Massimo Miceli


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Saldi invernali: cosa comprano gli italiani nel 2024?

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Saldi invernali: cosa comprano gli italiani nel 2024?

Il primo grande appuntamento commerciale dell’anno, uno tra i più attesi dai consumatori e dalle consumatrici, è iniziato mercoledì 3 gennaio in Valle d’Aosta e venerdì 5 gennaio nel resto d’Italia. Per i saldi invernali di questo 2024 quattro italiani su dieci hanno già pianificato qualche acquisto, per un budget medio previsto di 267 euro, anche se il 38% prevede di spendere meno di 150 euro.

Secondo il sondaggio di Ipsos e Confesercenti integrato dalla survey condotta sulle Pmi associate a Fismo (Associazione dei negozi di moda Confesercenti), il 56% acquisterà però soltanto in caso di offerte interessanti, e il cambiamento climatico complica ulteriormente la situazione per i commercianti. 

Il profilo di chi compra

Le temperature eccezionalmente miti registrate tra ottobre e dicembre hanno quasi dimezzato (-46%) gli acquisti delle collezioni autunno-inverno, e i negozi arrivano ai saldi 2024 senza avere praticamente avuto l’occasione di venderle a prezzo pieno.

In ogni caso, il 40% degli italiani dichiara di avere già individuato cosa comprare e di avere proceduto all’acquisto entro domenica 7 gennaio, 

Una polarizzazione confermata dal fatto che la maggior parte dei consumatori e delle consumatrici (56%) comprerà solo di fronte a un’offerta convincente. Una quota in crescita rispetto agli scorsi anni, segnale di maggiore attenzione da parte delle famiglie L’onda lunga dell’inflazione pesa ancora sui bilanci, e l’acquisto in saldo diventa meno impulsivo e più ragionato.

Calzature, intimo, gonne e pantaloni

Le persone intenzionate ad acquistare durante i saldi cercheranno soprattutto calzature (58%), seguite da maglioni e felpe (56%).
La classifica dei desideri degli italiani per i saldi invernali 2024 prosegue con l’intimo (34%), gonne o pantaloni (33%), magliette, canottiere e top (29%), camicie e camicette (27%).

Sotto la media, invece, le indicazioni per capispalla (21%, nel 2023 27%). Il 19% cercherà una borsa, mentre il 17% un abito/completo, il 15% si orienterà invece sulla biancheria per la casa, e il 13% su foulard, cappelli e altri accessori.
Il 12% segnala invece iteresse per l’acquisto di cinture e il 10% per articoli di piccola pelletteria, portafogli e portacarte.

In merito al canale di acquisto, i negozi fisici mantengono saldamente la preferenza dei consumatori. Li sceglie infatti l’83% (contro il 51% che prevede di rivolgersi all’online). Convincente è la sensazione di avere più garanzie presso un punto vendita fisico (47%).

L’impatto del cambiamento climatico

A partecipare alle vendite di fine stagione 2024 sarà l’85,5% delle medie e piccole imprese del commercio moda. Il 92,1% ritiene però che la data di inizio, appena una manciata di giorni dopo l’inizio ‘astronomico’ dell’inverno, il 21 dicembre, sia troppo anticipata.

Una percezione fortemente acuita quest’anno, dopo un autunno e un inizio inverno dalle temperature più miti del normale. Ma un effetto collaterale del cambiamento climatico è l’incidenza sulle vendite del 96% delle imprese. Il calo medio delle vendite dei prodotti delle collezioni autunno-inverno è pari al -46%. 

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La democrazia nel mondo tra segnali preoccupanti e fiducia nei principi

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La democrazia nel mondo tra segnali preoccupanti e fiducia nei principi

Un’indagine condotta da Ipsos in sette Paesi, Croazia, Francia, Italia, Polonia, Regno Unito, Stati Uniti e Svezia, mostra come solo una minoranza dei cittadini sia soddisfatta per il modo in cui la democrazia funziona nel loro Paese. A eccezione della Svezia (58% di soddisfatti), in tutti i Paesi la quota di soddisfatti oscilla tra il 19% (Croazia) e il 34% (Polonia).
L’Italia registra un 24% di soddisfatti a fronte di un 51% di insoddisfatti.

