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Arriva un’app contro la solitudine

Posted by Massimo Miceli on
Arriva un’app contro la solitudine

Se i ritmi della vita moderna non facilitano la conoscenza fra gli abitanti di uno stesso quartiere, o addirittura le chiacchiere da pianerottolo, a venirci in soccorso c’è la tecnologia.

Nextdoor, da poco arrivata in Italia, è la prima app nata con l’obiettivo di coinvolgere chi vive nella stessa zona, ma anche gli stessi vicini di casa, nell’offrire supporto a chi soffre di solitudine nel quartiere con azioni semplici e utili. Con l’iniziativa La mia porta è aperta Nextdoor invita infatti gli utenti ad aprire le porte delle proprie case a chi si sente solo durante il periodo invernale, e in particolare durante il periodo natalizio. Magari invitando il proprio vicino a prendere un caffè.

Il 60% degli utenti si sente solo

Un sondaggio svolto tra i membri italiani dell’app rivela infatti che il 60% si è sentito solo almeno una volta, e che il 42% si sente meno sociale, talvolta perfino triste, durante l’inverno. Al 57% dei membri piacerebbe trascorrere più tempo con i propri vicini durante l’inverno e il 73% vorrebbe aiutare, o già lo sta facendo, i vicini che si sentono soli. Il 62% dedicherebbe loro almeno 1 ora alla settimana, e un membro su due sarebbe felice di invitare a casa propria per pranzo o cena un vicino che è solo a Natale.

“Rendere la comunità locale un posto migliore in cui vivere”

L’iniziativa ha già ottenuto un grande successo: tantissimi membri hanno condiviso post palesando la propria disponibilità, e in poco più di una settimana sono state messe in campo centinaia di interazioni positive tra vicini di casa.

“Il numero di risposte positive che abbiamo ricevuto dai membri italiani che hanno accolto l’iniziativa di aprire la propria porta ad altri vicini è impressionante – spiega Amedeo Galano, Head of Community di Nextdoor per l’Italia -. Già dalle prime settimane dal lancio di Nextdoor, vicini di casa hanno cominciato a usare l’app quotidianamente per dare consigli e chiedere raccomandazioni. Siamo felici di vedere questo grande livello di partecipazione. Mi impressionano l’impegno e la dedizione nel partecipare a iniziative concrete per rendere la comunità locale un posto migliore in cui vivere”.

Come partecipare

“Spesso ci si preoccupa di disturbare gli altri e conseguentemente non si chiede aiuto, ma la verità è che si resta davvero sorpresi di sapere quante persone sono disposte a dare una mano condividendo un po’ del proprio tempo”, aggiunge Galano. Come partecipare? Chi vuole tendere una mano ai propri vicini, riferisce Adnkronos, può iscriversi a Nextdoor ed esprimere il desiderio di aiutare condividendo il post dell’iniziativa su Nextdoor. Oppure è possibile scaricare, stampare e appendere i poster dell’iniziativa nel condominio, al bar o nei negozi di quartiere. A volte basta davvero poco. Piccoli gesti, come salutare o scambiare qualche parola, o condividere il cibo, che probabilmente da soli non finiremmo, possono fare la differenza.

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L’Accademia della Crusca boccia il termine cyber

Posted by Massimo Miceli on
L’Accademia della Crusca boccia il termine cyber

Non si scrive “cyber”, ma “ciber”. Il monito arriva dall’Accademia della Crusca, la secolare istituzione di Firenze incaricata di custodire la purezza della lingua italiana. Il gruppo di linguisti Incipit ritiene che in italiano la parola “cibernetica”, da cui si fa derivare il prefisso “ciber”, indichi la strada preferibile per la formazione di questo neologismo. Che va pronunciato esattamente com’è scritto. Per l’Accademia non vi è quindi “motivo di costruire ibridi linguistici” con il prefisso cyber. Quanto alla grafia, spiegano gli accademici, è “opportuno privilegiare, quando non vi sono altri inconvenienti, la forma senza trattino, ad esempio ciberdifesa, cibersicurezza, ciberprotezione, ciberminacce, ciberspazio e via dicendo”.

Le eccezioni della fonetica

La soluzione, che spesso è la più lineare, spiega l’Accademia in una nota, “non può comunque essere sempre assunta come vincolante, e va evitata quando produca l’accostamento di due consonanti identiche, come nel caso di ciberrischi”. Del resto anche “ciber rischi” dà luogo a una sequenza inusuale, per cui, in tal caso, sarà vantaggiosamente conservato il trattino: “ciber-rischi”. In questo modo si razionalizza il procedimento di produzione di neologismi e si favorisce la coerenza del sistema, sottolinea l’Accademia della Crusca.

