altre generazioni. Inoltre, la Gen Z ha continuato ad adottare soluzioni di pagamento mobile, app e wallet più velocemente di qualsiasi altro gruppo di consumatori. L’aspettativa di poter pagare come, quando e con quale dispositivo o piattaforma desiderano è qualcosa che ormai fa parte delle loro abitudini d’acquisto. Di conseguenza, le tecnologie tradizionali di pagamento e Point-of-Sale (PoS) devono essere aggiornate e poter offrire queste diverse soluzioni.

Come conquistare la Generazione Omnichannel?

Un’azienda che voglia avere successo di fronte a una costante evoluzione deve quindi essere abbastanza agile non solo da introdurre diverse opzioni di acquisto, ma deve anche riuscire a supportarle con le funzionalità necessarie per soddisfare le aspettative di nuovi gruppi. La Generazione Omnichannel è la nuova potenza culturale ed economica nel contesto del retail, e continuerà a dettare il cambiamento culturale, le abitudini di acquisto, e molto altro nei prossimi 20 anni.

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 Un “Sistema nel pallone”: gli italiani e il calcio

Posted by Massimo Miceli on
 Un “Sistema nel pallone”: gli italiani e il calcio

Per gli italiani, tifosi o meno, il tanto amato sport nazionale non merita più di essere aiutato: è già particolarmente ricco e non necessita di misure da parte dello stato. Emerge dall’indagine dl titolo Un Sistema nel pallone, condotta da SWG per Inrete. Secondo il sondaggio, per 9 intervistati su 10 il calcio versa in condizioni difficili, e per la metà la crisi è così grave da necessitare di una vera e propria rivoluzione. Opinione condivisa soprattutto tra gli over 55 (56%) e tra chi non segue il calcio (58%). Solo il 7% ritiene che il sistema abbia imboccato la strada giusta per tornare a crescere, e il 4% che il comparto sia in salute.

È tempo di spending review per rilanciare il sistema

Di fronte alle difficoltà il monito che arriva è quello di ridurre gli sprechi, anche a scapito della competitività. Lo sostiene chi non ama il calcio (83%), ma anche gli appassionati (76%). Per il 78% il sistema dovrebbe concentrarsi a sistemare i conti per gettare basi solide per il futuro, percentuale che sale all’85% per gli over 55: indice di come il futuro del pallone non possa che passare da una razionalizzazione interna anziché da un indebitamento continuo. Pena, la disaffezione di una sempre più ampia fetta di popolazione. Infatti, solo il 22% vorrebbe si puntasse sull’aumento dei ricavi, investendo per essere competitivi anche in Europa

Decreto Crescita: il calcio non dovrebbe beneficiarne

Sul fronte ristori e aiuti il giudizio è implacabile: il sistema calcio non li merita. Dal 1 gennaio 2020 il mondo del pallone ha potuto beneficiare del Decreto Crescita, un regime di tassazione agevolata per lavoratori residenti all’estero, che ha favorito l’ingaggio di campioni di livello internazionale da parte dei club italiani. Secondo il 69% degli intervistati si tratta di una scelta sbagliata: anziché favorire il risparmio, questo provoca un ulteriore aumento degli ingaggi ai calciatori, e per il 47% il mondo del pallone è già troppo sprecone e non dovrebbe godere di questi aiuti. Solo gli under 35 (29%), ritengono che la misura debba valere per tutti i settori industriali, senza distinzioni.

Una voglia di cambiamento a 360 gradi

Da qui la necessità di riforme a lungo termine. Tra queste, l’incentivo agli investimenti per favorire la crescita dei giovani calciatori (91%), l’introduzione di un salary cap europeo per stabilire un tetto massimo agli stipendi dei calciatori (90%), la forte limitazione del potere dei procuratori (90%), la revisione del modello di concessione dei diritti tv (89%), lo sviluppo del calcio femminile (85%) e lo snellimento delle procedure della PA per favorire la costruzione di stadi di proprietà da parte dei club (81%). In questo scenario, quello dell’ingresso dei fondi di investimento rappresenta per 7 intervistati su 10 un fattore positivo, che potrà giovare al calcio italiano. Negli ultimi anni il sistema si è infatti aperto alle proprietà straniere e ai fondi dell’investimento, che ne potrebbero rilanciare la competitività.