Ancor più preoccupante è il dato sulla tendenza percepita dai cittadini. Solo una minoranza, dal 5% dei francesi al 23% dei polacchi, considera il funzionamento della democrazia migliorato negli ultimi cinque anni, mentre il peggioramento è percepito dal 61% dei britannici, il 70% degli americani e addirittura il 73% dei francesi.
Insomma, l’indagine evidenzia segnali preoccupanti sui livelli di soddisfazione, ma resiste un forte attaccamento ai principi fondamentali dei sistemi democratici.

Come avvolti in un clima di profonda disillusione

Il cattivo stato di salute delle democrazie occidentali è certificato da molti altri elementi su cui l’indagine Ipsos ha sondato l’opinione dei cittadini: la percezione della propria capacità di influenzare i processi decisionali, la rappresentatività delle istituzioni, la capacità del governo di raggiungere risultati nell’interesse di tutti.

Siamo come avvolti in un clima di profonda disillusione e sfiducia. Per quasi 3 italiani su 4 il sistema economico funziona a beneficio dei ricchi e i potenti, e per il 54% la politica non fa che rafforzare quest’ingiustizia, mettendo gli interessi di chi è già avvantaggiato sopra quelli della gente comune.

Un quadro tetro da cui emergono segnali di speranza

I principi democratici di fondo però ‘resistono’. In tutti i Paesi prevale l’idea che l’essenza della politica, e il compito dei leader politici, sia la ricerca del compromesso piuttosto che l’imposizione di una visione di parte.

Viene quindi chiaramente bocciata l’opzione ‘leaderistica’. Non è nel rafforzamento del potere dei capi di stato o governo la chiave per risolvere i problemi.
Nonostante la tendenza, registrata un po’ ovunque, a una crescita dell’astensionismo, la maggioranza degli intervistati in tutti i Paesi continua a essere convinta che andare a votare sia ancora utile.

La ‘tenuta’ democratica a livello locale

In quasi tutti i Paesi prevale la quota di cittadini soddisfatti per il funzionamento della democrazia quando si parla di comuni, città o comunità locali.
In Italia si raggiunge un sostanziale pareggio: 37% di soddisfatti contro 38% di insoddisfatti.
È quindi forse proprio dall’idea di una ‘democrazia di prossimità’ e inclusiva che occorre ripartire.
Un cambiamento radicale è necessario per migliorare il funzionamento dei sistemi politici, ma la richiesta non è di un maggior decisionismo verticale.

Secondo i cittadini, partecipazione, ascolto, coinvolgimento e rappresentanza sono i grandi assenti nel gioco democratico odierno.
Sono questi gli elementi da recuperare per rinsaldare i due pilastri fondamentali dei sistemi democratici, rappresentatività e capacità di produrre decisioni nell’interesse collettivo.

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Viva Natale, anzi che stress!

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Viva Natale, anzi che stress!

Per la maggior parte degli italiani (83%) le festività natalizie sono un momento felice, e alcuni ne sono letteralmente entusiasti (38%). Ma un’ampia fetta di italiani (78%) a Natale almeno una volta nella vita ha vissuto sensazioni di pesantezza, e ad alcuni capita spesso (32%). Addirittura, a più di 1 italiano su 10 (11%), capita ogni volta che arriva il mese di dicembre.
Ma cosa impensierisce i nostri connazionali?

In vista del periodo più luccicante, e per alcuni, stressante, dell’anno, Everli ha indagato come percepiscono il Natale gli italiani. E ha scoperto che se i motivi di stress sono molteplici, l’ansia viene generata soprattutto dalle attività legate a dover pensare a preparare, cucinare e allestire pranzi e cene a casa propria.

A tavola con i parenti: a pensarci manca il fiato

Oltre 1 italiano su 4 (27%) si sente mancare il fiato perché durante i giorni natalizi è coinvolto a tavola con parenti da cui non può sottrarsi, mentre 1 su 10 si sente sotto esame come cuoco e padrone di casa 
Nonostante l’agitazione, o forse proprio a causa di quella, quasi la metà degli italiani (49%) non delega l’organizzazione e la realizzazione dei pasti.

Dunque, tra i maniaci del controllo (14%) e chi prova ad affidare qualche attività ad altri (35%), gli italiani non accennano ad abbassare la guardia.
Andrebbe meglio se i pasti venissero ideati in modo che ogni commensale portasse qualcosa di già cucinato (22%), e ancora meglio, se partecipassero da semplici invitati in case altrui e non dovessero occuparsi di nulla (28%).