L’uso del trattino: quando è opportuno

Il gruppo Incipt ricorda che sono largamente diffusi i prefissi “cyber” e “ciber” per la formazione di una vasta serie di parole legate alla dimensione virtuale, con varie oscillazioni di grafia e anche di pronuncia, perché il prefisso inglese viene pronunciato “sovente secondo le norme della lingua di origine”. Altre oscillazioni, di natura puramente grafica, sono invece dovute non al prefisso, ma all’uso, talora presente, del trattino, mentre in altri casi si preferisce l’univerbazione. Come nel caso di cyber-protezione, ciber-protezione, ciber protezione, ciberprotezione, cyberprotezione, riferisce Adnkronos. E ancora, si potrebbero citare composti come ciberspazio, ciberterrorismo, ciberbullismo, cibernauta.

“Porre un freno a tutte le oscillazioni”

“La varietà è dunque notevole, e si può pensare a porre vantaggiosamente un freno a tutte queste oscillazioni – sottolineano i linguisti spiegando il senso dell’intervento normativo – Si tenga conto del fatto che molte di queste parole entrano nella comunicazione sociale istituzionale, perché leggi e regolamenti prevedono interventi sulla Rete e controlli per la sicurezza degli utenti”.

Il gruppo Incipit, nato all’interno dell’Accademia della Crusca, si occupa di esaminare e valutare neologismi e forestierismi incipienti, scelti tra quelli impiegati nel campo della vita civile e sociale, nella fase in cui si affacciano alla lingua italiana, al fine di proporre eventuali sostituenti italiani.

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Le auto elettriche e quelle ibride si vendono di più

Posted by Massimo Miceli on
Le auto elettriche e quelle ibride si vendono di più

Il settore automobilistico è in crisi? Non se è green. I dati del ministero dei Trasporti parlano chiaro: da gennaio a ottobre le immatricolazioni scendono del 3,21% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, ma nei primi 10 mesi dell’anno sono aumentate le vendite di mezzi con tecnologie di propulsione alternative. Le auto elettriche e ibride conquistano quindi quote di mercato, e se le prime rappresentano il 4,4% del totale delle vendite (+1,2% rispetto ai primi 10 mesi del 2017), le seconde lo 0,3% (+0,2%).

Secondo un’indagine Nomisma nell’ambito dell’Osservatorio Mobilità Smart & Sostenibile, poi, le auto green sono sempre più popolari. E a conoscere i veicoli ibridi o ibridi plug-in (auto, moto, scooter, monopattini, biciclette) ora è il 39% degli italiani, percentuale che va al 44% se si considerano pure i veicoli elettrici.

Incentivi e agevolazioni: una spinta a scegliere il motore green

Oltre all’attenzione all’ambiente e alla volontà di ridurre l’inquinamento, indicati come fattore trainante dal 25% degli italiani, quasi 4 utenti su 10 affermano di ricorrere al trasporto green per i vantaggi e le facilitazioni di cui possono usufruire. Come la possibilità di accedere liberamente al centro città o in zone a traffico limitato (17%), il diritto a parcheggi gratuiti (8%), l’esenzione del pagamento del bollo (7%), e i sistemi di incentivi per l’acquisto (5%).

Per quanto riguarda i margini di miglioramento del settore, il 79% di chi utilizza questi veicoli riconosce nella necessità di installare la wall box il principale ambito di miglioramento del settore, seguono i costi di acquisto e la presenza ancora non adeguata di punti di ricarica, entrambi indicati dal 74% degli italiani, riporta Adnkronos.

Mobilità condivisa e mezzi elettrici

L’aumento dell’offerta di veicoli e servizi green, unito al cambiamento di necessità e priorità dei consumatori e agli indirizzi politici, sia a livello europeo sia nazionale e locale, rappresentano le determinanti per l’affermazione e la crescita della filiera della sostenibilità. Il numero di veicoli in condivisione è stimato in 47.700 unità (2017), di cui l’83% sono biciclette, il 16% automobili e l’1% scooter. Cresce anche  il numero dei mezzi elettrici, da circa 620 del 2015 a circa 2.200 del 2017, con una quota sulla flotta complessiva salita dall’11% al 27% in due anni. Il fenomeno del car sharing coinvolge oltre 1 milione di iscritti, e sono 12 le città dove è attivo un servizio di car sharing elettrico.

Il 44% di italiani utilizza modalità di trasporto pay-per-use

A fronte di un 44% di italiani che negli ultimi 12 mesi ha fatto uso di modalità di trasporto pay-per-use, l’86% degli italiani ancora però non ha utilizzato servizi di car/bike/scooter sharing, car pooling o altre forme di mobilità condivisa. Di questi, il 31% afferma di non essere effettivamente interessato a questi servizi, il 21% non trova un’offerta soddisfacente di veicoli o utenti con cui viaggiare insieme, e il 14% è ostacolato dalla scarsa dimestichezza con i sistemi prenotazione/noleggio.