L’ansia sale al supermercato

L’elenco di cose da fare è corposo, e va dalla pianificazione del menu alla lista della spesa fino al lucidare le stoviglie e creare decorazioni per la tavola.
Tra le voci della to-do-list alcuni task più di altri sono considerati snervanti. Più di 1 italiano su 10 (15%) deve respirare profondamente prima di entrare al supermercato, perché è già in ansia nella ricerca di parcheggio.

La tensione cresce (56%) quando è il momento di districarsi tra la folla, nelle corsie del super, ma è fonte di stress anche la ricerca di prodotti solitamente non usti durante l’anno (13%), e la scelta tra quelli proposti (12%).
Alla cassa, poi, l’obiettivo di pagare e andarsene in fretta è una chimera: stare fermi in coda è un momento di nervosismo per 1 italiano su 3 (33%). Ma neanche all’uscita la tensione si placa, perché si farebbe volentieri a meno di trasportare le molteplici e pesanti buste della spesa (8%).

Come allentare la tensione?

Secondo gli italiani un modo per allentare la tensione ci sarebbe.
Molti intervistati (78%) ritengono che semplificare la gestione della spesa durante le festività potrebbe contribuire a rendere il periodo meno stressante (35%), e di conseguenza, più piacevole.

L’energia e il tempo guadagnati si investirebbero nella sfera personale, regalandosi momenti per ricentrarsi (48%) e coltivare i propri hobby e interessi (31%).
E solo in seconda battuta per nutrire le relazioni sociali, trascorrendo più tempo in famiglia (40%) o con gli amici (26%).

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Italia, quanto crescono gli investimenti digitali?

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Italia, quanto crescono gli investimenti digitali?

Nonostante uno scenario geopolitico non esattamente semplice, in Italia si registra una costante crescita degli investimenti digitali. Tanto che le stime parlano di un aumento dell’1,9% nei budget ICT delle aziende entro il 2024. Tale tendenza, ormai costante negli ultimi 8 anni, supera le previsioni di crescita del PIL nazionale. 

Sicurezza informatica, Business Intelligence e Big Data Management  i settori sui quali si investe di più

Le grandi imprese concentrano la loro spesa principalmente su sistemi di sicurezza informatica (57%), soluzioni di Business Intelligence e visualizzazione dati (45%), e Big Data Management e architettura dati (37%). Sorprendentemente, al quarto posto (31%) emergono gli investimenti in Artificial Intelligence, Cognitive Computing e Machine Learning, in netta crescita rispetto all’anno precedente. 

Secondo i manager intervistati, l’innovazione digitale ha contribuito a una crescita dell’organico grazie a maggiore attrattività e sviluppo (24% delle imprese), piuttosto che a una riduzione del personale per efficienza dei processi e automazione (14%). Tuttavia, il principale impatto risulta essere la crescita della qualificazione professionale, segnalata dal 50% delle aziende.

L’Open Innovation è un catalizzatore di trasformazione

In un mondo in continua evoluzione, l’Open Innovation si rivela un catalizzatore di trasformazione. Nel 2023, l’86% delle grandi aziende italiane adotta pratiche di innovazione aperta, mentre nelle PMI la percentuale si ferma a poco meno della metà, registrando una crescita più lenta.
I risultati provengono dalla ricerca condotta dagli Osservatori Startup Thinking e Digital Transformation Academy della School of Management del Politecnico di Milano, presentata nel convegno “Digital & Open Innovation 2024: nuove sfide per imprese e startup”.

I nuovi modelli organizzativi

Nel contesto italiano, emergono nuovi modelli organizzativi e ruoli con responsabilità diffuse sull’innovazione. Il 41% delle grandi aziende ha istituito una Direzione Innovazione, mentre il 51% ha definito figure di Innovation Champion.
Il 74% adotta azioni di Corporate Entrepreneurship per stimolare approcci imprenditoriali, con un focus sulla formazione digitale e imprenditoriale (55%) e stili di leadership orientati al change management (52%).

Le sfide per la trasformazione digitale includono la mancanza di competenze digitali (47% delle grandi imprese), la reticenza nell’adozione di soluzioni digitali (44%), e la difficoltà nell’attrarre professionisti con competenze STEM e digitali (34%). Nonostante una riduzione del 10% dell’organico negli ultimi 3 anni, si è verificata una crescita del 19% grazie alle soluzioni di Innovazione Digitale.
Riguardo all’Open Innovation, nel 2023, l’86% delle grandi aziende italiane adotta iniziative in questo ambito, con una crescita anche nelle PMI. L’approccio “Inbound” prevale, basato sull’assorbire opportunità esterne, mentre il 32% delle aziende con un budget dedicato lo ha autonomo e specifico.

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Come dare un tocco di stile al tuo giardino

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Il giardino è uno spazio importante di qualsiasi unità abitativa, un ambiente esterno che può essere sfruttato per trascorrere del tempo all’aria aperta, rilassarsi o organizzare feste e barbecue con gli amici.

Per rendere il proprio angolo verde un luogo ancora più piacevole e accogliente, è possibile aggiungere qualche elemento in grado di regalare un tocco di stile e personalizzazione.

Si tratta di piccoli fattori in grado di fare la differenza e cambiare completamente volto a qualsiasi spazio esterno. Ci accingiamo allora ad analizzare alcune tendenze inerenti lo stile in giardino, che possono essere adottate e messe in pratica anche da chi non è un esperto di giardinaggio.

Scegli lo stile giusto

Il primo passo per dare un tocco di stile al giardino è scegliere lo stile che più si adatta ai propri gusti e alla propria casa. Questa prima decisione sarà quella che influenzerà tutte le scelte successive, dunque è da pensare bene.

Ci sono moltissimi stili tra cui scegliere, dal classico al moderno, dal rustico al zen. Se non si è sicuri di quale stile adottare, si può optare per un mix di stili, combinando elementi diversi per creare un effetto più originale.

Ad ogni modo, in linea di massima il consiglio è quello di scegliere lo stile anche in funzione della distribuzione degli spazi a disposizione e degli eventuali arbusti presenti sul luogo.

Aggiungi piante e fiori

Le piante e i fiori sono un elemento essenziale per ogni giardino. Oltre a dare un tocco di colore e vivacità, possono anche aiutare a creare un’atmosfera rilassante e accogliente.

Per scegliere le piante e i fiori giusti da inserire è importante considerare l’esposizione al sole, il terreno e il clima della propria zona.

Optare per le piante ed i fiori adatti in base al clima è fondamentale, perché ciò assicurerà loro la possibilità di attecchire bene e di crescere adeguatamente nel tempo.

Posiziona mobili e complementi d’arredo

Mobili da esterno e complementi d’arredo possono contribuire a rendere il tuo giardino un luogo più confortevole e invitante.

Per scegliere quelli giusti, è importante tenere conto delle dimensioni del giardino e dello stile che si è scelto.

Solitamente, aggiungere qualche seduta ed un tavolo consente già di rendere uno spazio esterno molto più familiare e conviviale. Volendo è possibile aggiungere anche divani ed un eventuale gazebo.

Aggiungi un elemento d’acqua

Un elemento d’acqua, come una fontana o una vasca, può aggiungere un tocco di eleganza e raffinatezza al tuo giardino.

L’elemento d’acqua può essere anche un modo per rilassarsi e ascoltare il suono dell’acqua che scorre, oltre ad essere una risorsa in grado di rendere più bella una zona che altrimenti rimarrebbe vuota.

Illumina il giardino

Un’illuminazione adeguata è importante per rendere il giardino un luogo piacevole da vivere anche di sera.

Si possono utilizzare delle bellissime luci da terra, lampade da parete o lanterne per creare un’atmosfera accogliente.

In generale, l’idea per l’illuminazione in giardino è quella di non scegliere luci troppo forti così da riuscire a creare un’atmosfera più conviviale e tranquilla.

Crea un angolo relax

Un angolo relax è un must per ogni giardino. In questo spazio ci si può rilassare leggendo un libro, ascoltare della musica o semplicemente godersi la natura intorno.

Per creare un angolo relax, si può posizionare un divano o delle poltrone, un tavolino e un ombrellone o una pergola per ripararsi dal sole.

Anche installare qualche amaca non sarebbe una cattiva idea, chairamente a patto che ci siano degli alberi nelle vicinanze.

Aggiungi un tocco vintage

Aggiungere un elemento in grado di infondere un tocco vintage può dare al giardino un’atmosfera originale e affascinante.

Si possono utilizzare oggetti come vecchie sedie, tavoli o lampade, oppure aggiungere elementi decorativi come le moderne insegne vintage al neon led.

L’insegna può essere di qualsiasi tipo, considerando che si può effettuare ogni tipo di personalizzazione, ma è importante che si abbini bene allo stile del giardino.

Conclusione

Con un po’ di creatività, è possibile può creare un luogo unico e accogliente, dove trascorrere piacevoli momenti all’aria aperta.

Scegli in base ai tuoi gusti personali, tenendo sempre conto del modo in cui ciascun elemento possa integrarsi con l’ambiente circostante.

Vedrai che mettendo in pratica questi utili accorgimenti, il tuo giardino diventerà un luogo ancora più accogliente e piacevole da vivere!

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Comfort food: i preferiti per gli italiani sono pizze e focacce

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Comfort food: i preferiti per gli italiani sono pizze e focacce

Cos’è per gli italiani il comfort food? Quale cibo per loro è considerato più consolatorio?
Risponde una ricerca condotta da Bva Doxa per il food delivery Just Eat: il concetto di comfort food per il 40% degli italiani è legato a piatti familiari, e per il 38% a quelli che possono migliorare il nostro stato d’animo.

E quali sono questi cibi? Per il 60% dei nostri connazionali si tratta di pizza e focacce, ma anche dolci (40%), gelati (38%) e l’immancabile cioccolato, cibo consolatorio per eccellenza, ma citato ‘solo’ dal 32% degli intervistati.
Quanto alle emozioni più comuni che si provano dopo aver gustato il proprio cibo preferito, per gli italiani riguardano soprattutto una sensazione di gratificazione (44%) e felicità (41%).

Ordinare cibo a domicilio: un’abitudine rilassante e soddisfacente

L’indagine mette in risalto in particolare come l’atto di ordinare cibo a domicilio sia spesso associato a emozioni positive, come soddisfazione e relax.

In particolare, lo studio ha rilevato come oltre il 90% degli italiani affermi di ordinare un piatto basandosi su emozioni o ricordi positivi.
Inoltre, l’80% degli italiani si dice interessato a provare un alimento ‘progettato’ per migliorare l’umore.

Il cibo e le nuove abitudini tra i social e la sostenibilità

Non è tutto. I risultati dello studio segnalano poi che il 70% degli italiani dichiari di aver provato almeno una volta a replicare ricette o piatti che hanno visto realizzare da influencer o personaggi famosi sui canali social, mentre il 50% ‘segue’ almeno un ristorante sui social network.

Tra i dati emerge però anche l’importanza da padre degli italiani della provenienza delle materie prime e dell’uso di prodotti locali e a chilometro zero (44%), oltre all’adozione di iniziative anti-spreco (42%).
Sono questi gli elementi chiave per definire un ristorante come sostenibile.

La Gen Z è pronta a sperimentare

Più nel dettaglio, il 65% degli intervistati si dice disposto a pagare di più per una consegna più sostenibile, specialmente tra i membri della Generazione Z. Ma in Italia la ricerca ha rilevato anche ‘un forte interesse’ per la sperimentazione di sapori nuovi e intensi (22%), ancora una volta, soprattutto tra i giovani (25-34 anni). Sperimentazione che resta però spesso associata a un forte legame con i piatti familiari (36%).

L’indagine Bva Doxa / Just Eat è relativa alla settima edizione della Mappa del cibo a domicilio in Italia, ed è finalizzata a scoprire quali sono i nuovi driver che plasmeranno il mondo gastronomico e del food delivery. Alla ricerca ha collaborato anche Wgsn, l’istituto di ricerca sulle tendenze dei consumi.

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Furto in casa: per il 52,8% degli italiani è la preoccupazione principale

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Furto in casa: per il 52,8% degli italiani è la preoccupazione principale

Qual è il timore più diffuso tra gli italiani nel 2023? Il furto in casa. Il 52,8% della popolazione, infatti, identifica questa minaccia come la più temibile. Tale preoccupazione raggiunge il 58,6% tra coloro che risiedono in abitazioni singole o ville, e il 57,6% tra gli anziani. I dati emergono dal 2° Rapporto dell’Osservatorio sulla Sicurezza della Casa di Verisure Italia, intitolato “La casa che vorrei. Spazio sicuro e che rassicura,” realizzato in collaborazione con il Censis e il contributo del Servizio Analisi Criminale del Ministero degli Interni.

Reati in aumento nelle aree metropolitane

Nel 2022, si è registrato un aumento del 7,2% nei furti e rapine in abitazione, totalizzando 135.447 casi. Nonostante questa crescita, si è ancora lontani dai numeri pre-Covid e da quelli dell’inizio del decennio. Nel periodo 2013-2022, si è osservata una diminuzione del 46,9% di furti e rapine in casa.
Però va sottolineato che la situazione varia nelle diverse aree geografiche, con una concentrazione maggiore nelle grandi città metropolitane. Roma, Milano e Torino guidano le statistiche. In queste località si concentrano il 20% di tutti i furti in abitazione in Italia nel 2022.

Indice regionale della sicurezza domestica: Lazio fanalino di coda

Il Censis ha elaborato il primo Indice della Sicurezza Domestica a livello regionale per Verisure Italia, posizionando le Marche al primo posto con un indice di 117,3 su 100. Il Friuli-Venezia Giulia e il Trentino-Alto Adige seguono con valori rispettivamente di 111,9 e 111,7.
Al contrario, il Lazio si colloca all’ultimo posto con un indice di sicurezza domestica di 73,8, seguito da Campania (82,4) e Puglia (89,8). La Lombardia si posiziona diciassettesima con 93,3 punti.

Investimenti in sicurezza

In questo contesto, non sorprende che sia diffusa la consapevolezza dell’utilità dei sistemi di sicurezza. Il 76,1% degli italiani è convinto che tali dispositivi scoraggino i ladri. Il 75,4% ritiene che possedere sistemi di sicurezza renda la vita più tranquilla e quindi migliore. La metà della popolazione (50,6%) è propensa a investire di più nei prossimi anni per garantire la sicurezza domestica.
La capacità di rilevare tentativi di furto prima che avvengano è il requisito più importante per il 94,4% degli italiani. Il fatto di poter disporre di sistemi facili da usare è cruciale per il 36,3% del campione. Inoltre, il 23,7% degli intervistati ritiene essenziale l’assistenza gratuita nelle varie fasi di vita del prodotto.

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Gli italiani e il risparmio energetico: cambiano abitudini e stili di vita

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Gli italiani e il risparmio energetico: cambiano abitudini e stili di vita

Secondo lo studio ‘Italiani, risparmio e buone pratiche’, promosso da Samsung e realizzato in collaborazione con Human Highway, il 69,5% degli italiani è estremamente attento a limitare i consumi, ed è disposto a modificare il proprio stile di vita.
Insomma, negli ultimi due anni gli italiani pongono sempre più attenzione agli sprechi, introducendo nuove routine e abitudini di consumo quotidiane. Tra le attitudini maggiormente modificate, il consumo di energia elettrica in casa (55,6%), lo spreco di cibo (52,2%), e il consumo di acqua (51,8%).
Cambiamenti che interessano tutte le fasce di età, ma che vedono i GenZ più sensibili allo spreco alimentare (62,8% vs 45,8% Senior), gli Adulti al consumo di gas (53,4%), e i Millennials all’uso dell’aria condizionata (45,9%).
Le motivazioni principali alla base del cambio di atteggiamento? Maggiore attenzione generale allo spreco (57,2%) e i rincari degli ultimi anni (55,3%).

Le condizioni economiche pesano più della preoccupazione per l’ambiente

La preoccupazione legata alle condizioni economiche pesa sempre più sullo stile di vita degli italiani, tanto da superare l’attenzione all’ambiente (42%). In questo senso, svolge un ruolo determinante anche il cambiamento climatico, che per il 23% rappresenta il fattore principale dietro alle nuove abitudini di consumo.
E se le donne (59,5%) più degli uomini (54,7%) dichiarano di aver modificato il proprio atteggiamento per una maggiore attenzione a spreco e rincari, dal punto di vista generazionale sono Adulti e Senior ad aver modificato i propri comportamenti più di GenZ e Millennials.

Le azioni antispreco quotidiane 

Se 2 intervistati su 3 dichiarano di riciclare il più possibile 1 su 3 preferisce l’utilizzo della bicicletta o una camminata rispetto all’auto, e il 7% non utilizza l’auto se da solo.
In casa, poi, 7 su 10 dichiarano di spegnere le luci (73,5%) e 1 su 2 utilizza gli elettrodomestici come lavatrice, asciugatrice e lavastoviglie solo negli orari in cui consumano meno (51,3%).
Anche in questo caso le donne si confermano più attente a spegnere le luci in casa (78,7% vs 68%) e utilizzare gli elettrodomestici negli orari in cui consumano meno (55,9% vs 46,4%), mentre dal punto di vista generazionale Adulti e Senior sono i più attivi.

Smart home e smartphone aiutano a ridurre e controllare i consumi

In un’epoca dove la tecnologia può essere di aiuto i sistemi di smart home offrono una soluzione per avere maggiore controllo sui consumi.
Il 22,7% vorrebbe fare affidamento a un’app unica che aiuti a tracciare accensione e spegnimento di elettrodomestici e luci.
Un ottimo modo di risparmiare però è conoscere i consumi di ogni singolo elettrodomestico, e lo smartphone è considerato il dispositivo di maggiore aiuto nel risparmio energetico (30,9%).
Ma è il momento dell’acquisto di un elettrodomestico una delle fasi per le quali ci si prepara al meglio, e tra le caratteristiche considerate importanti al primo posto c’è l’affidabilità (87,9%), seguita da classe energetica (87,3%), prezzo (85,1%), funzioni eco e risparmio (79,3%).

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Inflazione e TFR: alle Pmi la rivalutazione costa 6 miliardi in più

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Inflazione e TFR: alle Pmi la rivalutazione costa 6 miliardi in più

I dipendenti delle piccole imprese hanno la possibilità di trasferire il proprio Trattamento di Fine Rapporto (TFR) in un fondo di previdenza complementare, oppure di lasciarlo in azienda. Ipotesi, quest’ultima, scelta da buona parte dei dipendenti.

Ogni anno, pertanto, come previsto dalla legge, l’ammontare del TFR accantonato viene rivalutato dell’1,5%, a cui si aggiunge il 75% della variazione dell’inflazione conseguita a dicembre rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.
Ma quest’anno il boom dell’inflazione ha causato una forte rivalutazione de TFRl, che quest’anno alle imprese con meno di 50 dipendenti potrebbe costare mediamente 1.500 euro in più a dipendente. Per un extracosto stimato dall’Ufficio studi della CGIA di almeno 6 miliardi.

Un extracosto per dipendente fino a 2.594 euro

Pertanto, l’Ufficio studi della CGIA ipotizza che per un lavoratore che timbra il cartellino da 5 anni presso la stessa azienda la rivalutazione del suo TFR provocherà nel bilancio 2023 un incremento dei costi pari a 593 euro rispetto a quanto è stato riconosciuto nel periodo che va dalla sua assunzione fino al 2020.
Se, invece, l’anzianità lavorativa è di 10 anni, l’aggravio è di 1.375 euro, con 15 anni di servizio, 2.003 euro, e se il dipendente varca le porte dell’azienda da 20 anni l’extracosto tocca 2.594 euro 

Tendenzialmente, i lavoratori dipendenti delle piccole imprese hanno un’anzianità di servizio più contenuta dei colleghi occupati nelle realtà più grandi, che in virtù della corresponsione di retribuzioni più ‘pesanti’ presentano un turn-over meno accentuato.

Gran parte del sistema produttivo è in difficoltà

Il numero dei lavoratori dipendenti delle piccole aziende che hanno trasferito il TFR nei fondi pensione è contenutissimo.
Ipotizzando che quanti hanno scelto di non trasferirlo in un fondo pensione complementare siano 4,3 milioni (66% circa) e abbiano un’anzianità di servizio media stimata di 10 anni, la variazione della rivalutazione del TFR è stata stimata ad almeno 6 miliardi.

Insomma, per il milione e mezzo di imprese con meno di 50 addetti la fiammata inflazionistica avrebbe comportato, in materia di TFR, una stangata da brividi, che sommata agli effetti riconducibili all’aumento dei tassi di interesse ha messo in difficoltà la gran parte del sistema produttivo del nostro Paese.

Imprese di Vibo Valentia in assoluto le più penalizzate

In mancanza dei dati riferiti al numero di lavoratori dipendenti occupati nelle imprese con meno di 50 addetti, che hanno deciso di trasferire il proprio TFR nei fondi pensione, si può ipotizzare che le realtà imprenditoriali finanziariamente più colpite siano quelle ubicate nei territori dove il peso delle piccole aziende in termini di addetti è maggiore.

Pertanto, la situazione più critica dovrebbe aver interessato il Mezzogiorno, in particolare Vibo Valentia, dove il 91% delle imprese con dipendenti presenti in provincia ha meno di 50 addetti.
Seguono Trapani (89,3%), Agrigento (88,7%), Nuoro (88,3%), Campobasso (86,1%), Prato (85,7%), Grosseto (85,6%), Cosenza (85,1%), Imperia (84,7%) e Barletta-Andria-Trani (84,3%).

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Migliora l’occupazione per i giovani diplomati e laureati

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Migliora l’occupazione per i giovani diplomati e laureati

Buone notizie sul fronte dell’occupazione, almeno per i giovani italiani che si sono impegnati un po’ di più sui libri. Nel 2022, tra gli under 35 con un titolo di studio conseguito da uno a tre anni,  si è registrato un aumento significativo del tasso di assunzione. Tra i diplomati, il tasso di occupazione è salito al 56,5%, mentre tra i laureati è arrivato al 74,6%, registrando un incremento rispettivamente di 6,6 e 7,1 punti percentuali rispetto al 2021. Per i laureati, questo valore ha superato di 4 punti percentuali il livello precedente alla crisi del 2008. Tuttavia, resta evidente il divario occupazionale con l’Europa.

Differenze sostanziali da Nord a Sud

Secondo un rapporto dell’Istat, nel Mezzogiorno i laureati tra i 30 e i 34 anni registrano un tasso di occupazione del 69,9%, ben 20 punti percentuali inferiore rispetto al Nord, che ha invece un tasso del 89,2%. Inoltre, se i genitori hanno un basso livello di istruzione, un giovane su quattro abbandona gli studi precocemente, mentre solo uno su dieci riesce a conseguire un titolo superiore.
Al contrario, se almeno un genitore è laureato, le quote si riducono a meno di tre su 100 che abbandonano gli studi e circa sette su 10 conseguono un titolo terziario.

Oltre il 60% degli italiani ha un diploma, ma il resto d’Europa fa meglio

In Italia, nel 2022, il 63,0% della popolazione tra i 25 e i 64 anni possiede almeno un titolo di studio secondario superiore, un valore simile a quello della Spagna (64,2%), ma notevolmente inferiore a Germania (83,2%), Francia (83,3%) e alla media dell’UE27 (79,5%). Anche la quota di coloro che hanno conseguito un titolo di studio terziario (20,3%) è più bassa della media europea (34,3%), rappresentando appena la metà di quanto registrato in Francia e Spagna (rispettivamente il 41,6% e il 41,1%).

Diminuisce il divario fra diplomati e laureati

Tra la popolazione di età compresa tra i 25 e i 64 anni, il tasso di occupazione è aumentato tra il 2021 e il 2022 di 1,3 punti percentuali per chi possiede un titolo terziario e di due punti percentuali per i livelli di istruzione medio-bassi. Ciò ha portato a una leggera diminuzione del divario tra i tassi di occupazione tra laureati e diplomati, che era cresciuto nei due anni precedenti, principalmente a causa degli effetti contenuti della pandemia sull’occupazione dei laureati nel 2020 e del loro più significativo miglioramento nel 2021.

Nel 2022, il tasso di occupazione dei laureati ha raggiunto l’83,4%, superiore di 11 punti percentuali rispetto ai diplomati (72,3%) e di 30 punti percentuali rispetto a chi ha al massimo un titolo secondario inferiore (53,3%). Il tasso di disoccupazione tra i laureati è invece più basso, al 3,9%, rispetto a diplomati e non laureati, con differenze di 2,6 e 7,0 punti percentuali rispettivamente. Questi dati confermano l’importante “premio” occupazionale legato all’istruzione, evidenziando come il livello di istruzione sia un determinante fondamentale per la probabilità di trovare lavoro.